Questa è un intervista effettuata da bruno ghigi,storico riminese,ad un comandante partigiano, interamente copiata dal suo libro
(La guerra sulla linea gotica dal metauro al senio fino al po).. trovandola molto interessante ho voluto condividerla.

INNOCENZO MONTI nato a morciano di romagna l' 11/1/1900.

D. Dove si trovava l'otto settembre 1943?

R. mi trovavo a pescantina vicino a verona,al comando di tutte le scuole dell'areonautica del nord italia.
la sera del sette settembre,ho cenato in una trattoria di pescantina,dove avevo ospiti un capitano tedesco ad il suo autista,
i due erano anche compagni di università ed in confidenza mi avevano anche detto di essere degli antifascisti.
A mezzanotte quando i due si sono congedati ed io sono uscito dalla trattoria,vedo il capitano con l'elmetto in testa
e ciò mi parve un brutto presentimento. Invece di dormire nel mio alloggio militare,che era una villa di una proprietà
di un inglese,ho preferito alloggiare nell'albergo di pescantina.Nella notte ricevo dal comandante dell'aeroporto di bosco
mantico la comunicazione che i tedeschi avevano attaccato l'areoporto e che nello scontro erano morti due militari
tedeschi e due italiani.Il capitano tedesco che aveva cenato con me era il comandante delle truppe tedesche dislocate
a pescantina,perciò pregai il comandante dell'areoporto di telefonargli per chiarire l'equivoco.La telefonata non ebbe
risposta.Sul campo già preparato per portarmi in volo a romac'era un apparecchio da trasporto,che i tedeschi hanno
quasi subito incendiato,togliendomi così ogni dubbio sul loro comportamento.

D. Dopo questo scontro,lei che decisioni ha preso?

R. Ho preso contatto con il capitano tedesco che si disse lieto di non avermi trovato nell'alloggio,perché in tal modo gli
avevo evitato il dispiacere di arrestarmi.

D. Allora i tedeschi erano già al corrente che l'italia avrebbe firmato l'armistizio?

R. I tedeschi erano al corrente della trattativa e in proposito un tenente tedesco della gestapo ebbe a vantare la
lungimiranza del comando tedesco che aveva saputo attaccare le truppe italiane cinque minuti prima che gli italiani
attaccassero i tedeschi.

D. Le truppe italiane si difesero dall'attacco tedesco?

R. Le truppe italiani si difesero,ma l' attacco improvviso avvenuto nella notte aveva trovato tutti i militari a dormire
nelle proprie caserme,sicchè è stato facile ai tedeschi farli prigionieri o disperderli.Ripreso contatto con il capitano
tedesco mi disse di non fidarmi della parola d'onore dell'ufficiale della gestapo,perché per loro valeva soltanto la
parola d'onore dei germanici.

D. Dopo questo fatto anche lei è scappato e rientrato a morciano ?

R. Si, in abiti civili,in treno con una carta d'identità con un nome falso,rilasciatomi dal comune di pescantina,sono
arrivato a rimini,evitando con tale documento tutti i controlli tedeschi.

D. Quando ha preso contatto con gli antifascisti di rimini?

R. Arrivato a rimini,esasperato dalle atrocità delle truppe naziste scatenate,ebbi modo di manifestare tutto il mio sdegno
a più conoscenti della città,e questo venne a conoscenza di decio mercanti,del comitato di liberazione nazionale di rimini
(rimini non era ancora stata occupata dalle truppe tedesche).
Mercanti mi propose di accettare il comando militare delle forze partigiane dislocate a cavallo della linea gotica,grosso modo
fra rimini,pesaro e la toscana,che io accettai meravigliandomi molto dell'ardimento di mercanti nel propormi così pericoloso
comando.

D. Dopo la sua nomina che cosa ha fatto?

R. In seguito ai bombardamenti di rimini,la mia famiglia si trasferì a morciano,dove organizzai subito delle cellule partigiane.

D. Quali azioni in particolare hanno svolto i gruppi partigiani da lei comandati?

R. Il maresciallo dei carabinieri di morciano,con il quale ero in buoni rapporti,mi aveva informato che una vecchia circolare
del ministro nitti prescriveva che le forze dell'ordine non dovevano attaccare i rivoltosi se questi ultimi erano in maggioranza.
Con questa notizia mi fu facile disarmare le caserme di mercatino conca,morciano,piandimeleto ecc. Conoscendo il numero di
militari delle diverse caserme di carabinieri mi fu facile impadronirmi delle armi degli stessi,perché le facevo attaccare da un
numero superiore e cosi i carabinieri cedevano le armi e molti di loro passavano ai reparti partigiani.

D. chi c'era con lei al comando partigiano?

R. Il mio aiutante era attilio marchini,un ligure,ufficiale della capitaneria di porto di rimini,il quale prendeva contatto con tutti
i reparti organizzati dei partigiani dislocati nella zona.

