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Discussione: Fascisti orizzontali...

  1. #1
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Fascisti orizzontali...

    Nella sterminata produzione di distintivi del ventennio fascista, bramati dai collezionisti di mezzo mondo oltre che per il loro valore storico anche per la grafica curatissima che li pone al livello di vere e proprie opere d’ arte, ricorre ovviamente il simbolo principe del movimento politico fondato da Benito Mussolini nel 1919: il fascio littorio. Nelle varianti repubblicano o imperiale, effigiato secondo i più svariati stili artistici, dal floreale liberty al razionalismo, passando per il futurismo, il fascio, da storico attributo del potere dei magistrati nell’ antica Roma, grazie all’ ex- maestro elementare di Predappio divenne simbolo di una concezione della vita e della società, elemento scatenante di forti passioni politiche, amato o odiato da milioni di nostri connazionali. Per oltre vent’ anni fu presente ovunque: dalle facciate delle case ai tombini di ghisa, dalle locomotive alle navi da guerra. Poi, in preda alla frenesia opposta, iniziò la corsa a tirarli giù. Per restare all’ ambito dei distintivi Rsi, il fascio è il simbolo più ricorrente, insidiato solo dal teschio in tutte le declinazioni possibili: singolo, con le ossa incrociate, ghignante o classicheggiante, coronato d’ alloro o col pugnale fra i denti. Intendo però attirare l’ attenzione su una tipologia ricorrente ma a quel che ne so poco dibattuta: il fascio orizzontale. Sin dal periodo regio (1922/1943) il fascio verticale per estensione venne ad rappresentare il fascista stesso, l’ uomo in movimento, la vitalità, poi la vita umana nei termini e nelle situazioni più varie, potremmo anche citare la valenza fallica del fascio littorio. Ma ora ciò che interessa è che lo stesso simbolo, se rappresentato in orizzontale e con la lama della scure rivolta verso il basso fu usato graficamente per definire il fascista morto (o caduto) in numerose simbologie ufficiali e ufficiose del regime, non ultimo nei distintivi. Ciò è evidentissimo nel periodo della RSI (1943/1945) in una situazione di guerra civile conclamata quando l’ ideologia e la propaganda fascista virano dalla rivendicazione di una ormai impossibile vittoria contro il nemico esterno angloamericano, all’ apologia della “bella morte” ovvero la necessità di opporsi fino all’ ultimo al nemico interno antifascista per riaffermare la fedeltà all’ alleato-occupante tedesco. Mai come in quel periodo vi fu una proliferazione di motivi funerei: le strade e piazze intitolate ai Savoia prendevano il nome di caduti della Rsi. Le neocostituite Brigate Nere erano intitolate a iscritti al P.F.R. uccisi dai partigiani, persino l’ ultima uscita pubblica di Mussolini nel 1945, poco prima del crollo finale, fu una lugubrissima commemorazione di Gabriele D’ Annunzio al Vittoriale, tra corone di fiori listate a lutto! A seguire tre diversi esempi (ma certo ve ne sono altri dei quali non sono a conoscenza) di fascio orizzontale come simboleggiante un caduto.
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    Il distintivo da petto del Distaccamento “U. Cumero” della X^ MAS di Torino.
    Umberto Cumero, marò della X^ MAS, apparteneva a un distaccamento di guardia ai depositi della FIAT, che pur tra mille difficoltà continuava a produrre automezzi, rifornendo oltre ai tedeschi anche la formazione di Borghese. Il reparto fu creato su esplicita richiesta di Valletta, per assicurare i rifornimenti di materie prime all’ azienda torinese e custodire i mezzi finiti. Il marò Cumero mentre era di sentinella, fu ucciso dai partigiani e il distaccamento ne prese ufficialmente il nome, finchè in seguito fu assorbito dal pre-esistente “Distaccamento Torino” della X^.


    Il distintivo smaltato da petto adottato dal reparto era composto di un fascio orizzontale (simboleggiante il caduto) dal quale si elevava verticalmente la mostrina pentagonale bianca in uso alla X^ (simboleggiante la lapide del caduto stesso).


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    Lo scudetto da braccio della Squadra d’ Azione “Ettore Muti” di Milano.




