Dopo l’ armistizio la neonata RSI nella necessità di tornare a combattere a fianco dell’ alleato-occupante tedesco, dovette scontrarsi presto con la dura realtà della situazione determinata dall’ armistizio. Oltre all’ ostilità o all’ indifferenza di buona parte della popolazione, alle immani distruzioni determinate dai combattimenti e dai bombardamenti, alla grave carenza di materie prime e di cibo, che trascinò l’ Italia in una consizione pre-industriale ai limiti della sopravvivenza, pesava l’ incertezza politico-istituzionale di una repubblica provvisoria, la cui legittimità era demandata a una assemblea costituzionale da convocarsi alla fine della guerra. Mussolini stesso non si faceva illusioni al riguardo, definendosi apertamente capo di una “repubblica natante” dato che il territorio della Rsi andava inesorabilmente riducendosi sotto l’ avanzata degli angloamericani. Dal punto di vista militare, poi, la situazione era disperante: ciò che non era stato distrutto dagli invasori (caserme, magazzini, fabbriche, infrastrutture) era caduto saldamente in mano dei tedeschi e da loro sfruttato senza riguardi per il fragile e infido governo italiano. I pochi e sparsi reparti militari erano male armati, mal vestiti e mal nutriti, senza che vi fossero risorse per cambiare la situazione. Si pensi che non c’ erano materie prime neanche per produrre i nuovi fregi e distintivi istituiti dal regolamento provvisorio sulle uniformi. Già sostituire le stellette coi gladii fu una fatica improba. In tale situazione, per venire incontro a FF.AA. sprovviste di tutto, tornarono in auge le pubbliche sottoscrizioni, come nel Risorgimento. Promosse a livello locale o nazionale da aziende, privati, associazioni o dai giornali, ve ne furono di ogni tipo, per comprare direttamente dalle fabbriche il materiale bellico indispensabile. Vi furono sottoscrizioni per mitra MAB 38, per l’ acquisto di MAS e di velivoli da caccia e bombardieri, persino per riequipaggiare i carristi coi nuovi carri armati P40. Il quotidiano romano “Il Messaggero” indisse la raccolta fondi “Armi alla Patria” che raccolse oltre centomila lire dell’ epoca sino al 4 giugno 1944 (dopo tale data i sottoscrittori indicati con nome e cognome ebbero non pochi problemi). Oltre a ciò bisogna contare le collette di stampo umanitario, come quelle della C.R.I. repubblicana, pro-Lavoratori italiani in Germania, per i profughi civili da Sicilia, Calabria e Campania, pro- vittime delle foibe istriane, il “Pacco del camerata”e la Giornata nazionale del Profugo, indetta a Venezia nel 1944 dal Sottosegretariato per le terre invase con lo slogan “A tutta la sventura, tutto il nostro aiuto”. Per amore di verità bisogna ricordare che raccolte fondi informali tra i simpatizzanti venivano portate avanti da numerosissime unità e corpi armati della Rsi, per l’ armamento, l’ equipaggiamento e per l’ autofinanziamento, sfociando nel caso delle formazioni più malfamate e meno disciplinate in vere e proprie estorsioni a mano armata, ai danni di famiglie facoltose. Il federale di Bologna, ad esempio, lamentando che la città fosse maldifesa dai raid aerei degli alleati, tentò di acquistare in proprio aerei da caccia, vendendo gli immobili requisiti agli ebrei “trasferitisi altrove con ignota destinazione” ma le SS lo tacitarono in maniera assai poco diplomatica. A Torino, su pressione della Fiat, intenzionata a proteggere dall’ offesa aerea i suoi impianti industriali, si aprì una raccolta fondi pro- aerei da caccia per la squadriglia autonoma “Giorgio Graffer”. Si tennero in città spettacoli di vario genere il cui incasso fu devoluto a tale scopo. Parallelamente vennero fatte forti pressioni perché operai e dipendenti di varie ditte devolvessero parte dello stipendio (se non contribuisci perdi il lavoro, o peggio, finisci in Germania). Tanto che con apposito annuncio a mezzo stampa si dovette ribadire che le donazioni dovevano essere solamente volontarie. Dopo il 25 aprile 1945, poi, gli artisti dell’ Italia meridionale richiesero a gran voce l’ epurazione e altre peggiori sanzioni per i loro colleghi prestatisi a dar spettacoli in tali condizioni. Particolare interessante per i collezionisti: tutto il pubblico pagante ricevette un distintivo-ricordo metallico a spilla, raffigurato nel trafiletto. Si badi che il disegno è diverso dallo stemma di reparto attribuito in un secondo tempo dall’ A.N.R. alla squadriglia “Graffer” e non venne mai portato sulle fusoliere dei velivoli. Fu realizzato ai soli fini pubblicitari durante l’ iniziativa ed ha la particolarità di non portare simboli fascisti o dell’ aeronautica. Non l’ avevo mai visto, ma forse qualche fortunato in zona Torino ne ha un esemplare in collezione…
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Originariamente Scritto da maxtsn