D. Chi ricorda in particolare dei partigiani che si sono distinti nelle diverse azioni?

R. Non potrei elencare i numerosi atti di valore,eroismo che tutti i partigiani compresi i più umili compirono.la mia resistenza
a morciano era arrivata all'orecchio delle autorità naziste e repubblichine,per cui mi vidi sorvegliato a vista da un finto autista
tedesco e da un ballerino chiamato "piedi di gomma",che a turno si mettevano nel caffè di fronte casa,per controllare ogni mia
mossa. Un giorno si presenta a casa mia una persona qualificandosi quale ufficiale di cavalleria perseguito dai tedeschi e con
una parte di biglietto da visita che avevo rilasciato al prof. rino molari di riccione. Questo finto ufficiale de marchi,che risultò
poi un prezzolato della gestapo di bologna,non mi ispirò eccessiva fiducia,nonostante possedesse la metà del mio biglietto da
visita. Quando mi chiese se io ero il comandante dei partigiani gli risposi negativamente e che se lui si sentiva inseguito dalle
autorità tedesche poteva,presentandosi a mio nome,trovare rifugio a monterone presso il mugnaio ferrarini.
Per andare a monterone dissi al de marchi che poteva prendere la coriera che partiva nelle ore pomeridiane da morciano.
Questo de marchi assieme ad un ebreo,gepi rossi ascoli,erano stati in buona fede informati della mia attività partigiana dal
prof, rino molari.Mentre stavo aspettando di vedere partire il de marchi per monterone,mi vedo arrivare il de marchi stesso
ed un altro agente con il mitra spianato che mi hanno dichiarato in arresto.

D. Ricorda il giorno dell'arresto e poi dov'è stato portato?

R. sono stato arrestato e portato subito a riccione nella cantina di un garage sede del comando della gestapo. Da riccione
il giorno dopo sono stato trasferito nelle carceri di s, giovanni in monte di bologna.

D. Nelle carceri di bologna ha incontrato qualche antifascista che conosceva? e come l'hanno trattata?

R. Nelle carceri di bologna il vitto era quasi immangiabile e fui rinchiuso in una cella assieme a 4 detenuti politici (focherini
direttore dell'avvenire d'italia,un cantoniere toscano,un avvocato di parma e un brigadiere dei carabinieri) e un pregiudicato
comune che aveva il compito di fare il delatore. A s. giovanni in monte rimasi circa tre mesi,e fui piu volte interrogato dalla
gestapo che aveva la sede nei locali dei giardini margherita. Durante gli interrogatori fui trattato dagli ispettori della gestapo
con molto rispetto,perché sapevano che ero stato decorato della croce di ferro sul campo del maresciallo kesserling.

D. Per quale motivo si era guadagnato la croce di ferro?

R. Kesserling non era in buoni rapporti con rommel per una mia operazione condotta nel deserto libico che aveva potato alla
distruzione di tre jeeps inglesi che taccheggiavano le linee di rommel.

D. Quali erano i motivi della discordia fra rommel e kesserling,secondo lei?

R. Rommel era un tattico e kesserling uno stratega. In quella occasione rommel fece un telegramma di congratulazioni per la
buona riuscita di quella operazione aerea da me comandata per cui mi aveva concesso la croce di ferro sul campo.

D. Allora per questa decorazione ha avuto un trattamento rispettoso dalla gestapo?

R. Quando il de marchi venne messo al mio confronto riportò quello che gli aveva detto il prof. molari,come glielo avessi riferito
io. Alle mie negazioni cercò di avventarsi contro di me. Intervenuto l'ispettore della gestapo,con un manrovescio butto il de marchi
sotto il tavolo,dicendomi: Mi dia le prove di quello che lei afferma e io farò fucilare questo delatore assieme al gepi rossi ascoli,
perchè per il suo arresto,quello del molari e di marcello minervi hanno percepito per ognuno di voi 3.500 lire,e aggiunse: lei fa
il patriota e vede come i suoi compatrioti la vendono per poco prezzo? .

D. Nel carcere di s. giovanni in monte ha avuto la possibilità di incontrare i riminesi babbi,molari,i lanzetti ed altri?