    La “Muti” nasce subito dopo l’ armistizio come piccola formazione armata per iniziativa autonoma di alcuni squadristi milanesi. Poi diviene Squadra d’ Azione, agli ordini del P.F.R. di Milano. Successivamente, grazie all’ appoggio dei tedeschi, il comandante Colombo riesce a espandere ulteriormente l’ organico dell’ unità che transita alle dipendenze del Ministero dell’ Interno di Salò come reparto di polizia ausiliaria. Ma similmente ad altre “bande” dalla pessima fama, come quelle di Kock e Carità opera a stretto contatto con i tedeschi. Assunta la nuova denominazione di Legione Autonoma Mobile, si configura come una entità ibrida, in grado di operare come forza di polizia nel mantenimento dell’ ordine pubblico e la repressione dell’ antifascismo ma anche una efficiente forza militare bene armata e – cosa rara nella Rsi – ben dotata di mezzi motorizzati, in grado di contrastare partigiani, scortare autocolonne di rifornimenti, assicurare presidi fissi in punti strategici. Ironia della sorte, toccherà proprio agli arditi della L.A.M. dare l’ assalto alla famigerata “Villa Triste” di via Paolo Uccello, mettendo fine agli abusi e un ufficiale medico della “Muti” dopo aver constatato le torture inferte da Pietro Kock ai prigionieri, li accompagnerà “al sicuro” nella legalità di San Vittore.


    Tutti conoscono lo scudetto da braccio azzurro della L.A.M. ma assai meno noto è quello adottato inizialmente, quando la “Muti” era una squadra d’ azione. Si trattava di uno scudetto metallico o ricamato riportante il testo SQUADRA D’ AZIONE – ETTORE MUTI – MILANO. Sul fondo nero spiccavano un teschio bianco sormontante un fascio repubblicano orizzontale (simbolo del caduto). Il fascio era di colore rosso in quanto tipico degli squadristi e il superdecorato Ettore Muti, in vita aveva diritto a questo titolo.
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    Il distintivo dei Gruppi d’ Azione Giovanile “Azione e Combattimento” di Milano.


    Costituiti nel febbraio 1944 come struttura propagandistica per diffondere gli ideali della Rsi fra gli studenti delle scuole medie e superiori, presto i gruppi (sorti in maniera indipendente in varie città del centro-nord) assunsero una connotazione più apertamente volontaristica di supporto alle FF.AA. italiane, formando reparti ausiliari non combattenti (nella Città Aperta di Roma fu creato un Btg. femminile, che più tardi confluì nelle S.A.F.). Quando Pavolini militarizzò il P.F.R. dando vita alle Brigate Nere, queste ultime, composte da personale anziano, arruolarono volontari tra gli aderenti ai G.A.G. in quanto organizzazione dipendente dal partito fascista. Il fatto non era nuovo, dato che già la GNR aveva assorbito nella sua struttura gran parte dei giovanissimi volontari delle “Fiamme Bianche” provenienti dall’ Opera Balilla. In ultimo furono create due unità speciali denominate “Reparti d’ assalto” al comando del Dirigente nazionale dei G.A.G. e composte dai più giovani tra gli aderenti ai gruppi. Ad essi Pavolini tenne l’ ultimo discorso, incitandoli a combattere sino alla fine e avendone in dono un mitra “Balilla”. Una aliquota di questi giovanissimi riuscì a raggiungere Menaggio, aggregandosi alla autocolonna diretta a Dongo. Gli altri si arresero tra Carate Urio e Moltrasio il 27 aprile 1945.

