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Discussione: Il campo di concentramento di Holzminden e gli ostaggi di rappresaglia, 1916

  1. #1
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    Il campo di concentramento di Holzminden e gli ostaggi di rappresaglia, 1916

    Il campo di detenzione di Holzminden, sito nel territorio del Brunswick, fu costituito nel 1914, subito dopo lo scoppio della Grande Guerra, per internarvi civili tedeschi macchiatisi di crimini comuni, che pur non ricadendo nella sfera amministrata dalla giustizia militare, erano considerati “indesiderabili” perché in qualche modo dannosi allo sforzo bellico del Reich guglielmino (ladri professionisti, prostitute, omosessuali, pacifisti, obiettori di coscienza, fanatici religiosi, agitatori politici, contrabbandieri, accaparratori e borsari neri). Il campo, edificato in una vasta pianura, consisteva di un centinaio di baracche in legno disposte attorno a un piazzale centrale (l’ Appelplatz) e di una cinta di filo spinato di due metri d’ altezza, vigilata da torrette di guardia per le sentinelle. In questo luogo giunsero inaspettatamente, nel 1916, trecento capofamiglia francesi, uomini di varia età con al seguito donne e bambini. La decisione di rinchiuderli ad Holzminden fu presa dall’ autorità imperiale in virtù del loro status giuridico particolare: non potevano esser inviati nei campi di prigionia in quanto non erano militari prigionieri di guerra, e nemmeno nei campi di internamento, dato che non erano civili di nazionalità nemica residenti in Germania allo scoppio del conflitto. Erano invece – e così venivano indicati senza perifrasi nei documenti ufficiali – ostaggi di rappresaglia, rapiti in territorio francese. All’ inizio del conflitto, quando le truppe francesi entrarono in Alsazia, vi arrestarono non solo i funzionari civili imperiali a tutti i livelli, ma anche intellettuali e religiosi di lingua tedesca ivi residenti, per snaturare la composizione etnica di quella regione da lungo tempo germanizzata, con l’ intenzione di “rifrancesizzarla” alla fine della guerra. Costoro vennero deportati con le loro famiglie prima nell’ interno della Francia metropolitana, poi in Algeria in campi al limite del deserto, dove molti vecchi e bambini vi perirono per gli stenti e per il clima. Fin da subito il governo di Berlino fece richiesta tramite Vaticano e altri stati neutrali di procedere a uno scambio di prigionieri, chiedendo il rimpatrio almeno di donne, bambini, malati e degli anziani non più in età militare. Ma Parigi, che ancora si illudeva di poter vincere rapidamente la guerra entro pochi mesi, ritardò deliberatamente la trattativa anche per motivi politici interni dato che l’ opinione pubblica, assetata di rivalsa dopo la disfatta del 1870, era contraria a qualunque contatto umanitario. Non bastava vincere, si voleva la vendetta! In seguito a ciò, nel novembre 1916, l’ adirato imperatore Guglielmo II° autorizzò ufficialmente la deportazione di civili dai territori occupati della Francia settentrionale, per far pressione sul governo francese. Gli ostaggi francesi prescelti appartenevano dunque allo stesso contesto sociale e professionale dei prigionieri tedeschi: funzionari pubblici, insegnanti, giuristi, avvocati, medici, ingeneri, alcuni pittori, qualche ecclesiastico. Rimasero ad Holzminden in media sei mesi, tra la fine del 1916 e la prima metà del 1917, infine le controparti si accordarono per un reciproco scambio e tutti i detenuti superstiti vennero rimpatriati, passando dal territorio neutrale. Le condizioni di vita (seppur sgradevoli per dei civili della buona borghesia che non erano abituati a vivere in cattività, privi dei confort della vita moderna o a condividere il minimo indispensabile con reclusi di altra nazionalità ed estrazione sociale), non furono in apparenza per nulla assimilabili agli abissi di crudeltà e degradazione raggiunti nei Lager nazisti. Ad Holzminden i prigionieri vestivano sugli abiti civili un bracciale di vario colore a seconda degli incarichi assegnati dalla direzione del campo, potevano circolare liberamente fino alla ritirata, partecipavano ad una intensa vita sociale: vi erano una cappella, un caffè, un’ infermeria. Uno studio di pittori e un gabinetto fotografico facevano ritratti per i detenuti e le guardie. All’ ingegnere M. Boudinhou, un provetto fotografo dilettante, era stato affidato il gabinetto fotografico del campo sotto la supervisione tedesca ma egli, eludendo i controlli sulle lastre fotografiche, numerate e rigorosamente controllate dalla censura militare, riuscì a scattare di nascosto numerose foto e a portarle via al momento del rimpatrio, testimoniando così la vita degli “ostaggi di rappresaglia” francesi.
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    FOTO 1 – Davanti alla cappella del campo, la baracca 60.
    FOTO 2 – Uomini sbucciano patate nella cucina del campo.
    FOTO 3 – Tre uomini nel cortile del campo, sotto la neve.
    FOTO 4 – Donne e bambini nel cortile del campo, dietro il filo spinato.
    FOTO 5 – Di notte, accanto a una torretta, chi oltrepassa il filo muore.
    FOTO 6 – Giovane uomo ritratto di profilo mentre fuma.
    FOTO 7 – Gli artisti del campo.
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    Per dare una idea di come i trecento ostaggi e le loro famiglie vissero la traumatica esperinenza della deportazione riporto un breve estratto della testimonianza giurata rilasciata dall’ ostaggio M. Gréau, che fu a Holzminden tra il 1 novembre 1916 e il 23 aprile 1917. Si tenga però conto che il testo, pubblicato a conflitto in corso nei <<Cahiers anecdotiques >> della Banque de France, potrebbe aver risentito della censura e della propaganda bellica.
    “Il treno partì solo alle 11. I poveri viaggiatori raggiunsero il campo di Holzminden (ducato di Brunswick), dove sarebbero stati internati, solo due giorni dopo alle 4 di mattina. Non era stato predisposto nulla per riceverli. Le prime ore pertanto furono le più difficili, soprattutto per le signore, ammassate in immonde baracche, in impudica promiscuità con una plebaglia femminile delle più abiette. Durante la permanenza al campo che durò sei mesi, le signore in ostaggio furono fatte segno di angherie e vessazioni innumerevoli e spesso odiose. Ebbero a soffrire molto di una sistemazione alquanto rudimentale e soprattutto della carenza, per non dire dell’ assoluta mancanza, di riscaldamento. Per contro gli ostaggi di sesso maschile furono trattati relativamente meglio. Le baracche loro assegnate erano più acconce. Il cibo al campo era immondo e senza i pacchi e gli eccellenti biscotti spediti dalla Francia, avrebbero patito la fame più crudele”.
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    Pur tenendo a mente che l’ Impero germanico non aveva nulla a che fare con il Reich nazista, non possiamo non evidenziare punti di contatto (forse involontari) tra le esperienze concentrazionarie messe in atto dai due governi. Certo, a differenza di Hitler con gli ebrei, Guglielmo II° non voleva lo sterminio dei 300 ostaggi francesi, per lui erano solo uno strumento di pressione internazionale. Ma certe somiglianze nel metodo restano inquietanti, anche se purtroppo appartengono a tutte le esperienze di reclusione – bellica e non – in tutte le epoche e a tutte le latitudini.

