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Discussione: Il Corriere dei Piccoli dopo la liberazione

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    Il Corriere dei Piccoli dopo la liberazione

    Sul finire del 1944, quando le sorti del conflitto erano ormai sostanzialmente già decise, l’ offensiva tedesca nelle Ardenne e il ricorso massiccio alle armi “V” fecero sperare se non nella vittoria, almeno in un riequilibrio delle forze tra i contendenti sul fronte occidentale. Contemporaneamente, sul fronte italiano anche le FF.AA. della Rsi, sembrarono in grado di riprendere l’ iniziativa, nonostante il limitato sostegno dell’ alleato germanico. L’ operazione Wintergewitter, portò gli alpini schierati in Garfagnana ad occupare posizioni sino ad allora saldamente tenute dalle truppe di colore della “Buffalo”. Seppur evento limitato e temporaneo, quei pochi chilometri riguadagnati dalla Rsi, gettarono nel panico gli abitanti delle zone “liberate” che si erano maggiormente compromessi con gli occupanti. A Livorno vi furono padri che proibirono solennemente alle figlie di frequentare gli americani, e ci fu chi febbrilmente scucì lo scudo sabaudo dal tricolore, a titolo precauzionale. Ancor più tremende dovettero essere le reazioni nei palazzi romani della politica, ma purtroppo o per fortuna non ne abbiamo testimonianza. Comunque l’ ipotesi di una “riconquista” del sud non rimase solo nell’ ambito propagandistico. Tanto per fare un esempio, si costituì una apposita BB.NN. “ministeriale” intitolata a Giovanni Gentile, composta da funzionari dei vari ministeri per assicurare l’ immediato funzionamento della macchina burocratica dello Stato al momento di una eventuale entrata a Roma. Anche gli organi di stampa si adeguarono agli ordini del Minculpop, preparando pezzi generici da utilizzare nell’ eventualità sempre più remota della riconquista dei territori perduti. Persino il “Corriere dei Piccoli” preparò una edizione speciale, che dato lo sfavorevole sviluppo degli eventi non vide mai la luce. Come tutti i giornali, dopo il 25 aprile anche il “Corrierino” ricadde sotto gli strali incrociati della rigida censura del P.W.B. alleato e del tentativo di esproprio da parte del C.L.N. durante il qualeproprietari e gran parte del personale furono epurati. Dopo una breve assenza dalle edicole le pubblicazioni ripresero il 27 maggio 1945 col nuovo nome di “Giornale dei Piccoli”. Il primo numero della nuova gestione, ideologicamente connotato in senso antifascista, non a caso conteneva un testo in rima destinato ai giovani lettori, intitolato “Sbalilliamoci!”. Per la prima uscita del settimanale però, i nuovi responsabili (tanto politicamente fidati quanto inesperti del mestiere) non trovarono di meglio che riciclare le vignette preparate nel 1944, in quanto la maggior parte dei disegnatori e sceneggiatori era caduta vittima della furia degli epuratori. Il testo che accompagnava i disegni era diverso, ma quanto a questi ultimi ci si era limitati a ricolorare quelli originali, passando le uniformi dal grigioverde al kaki e trasformando alcuni particolari per adeguarli alla nuova situazione politica.
    In alcuni casi tali “aggiustamenti” sono palesemente visibili, analizziamoli meglio. Nella vignetta 1 gli alpini italiani sono trasformati in partigiani aggiungendo fazzoletti rossi e azzurri, ma sul cassone dell’ automezzo è ancora visibile in controluce la scritta “Viva la Rsi!”. Inoltre sulla sponda posteriore si intravvedono due figure, identificabili in un gladio repubblicano e in un fascio littorio. Anche la tipologia di autocarro ne definisce la nazionalità, oltre al fatto che a questo sia agganciato un rimorchio, espediente tipico delle truppe italiane e tedesche per limitare il consumo di carburante e sfruttare al massimo i pochi veicoli a motore ancora disponibili (per gli angloamericani invece, ricchi di mezzi e carburante, ciò non era cosa usuale). Un altro particolare curioso è che il piccolo protagonista impugna il tricolore con la mano destra , mentre con la mano sinistra mostra distintamente le tre dita aperte. Forse è una riminiscenza del famoso manifesto boccasiliano “tre dita” per le SS italiane, oppure si riferisce al trinomio “Italia, Repubblica, Socializzazione” che costituiva il fondamento ideologico della Repubblica Sociale. Nella vignetta 2 il mezzo corazzato somiglia in maniera impressionante a un semovente M43 italiano e la camionetta parzialmente visibile sulla dx. ha una svastica malamente cancellata che traspare sulla fiancata. Inoltre la stella bianca sul carro armato e le bandiere inglese e americana sventolate dal bambino che festeggia la vittoria in una città in macerie, risultano pesantemente fuori squadro rispetto al resto della vignetta, è quindi lecito sospettare che siano state aggiunte in un secondo tempo, andando a coprire qualcos’ altro che possiamo solo immaginare. Chissà poi se le tavole con le vignette e le didascalie originali del 1944 sono state conservate in qualche archivio di Via Solferino…
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