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Discussione: Infermiere di colore nella Guerra Civile

  1. #1
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    Infermiere di colore nella Guerra Civile

    Se la guerra di Crimea portò alla ribalta dell’ opinione pubblica britannica per opera di Florence Nightingale la necessità di garantire assistenza sanitaria professionale ai soldati di Sua Maestà feriti in combattimento e la testimonianza del medico svizzero Henri Dunant sugli orrori della 2^ guerra d’ Indipendenza spinse le potenze europee a favorire la creazione della Croce Rossa internazionale, è indubbio che fu la guerra civile americana a dare rapidamente un grande impulso alla medicina e alla chirurgia di guerra negli Stati Uniti. Ciò però, ironicamente, non avvenne per l’ assistenza infermieristica, si pensi che la prima Nightingale School per infermiere in territorio statunitense venne fondata solo dieci anni dopo, nel 1873. Il fatto è che per la cultura puritana Wasp l’ idea che le infermiere dovessero venire in contatto con uomini sconosciuti – e peggio ancora con soldati dediti ai peggiori vizi e immoralità – era assolutamente inconcepibile, tanto che nell’ opinione pubblica dell’ epoca era diffuso il pregiudizio che la carriera infermieristica fosse preclusa ad ogni onesta donna bianca che desiderasse poi trovare uno straccio di marito. Tali idee si riscontravano non solo tra il popolino ma anche tra politici, ecclesiastici e intellettuali di alto livello. E’ significativo che persino Walt Whitman, il poeta sommo cantore dell’ epica e dell’ eroismo americano, pur schierandosi apertamente a favore del presidente Lincoln, non esitò a scatenare una violenta polemica giornalistica contro la proposta del Ministero della Guerra di costituire un corpo nazionale infermiere sul territorio dell’ Unione. Il risultato fu che dallo scoppio del conflitto l’ assistenza ai soldati nordisti feriti rimase per lungo tempo prerogativa delle poche donne che ne seguivano la sorte: cantiniere, lavandaie, prostitute, oltre a vecchie megere prezzolate reclutate di volta in volta in loco. Queste ultime non si facevano scrupoli nel derubare feriti e moribondi dei pochi averi rimasti e di rivendere a mercato nero indumenti, coperte, cibo e medicine. Ma gli eventi portarono a un improvviso quanto inaspettato cambiamento. La guerra civile americana è stata con ragione definita la prima guerra “moderna” in quanto vi furono sperimentate innovazioni dovute al rapido sviluppo industriale e tecnologico di quella nazione (treni, telegrafi, palloni aerostatici, mitragliatrici, bombe a mano, granate d’ artiglieria a frammentazione, corazzate, siluri, sommergibili, mine terrestri e marittime). Ma fu anche una guerra di trincee, di assedio e di movimento che coinvolse un numero enorme di coscritti. La conseguenza fu che ogni campo di battaglia era un carnaio e l’ opera della sanità militare sempre più difficile davanti al numero crescente di feriti. Visto che le opere di difesa passiva erano inesistenti e l’ elmetto non era ancora stato inventato, la maggior parte dei feriti riportava lesioni gravissime, spesso alla testa o agli arti. Sul campo i pochi medici militari si limitavano alle amputazioni, delegando il resto nel migliore dei casi agli anziani medici civili che non erano stati arruolati per età o infermità, a membri di comunità religiose o società caritative e, sempre più spesso, ai civili del luogo che venivano reclutati anche forzatamente e obbligati ad ospitare i feriti nelle loro case. Con gran parte della popolazione maschile alle armi, quasi tutti i suddetti “civili” erano donne. La grave situazione valse a vincere le resistenze dei militari e la contrarietà degli ecclesiastici, sorse così un embrione di assistenza infermieristica alle dipendenze del governo di Washington, oltre a vari patronati di donne dell’ alta società che provvedevano a finanziare i corsi e trasformavano case private ed edifici pubblici in ospedali militari improvvisati. Venivano accettate tutte le donne, specie quelle con una qualche pregressa conoscenza sanitaria anche minima, non facendo troppa distinzione tra levatrici, “Nurses” (infermiere in grado di assistere efficacemente un medico) e “Nannies” (bambinaie che prendendosi cura dei figli dell’alta società avevano solo limitate conoscenze di igiene e puericultura). Va da se che, a quell’ epoca, la maggior parte delle “Nannies” impiegate presso le famiglie della “upper class” sia negli stati unionisti che in quelli confederati, erano di colore. Se anche le donne di colore contribuirono dunque in numero significativo all’ assistenza ai feriti durante la guerra civile, non dobbiamo però cadere negli stereotipi, dato che tale categoria è molto vasta e racchiude persone di varia provenienza, istruzione e classe sociale. A prescindere dalle moltissime ex- schiave liberate nel sud quando gli eserciti nordisti invasero la Confederazione, le donne di colore che vivevano e operavano nel territorio dell’ Unione vivevano situazioni anche molto diverse tra loro. Alcune erano volontarie, altre vennero assunte alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra con una retribuzione di dieci dollari al mese, altre ancora – trovandosi direttamente coinvolte nei combattimenti – furono obbligate a prestare soccorso ai feriti unionisti. Tuttavia esistono scarse testimonianze sull’ opera di assistenza prestata da queste donne, e pertanto non è facile avere una visione dettagliata e completa della loro attività, sia per il fatto che molte di loro erano quasi analfabete, sia perché ignorate dalla memorialistica dell’ epoca, come doppia minoranza (in quanto donne e in quanto nere). Sappiamo però che la maggior parte di loro assistettero i soldati feriti dell’ esercito degli Stati Uniti con la massima efficacia e la maggior competenza possibile, ricevendo al termine del conflitto il ringraziamento delle autorità federali o statali dalle quali dipendevano. Riporto a titolo esemplificativo le stringate biografie di tre infermiere delle più conosciute, ma dal percorso umano estremamente diversificato .