    1 – Priorità della condotta militare della guerra sui bisogni primari della società civile tedesca.
    2 – Considerazione della società tedesca come un insieme omogeneo, teso in ogni suo elemento a sostenere lo sforzo bellico.
    3 – Necessità di reprimere e isolare dalla stessa elementi indesiderabili e parassitari, anche con la reclusione preventiva.
    4 – Presa di ostaggi civili inermi e non combattenti, tra la popolazione dei territori occupati, anche donne e minori.
    5 – Rivalsa sugli stessi, ritenuti personalmente responsabili di atti del proprio governo, sul quale non avevano influenza.
    6 – Uso di detenuti comuni (tedeschi), che essendo nel campo da più tempo vi avevano assunto incarichi prominenti, per angariare i nuovi venuti (francesi).
    7 – Uso di alimentazione, condizioni climatiche avverse e non conoscenza della lingua, per piegare la resistenza degli ostaggi.
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  2. #2
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    Grazie per il gradito e a me sconoscituo approfondimento della I g.M.
    sven hassel
    duri a morire

  3. #3
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    Era sconosciuto anche a me...

  4. #4
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    Comunque, leggendo, ho capito che la rappresaglia la iniziarono i francesi.....Secondo me non bisogna fare analogie tra questo caso e i campi di sterminio della II G.M., anche se la pulizia razziale era in voga anche all'epoca basta prendere ad esempio il genocidio armeno, compiuto dai turchi alleati dei tedeschi.

  5. #5
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    Infatti, non era un campo di sterminio ma una rappresaglia su precise responsabilità francesi, certo però gli ostaggi non si sentivano in vacanza...

  6. #6
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    Interessante storia, mi mancava.

  7. #7
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    La situazione di stallo sulla questione degli ostaggi era conosciuta a livello internazionale ed ebbe anche tentativi di mediazione da parte del Vaticano. Ecco una vignetta al riguardo apparsa sul giornale satirico italiano "L' Asino".
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