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Discussione: Hannah Agre, l' ultima russa zarista del Manciukuò

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    Hannah Agre, l' ultima russa zarista del Manciukuò

    Quando nella primavera del 1946 l’Armata Rossa, che l’ anno prima aveva invaso il Manciukuò (stato sovrano alleato dei nipponici), trasferì ai comunisti di Mao la sovranità su quei territori oltre a un bottino di armi giapponesi composto da 3700 pezzi d’ artiglieria, 600 carri armati, 860 aerei, 12.000 mitragliatrici e circa 700 depositi di vario tipo, la N.K.V.D. di Lavrenti Beria ne approfittò per trascinare oltrefrontiera verso la deportazione nei Gulag tutti gli esuli russi, stabilitisi nella città di Harbin fin dall’ ottobre 1917. Questa foto venne scattata all’ inizio degli anni ’80 quando Hannah Agre sosteneva a buon diritto di essere l’ unica ebrea ancora vivente nella Repubblica Popolare Cinese. Di certo era l’ ultima russa zarista rimasta ad Harbin. Abitava da sola in una piccola stanzetta dell’ ex-sinagoga e versava nella più nera miseria. Nata nella città mancese in una famiglia russa di estrazione borghese e di religione ebraica espatriata dopo la rivoluzione, Hannah nel 1945 era già orfana di entrambi i genitori e ben decisa a non sottostare al rimpatrio forzato in U.R.S.S. Dunque si nascose in città sino alla definitiva partenza delle truppe sovietiche. Rimasta sola e sottoposta (in quanto straniera) alla occhiuta sorveglianza degli organi di partito e delle autorità cinesi di polizia, si ritrovò presto senza lavoro e senza diritti, respinta ai margini della nuova struttura sociale comunista instauratasi nel paese dal 1948, ma potè comunque sopravvivere. Il peggio avvenne nel periodo della Rivoluzione Culturale, quando fu più volte catturata e sottoposta a percosse e violenti interrogatori da parte delle Guardie Rosse maoiste che la ritenevano una nemica di classe e la sospettavano di spionaggio. Se la cavò relativamente a buon mercato (con la perdita di molti denti e qualche costola rotta), ma guai se i suoi torturatori avessero sospettato che oltre al cinese, la donna parlava correntemente il russo, il francese, l’ ebraico e il giapponese. Inoltre in quegli anni praticare una qualunque religione era un crimine gravissimo e la avrebbero giustiziata se durante le ripetute perquisizioni del minuscolo alloggio avessero scoperto la piccola stella di Davide in legno accuratamente nascosta nel materasso, unico simbolo rimastole di un ebraismo mai davvero abiurato. Ma quando nel 1981 gli stupefatti giornalisti cinesi, che ne avevano scoperto per caso l’ esistenza, le domandarono se desiderasse chiedere il visto per trasferirsi in Israele, dichiarò: << La mia anima è così infelice, Israele può fare a meno di me. Ho vissuto in questa stanza per trentasei anni e non voglio andare altrove >>. Come motivare una simile risposta? Forse Hannah era terrorizzata alla sola idea di attirare l’ attenzione delle autorità cinesi, o forse era solo una donna il cui spirito era stato ormai spezzato da una vita di stenti tra gente estranea e ostile. In ogni caso era una vittima incolpevole degli enormi sconvolgimenti sociali e politici del ventesimo secolo, una delle tante vite stritolate fra gli ingranaggi della storia.
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