    - Harriet Tubman (1820-1913). Nata in schiavitù venne impiegata dai padroni della piantagione come bambinaia. Fuggita giovanissima al nord, cooperò attivamente con il movimento della “Underground Railroad”, la rete clandestina abolizionista che supportava gli schiavi neri in fuga verso gli stati del nord, garantendo loro rifugi, cure mediche, documenti falsi, ecc. Fu chiamata la “Mosè del suo popolo” in quanto sembra che prima della guerra civile si fosse infiltrata almeno diciannove volte al sud per garantire assistenza infermieristica ad oltre 300 schiavi fuggiaschi. Ovviamente come tutti gli attivisti bianchi e neri del movimento abolizionista, operò clandestinamente, armata e sotto falso nome, dato che in seguito alla “John Brown’s Law” in tutti gli stati schiavisti del sud costoro erano considerati terroristi, passibili se catturati di impiccagione immediata. Fu una persona degna di rispetto, audace e coraggiosa, che aiutò il suo popolo. Allo scoppio della guerra civile dedicò la sue energie all’ assistenza ai soldati ricoprendo il ruolo di infermiera presso truppe operanti e successivamente divenne capoinfermiera presso il 1st Colored Hospital di Fort Monroe, in Virginia.

    - Sojourner Truth. Questa infermiera può ben essere considerata una delle prime femministe. Nata al nord da una benestante famiglia di colore, cittadina americana a pieno titolo, fece studi superiori con buon profitto. Avrebbe voluto diventare medico ma dato che il suo sesso e la sua etnia le precludevano gli studi universitari ripiegò sul corso da infermiera. Ardente sostenitrice della causa abolizionista, in seguito si battè per il diritto di voto alle donne e contro la separazione razziale. In tarda età aderì al movimento femminista. Durante la guerra civile collaborò con competenza all’ assistenza dei feriti dell’ esercito in vari ospedali militari, affiancando medici chirurghi in sala operatoria.

    - Susy King. Esponente di una congregazione religiosa protestante, era la moglie del sergente Edward King, arruolato nel 13° Colored Infantry Rgt. Attendendo il ritorno del coniuge dalla guerra, per oltre quattro anni prestò servizio come infermiera volontaria in vari ospedali militari. Era ben accolta e rispettata da medici e soldati nei suoi giri di visite. La sua assistenza non era solo materiale: leggeva la Bibbia ai feriti, dava conforto morale ed insegnava a leggere e scrivere ai molti soldati analfabeti.


    Numerosissimi altri uomini e donne di colore prestarono assistenza nel corso della guerra civile. Alcuni erano volontari, membri dell’ esercito, persone appartenenti ad ordini religiosi e associazioni laiche. Altri erano semplicemente persone che autonomamente avevano deciso di assistere infermi e feriti. Appartenevano a tutte le classi sociali e tutti diedero prova di intelligenza, diplomazia, audacia ed esperienza. Ma soprattutto dimostrarono coraggio mettendosi in gioco in un ambiente spesso ostile e rapportandosi con fiducia all’ autorità, quando anche i bianchi più ben disposti verso di loro non erano scevri da pregiudizi razziali. Incidentalmente bisogna tener conto nel giudicare questa storia di due fattori assai poco considerati. Se è vero che la vittoria nordista portò all’ abolizione della schiavitù, la società americana uscita dalla guerra civile restava segnata da una profonda e duratura separazione razziale, politica ufficialmente sostenuta da tutti i governanti statunitensi almeno fino agli anni ’60 del ventesimo secolo. In quella situazione si può ben dire che le infermiere di colore della guerra civile, trovandosi per necessità a curare anche i soldati bianchi, fecero inconsapevolmente il primo passo verso l’ eguaglianza razziale in America. Infatti per quasi un secolo erano le uniche persone di colore a poter dare impunemente ordini a un bianco ed essere obbedite… a patto che il bianco in questione giacesse in un letto d’ ospedale! Non è forse un caso che sino all’ entrata degli Usa nella 1^ g.m. le associazioni di categoria che riunivano le infermiere americane bianche fossero tutte a livello delle singole città, contee e stati. L’ unica associazione operante in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, con standard qualitativi, morali e professionali nettamente più elevati della media era proprio la “Colored Nurses Association” il cui statuto fu preso a modello per i regolamenti dei neocostituiti corpi infermiere militari dell’ esercito e della marina nel 1917.
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  2. #2
    Moderatore L'avatar di squalone1976
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    Bravo cav interessantissimo.........

    ChM
    Virgo fidelis Usi ubbidir tacendo e tacendo morir

    Non nobis domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam

  3. #3
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Grazie!

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