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Discussione: Cc.rr. Di scorta alla funicolare nel 1900

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    Cc.rr. Di scorta alla funicolare nel 1900

    Un gruppo di turisti francesi sulla funicolare del Vesuvio nel 1900. Si notino sulla destra, appena dietro il conduttore della vettura, due CC.RR. con l’ inconfondibile lucerna. La decisione di far scortare dalla Benemerita le comitive di stranieri (solo di stranieri, perché non si parlasse male dell’ Italia all’ estero) fu presa dalle autorità dopo i ripetuti assalti alle vetture da parte di bande minorili. I giovanissimi scippatori balzavano agilmente sulle carrozze in movimento derubando gli atterriti passeggeri dei loro averi, poi si gettavano in punti prestabiliti da dove potevano eclissarsi facilmente lungo le balze scoscese della montagna. Confidavano nella velocità, nello spaesamento dei derubati, che raramente parlavano italiano, e nel fatto che i macchinisti non fermavano la funicolare prima di raggiungere il capolinea. Le scorte riuscirono a ridurre la frequenza degli assalti ai turisti stranieri, ma lo scippo al volo di borsette e il furto con destrezza dei cappelli dalla testa di chi si sporgeva dai finestrini della funicolare rimase per decenni uno sport popolare tra gli scugnizzi. La cosa divenne talmente proverbiale tra gli abitanti di Napoli da essere sfruttata più volte dal cinema. Ancora nel film “Operazione San Gennaro” il ladruncolo napoletano Armandino Girasole detto Dudù (Nino Manfredi) così spiega all’ americana Maggie (Senta Berger) il suo rispetto quasi per l’ anziano camorrista don Vincenzo (Totò): “C’ era la guerra e noi ci morivamo di fame. Per campare la famiglia io e altri guaglioni andavamo lungo i binari della funicolare. Uno gridava aiuto e noi rubavamo il cappello a chi si affacciava dal finestrino per vedere che era successo. Un giorno rubai il cappello a don Vincenzo e la mia vità cambiò da così a così”. La pellicola di Dino Risi è del 1966, dunque un fenomeno di piccola criminalità che tanto aveva imbarazzato le autorità dell’ epoca, a distanza di oltre sessant’ anni trasfigurato dal tempo e dai ricordi, era diventato uno stereotipo come tanti altri nel folclore partenopeo, pienamente integrato nella memoria storica della città…
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