R. Si,molari temeva molto per la sua vita e non aveva torto,perché sapeva che i tedeschi lo avrebbero deportato a fossoli per
fucilarlo. Io lo consigliai di scappare alla prima occasione che gli sarebbe presentata,cosa che io avrei fatto isolatamente per
conto mio. Babbi non correva il rischio di essere fucilato perché era solo incarcerato come politico antifascista. In seguito per
un mio prolasso intestinale,ero riuscito a farmi ricoverare all'ospedale s.orsola,presso il prof. forni. all'ospedale mi avevano
sistemato in una camera con un altro ferito di sasso marconi,avevo come guardiani due agenti ausiliari della polizia fascista.
Durante la mia prigionia fui più volte invitato dal console della milizia fascista di bologna,che io conoscevo personalmente,
a dichiararmi disposto ad assecondare per la mia liberazione,la direttiva del regime e dei nazisti,al che risposi sempre
negativamente. Il prof forni mi operò e l'operazione ben riuscita mi mise in condizione di tentare l'evasione. I miei fratelli
avv. aurelio e dott. giuseppe,mi portavano periodicamente con inauditi sacrifici dei pacchi viveri che io condividevo con i
compagni di cella. In un altro letto dell'ospedale era stato ricoverato un comunista,solo conosciuto con il nome di renato,
il quale era stato seviziato dalle s.s. italiane con materiale infuocato che gli aveva fatto perdere la vista e messo a vista
le arterie di un braccio. A questo renato diedi lo stesso consiglio che avevo dato al prof molari,di evadere prima possibile,
egli mise in atto l'evasione calandosi da una finestra alla quale avevano appoggiato una scala i suoi compagni comunisti.
L'evasione gli fu possibile,perché tenne all'oscuro i sanitari di aver riacquistato la vista. Ho saputo poi che le autorità fasciste
e naziste L'avevano ripreso e fucilato. Per eludere la vigilanza dei due custodi,uno dormiva accanto a me e l'altro sorvegliava
la porta dell' ospedale,ho inscenato la neccessità di aver bisogno di andare molto di frequente al gabinetto dove avevo nascosto
un abito civile portato dai miei fratelli. Quando nelle prime ore del mattino i due agenti dormivano saporitamente,mi recai al
gabinetto,mi misi in abito civile,con sopra una vestaglia. Avevo notato che alle cliniche al mattino vi era poca sorveglianza
e di questo aprofittai,butata la vestaglia in un sottoscala,attraversai un reparto dell'ospedale dove venni salutato delle ifermiere
con rispettosi:buongiorno dottore. Giunto alla porta di s.orsola trovai i cancelli sbarrati,mentre cominciava ad albeggiare.
Prima di evadere avevo preso accordi con il ferito di sasso marconi che dormiva nel letto accanto che avrei ritrovato all'alba
un oste con un fazzoletto annodato alla mano sinistra che mi avrebbe alloggiato per tre giorni al prezzo di lire 4000 al giorno.
Trovato sbarrato il cancello e dato che le mie condizioni non mi permettevano di scavalcarlo,raggiunsi,camminando e
nascondendomi tra le siepi,la cancellata,l'estremità del giardino di s.orsola,dove mi fu possibile saltare nella strada e caso
volle che quasi cadessi addosso all'oste dal fazzoletto alla mano sinistra. Della mia evasione riuscii a dare notizia ai miei
fratelli tramite un cifrario.

D. Dopo l'evasione da bologna dove si è diretto?

R. Da bologna a piedi mi portai alla porta mazzini e durante questo trasferimento incontrai uno dei due agenti ausiliari che erano
di guardia all'ospedale,al quale avevo detto: non tenti di fermarmi o faccio a chi spara prima. Nascondendomi dietro una colonna
del loggiato,lo lasciai passare e quando lo ritrovai dopo la guerra,commerciante di cavalli,gli ho domandato se aveva fatto
finta di non vedermi,ed egli mi disse di avermi effettivamente visto. A piedi,per strade secondarie che fiancheggiavano la via
emilia ho raggiunto forlì il giorno dopo,mentre stava avvenendo un incursione aerea. Stanco mi stavo riposando sugli scalini
di una casa quando vidi la gente che si dirigeva verso i rifugi della chiesa di porta schiavonia,il cui arciprete era un compagno
di scuola dell' avvocato angeletti di forlì,mio compagno di prigionia. Mi fermai dall' arciprete e quando gli dissi che portavo i saluti
dell' avvocato angeletti, lui rimase meravigliato e mi rispose: Ma angeletti è in prigione?! al che risposi: vengo anche io da
s.giovanni in monte. Un foruncolo in una coscia si era molto infiammato per i miei strapazzi,l'arciprete don poni mi curò per tre
giorni,poi,dato che la perpetua si rea insospettita,mi consigliò di recarmi dall'arciprete della chiesa dell'areoporto di forlì,
don vanumi;questi mi alloggiò in una camera della canonica,durante la notte l'aeroporto veniva bombardato dall'aviazione inglese.
La mattina don vanumi mi presentò suo fratello che con un auto a gas di carbonella faceva servizio da forlì a rimini.
Il fratello del prete mi portò in località osteria nuova,vicino a morciano,da dove raggiunsi a farneto,una frazione del comune di
gemmano,i miei fratelli aurelio,giuseppe e gli altri familiari non che il prof.gianni quondamatteo. A farneto con uno stratagemma
di don antonio marcaccini,mi feci rilasciare una carta d'identità falsa dal comune di gemmano,con un falso nome e la mia
fotografia. Il podestà di gemmano di allora,paesani,firmò senza riconoscermi.

D. Da farneto quando ha raggiunyo i suoi compagni a monterone?

R. Ho raggiunto monterone con un cavallo e un carico di armi e poi,ritornato nuovamente a farneto,ho preso contatti con il mio
aiutante attilio marchini e a piedi,attraverso i campi,abbiamo raggiunto le formazioni combattenti dislocate sui monti fra
monterone e sestino.E dopo diversi scontri con i tedeschi e repubblichini (con morti e feriti da entrambe le parti),ho raggiunto,
con gran parte dei partigiani da me comandati,città di castello già occupata dalle truppe alleate.