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Discussione: Eugenio Faccani, investito dai liberatori

  1. #1
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    Eugenio Faccani, investito dai liberatori

    Se si pensa alle molte cose che il popolo italiano ebbe a soffrire a causa della progressiva liberazione (o per meglio dire occupazione) alleata della nostra penisola negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale ci sarebbe l’ imbarazzo della scelta: dai bombardamenti indiscriminati sulle città alla reintroduzione della mafia in Sicilia; dalla rapina di risorse industriali, beni di consumo, scorte alimentari e materiale bellico alla distruzione dell’ economia con all’ emissione delle AM-Lire; dalla pulizia etnica di alcuni territori agli stupri di massa; dalla distruzione del patrimonio storico, artistico e culturale alle mutilazioni territoriali. Ma curiosamente, nessuno parla mai delle vittime della strada causate dai militari alleati di ogni etnia e nazionalità, presenti in territorio italiano tra il 1943 e il 1947. Eppure non sono poche, si trattò perlomeno di moltissime migliaia di persone, in prevalenza civili italiani, spesso donne e bambini investiti da jeep e camion in un giornaliero stillicidio che i media dell’ epoca non amplificarono e che furono genericamente rubricate come vittime civili di guerra. Ignoro se vi siano statistiche precise al riguardo, ma ritengo di no, se non a livello locale o nella memorialistica postbellica. Si tenga conto che se col procedere dei combattimenti verso il nord dell’ Italia i tedeschi in ritirata distruggevano scientemente le infrastrutture, specie ponti e ferrovie, sulla nostra rete viaria insisteva anche un traffico militare di mezzi pesanti alleati caotico e distruttivo, in quanto le strade erano state già pesantemente danneggiate dai bombardamenti aerei. In queste condizioni disastrate per un pedone avventurarsi in strada significava rischiare a ogni passo l’ investimento e mettersi in viaggio su uno dei rari veicoli non requisiti, equivaleva alla certezza di esser coinvolti in un sinistro. I militari angloamericani guidavano abitualmente ad alta velocità senza tener conto delle normative di sicurezza, in preda ad alcool ed altre sostanze reperibili a borsa nera, spesso è volentieri risolvevano le controversie stradali con le armi da fuoco. E la situazione peggiorava poi in caso di autisti inesperti dei mezzi affidatigli, come nel caso di truppe di colore o di ausiliari. Fattore non ultimo anche il sostanziale disprezzo degli occupanti per la vita delle nostre popolazioni. Ciò accadde dovunque nella lenta avanzata delle armate alleate lungo la penisola. A Roma dopo il 4 giugno 1944, se non c’ era più l’ incubo di venir fucilati o deportati dai nazisti, gli abitanti ammesso che non morissero di fame, correvano gravi rischi di finire investiti dalla moltitudine di automezzi con la stella bianca. A memoria d’ uomo si ricordano anche casi di linciaggio (o tentativi) di investitori ubriachi da parte della folla inferocita. Le vittime di questi pirati della strada in uniforme kaki ricaddero in genere nell’ oblio, fatto salvo il dolore impotente dei familiari: ogni soldato alleato allora era un semidio, al prezzo di qualche scatoletta poteva permettersi qualunque cosa ai danni di pezzenti affamati, con la certezza quasi matematica dell’ impunità. Ma almeno un caso viene ricordato con una certa frequenza, in quanto vi perse la vita un personaggio abbiente, ben noto per il suo passato di calciatore professionista e di combattente sopravvissuto a due guerre, di cui vale la pena ricordare la vicenda. Eugenio Faccani nacque nel quartiere romano di San Giovanni il 31 maggio 1891 da Faccani Ernesto ed Albonetti Angela, commercianti all’ ingrosso di ortofrutta. Di professione meccanico ma appassionato di ogni genere di sport, nel 1908 il prestante giovane venne tesserato dalla Lazio (giocando come centrocampista nel famoso torneo di Pisa, dove in quello stesso anno la compagine romana vinse tre partite in uno stesso giorno). La sua attività agonistica non si