    Il simbolo del G.A.G. erano tre gladii con le lame variamente colorate a comporre il tricolore e l’ else raffigurate come un fascio orizzontale. In questo caso la simbologia sembrerebbe incongrua, dato che il G.A.G. era in origine una organizzazione studentesca, ma l’ equazione fascio orizzontale = caduto in combattimento si spiega in questo caso con l’ ultima frase dell’ articolo apparso sul “Messaggero” del 15/2/44, da me sottolineata.
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    Si sono costituiti i Gruppi “Onore e Combattimento”
    Il Vice Segretario del P.F.R. parla ai giovani
    Si è svolta domenica nella Sede romana del P.F.R., con la folta partecipazione di un folto gruppo di giovani, la cerimonia inaugurale dei gruppi fascisti di azione giovanile “Onore e Combattimento”. Ricevuti dal Vice Segretario del Partito Giuseppe Pizzirani, nella sua stanza di lavoro il camerata Videttagli ha rivolto un vibrante indirizzo. Egli ha detto fra l’ altro <<dite al Duce che i giovani gli sono accanto con l’ animo puro e sublimato dalla grandiosa bellezza del suo sogno, dite al Duce che i giovani non vogliono strisciare come vermi preoccupati solo del ventre; i giovani italiani vogliono marciare a fronte alta il che significa in questo momento, risalire la china, e ditegli sopattutto che non dubiti nemmeno un istante sulla fedele dedizione di questi giovani credenti ai quali si è rivolto nel nome e per la salvezza dell’ Italia tradita da una classe degenerata ed inetta>>. Guardando poi ai suoi camerati, Videtta ha concluso: <<State preoccupati si aderire, come vi ho sempre detto, alla triplice esigenza di ogni italiano e di ogni migliore fascista, essere cioè: onesti, fedeli e pronti a tutto. Chi non sente di poter rispondere a questi tre imperativi, e particolarmente al primo, si educhi, si rafforzi, si serva dell’ esempio dei pochi, oppure non attenda di venire eliminato>>. <<Camerati fraterni, alla presenza di un uomo che non si incontra ad ogni passo sulla scena ormai drammatica della vita politica nazionale io vi prometto, vi giuro anzi, l’ assoluta dedizione alla nostra causa, che è la causa dell’ Italia, la causa dell’ Europa, la causa dell’ unica, vera civiltà. Mi auguro o camerati che ognuno di voi possa superare tutti gli altri con fervore crescente e disinteressato. Giovani camerati, viva il Duce>>. Ha risposto con parola semplice e commossa il Vice Segretario del P.F.R. Pizzirani esprimendo la propria convinzione nel riscatto dei giovani dall’ apatica indifferenza in cui per gran parte si trovano, sottolineando quindi la delicatezza del momento ed il grave dovere che incombe alle minoranze ardite e fedeli. Pizzirani ha gridato ad un certo punto ai giovani: <<O voi partecipate, create la nuova storia che si sta scrivendo ora per ora, giorno per giorno, oppure voi avrete la triste ventura di consegnare al nostro grande ma infelice Paese un destino di schiavi>>. L’ uditorio ha seguito con profonda attenzione il discorso del Vice Segretario del Partito prorompendo alla fine in una irrefrenabile manifestazione di fede nell’ onore delle armi italiane e nella necessità del combattimento per poterlo riscattare dall’ ignominia in cui sono state gettate dal tradimento di pochi. Erano presenti al raduno i nuclei costitutivi di quei movimenti giovanili fascisti che sorti a Napoli e Roma durante i quarantacinque giorni della tragedia badogliana mantennero vivo nel cuore di ogni uomo di fede e d’ onore la fiaccola delle pure idealità fasciste. Numerosi i profughi volontari della bella e martoriata terra partenopea e delle altre regioni occupate. Dura fu la lotta che i due movimenti intrapresero, lotta che ha già offerto il suo sacrificio e già si onora dei suoi martiri.
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    Dunque i G.A.G. nacquero per “istituzionalizzare” ed accogliere nel P.F.R. l’ esperienza degli studenti fascisti che tra 25 luglio e 8 settembre si erano spontaneamente opposti al governo Badoglio, in qualche caso anche con le armi - nell’ articolo si parla esplicitamente di caduti - ecco spiegata la presenza del fascio orizzontale. Ma chi erano poi questi studenti dimenticati, caduti durante i 45 giorni badogliani? Forse avevano a che fare con i casi di cecchinaggio avvenuti contro reparti dell’ esercito in varie città, subito dopo il 25 luglio? Sarebbe un argomento da approfondire.




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    Abbiamo dunque visto tre esempi di fascio orizzontale nei quali l’ identità tra simbolo e caduto è ben documentata. Dunque mi rivolgo ai forumisti che fossero in possesso di informazioni più dettagliate al riguardo o di notizie su altri distintivi appartenenti a questa tematica.
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  2. #2
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    Uno studente fascista arrestato dopo il 25 luglio 43 per aver difeso in pubblico la figura di Mussolini.
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