limitò però solo al calcio, dato che ebbe modo di distinguersi con ottimi risultati anche nel nuoto e nel lancio del giavellotto. Nel 1909 fu arruolato nel Regio Esercito e destinato al 24° Rgt. Artiglieria ottenendo l’ anno successivo la qualifica di puntatore scelto. Scoppiata la guerra di Libia, col suo reparto raggiunse la Tripolitania il 21 ottobre 1911. Durante la permanenza oltremare fu però incarcerato e processato con l’ accusa di abuso di autorità per aver preso, in assenza dei superiori, il comando della sua batteria, che presidiava una località dell’ entroterra. Ma quando il tribunale militare appurò che la sua iniziativa aveva salvato pezzi e serventi da una imboscata dei guerriglieri arabi, venne prosciolto e promosso sul campo caporale. Rimpatriato, fu trasferito al 13° Rgt. Artiglieria di stanza a Roma e ivi congedato nel 1912. Richiamato una prima volta nel 1914, fu retrocesso a soldato semplice (per essersi presentato in caserma con alcuni giorni di ritardo a causa di un disguido burocratico) e rapidamente congedato. L’ anno dopo con la mobilitazione generale dovette di nuovo vestire il grigioverde, prestando ininterrottamente servizio dal maggio 1915 fino al novembre 1918 nei ranghi del 13° Artiglieria. Tornato finalmente alla vita civile, Faccani tornò al calcio agonistico vestendo i colori della Lazio sino al ritiro definitivo nel 1923. Appesi gli scarpini al chiodo, prese le redini dell’ attività di famiglia, diventando uno dei maggiori grossisti romani e assicurandosi rapidamente un invidiabile tenore di vita. Ebbe anche incarichi nelle associazioni di categoria, allora parte dell’ apparato burocratico fascista. Probabilmente per il ruolo chiave che rivestiva l’ approvvigionamento alimentare in una economia del razionamento di guerra, nel giugno 1940 Faccani non venne richiamato alle armi, restando a badare ai suoi affari. Proprio a Roma però l’ ormai agiato imprenditore, trovandosi per motivi di lavoro a San Lorenzo il 19 luglio 1943, scampò fortunosamente al primo bombardamento aereo alleato sulla città eterna. Sfuggito anche ai rastrellamenti nazisti durante il periodo dell’ occupazione tedesca, dal 4 giugno 1944 Enrico Faccani forse credette di poter guardare all’ avvenire con relativa tranquillità. Morì invece prematuramente il 17 giugno 1944, solo due settimane dopo la liberazione di Roma, investito da un automezzo militare americano mentre scendeva dal marciapiede davanti casa sua, in via Statilia n° 18. La sua morte suscitò grande sdegno e commozione in città, dove se molti conoscevano il “Sor Eugenio” per la sua attività commerciale, molti di più ricordavano le prodezze sportive del Faccani atleta multiforme. Naturalmente a questo, come ai numerosi altri decessi simili dovuti a pirati della strada in uniforme angloamericana per anni, vigendo la censura militare degli eserciti alleati e quella politica dell’ A.M.G.O.T. venne messa la sordina e parlarne era ritenuto “inopportuno”. Ciononostante, all’ incirca a partire dal 1946/47 dopo referendum istituzionale ed elezioni politiche, mentre si profilava il rimpatrio oltreoceano delle truppe d’occupazione e ci si interrogava su quale sarebbe stato il destino dell’ Italia postbellica dopo la firma del trattato di pace di Parigi – in pratica un diktat – gli organi di stampa, comunque fossero orientati politicamente, presero a trattare l’ argomento spinti dal crescente livore che da ogni parte cresceva nel paese contro americani e inglesi. Come esempi ci contentiamo di riportare una famosa vignetta di Giovannino Guareschi che accomuna la strage di pedoni a quella dei bambini di Gorla, nonché l’ ironico (ma non troppo) articolo sugli investimenti americani apparso nella rivista “Quadrante”…
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  2. #2
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    Storia interessante.
    sven hassel
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  3. #3
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    Comincio un sacco di cose e non ne finisco nes

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