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Discussione: Felice Gessi

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    Felice Gessi

    Felice Gessi, figlio del grande esploratore italiano Romolo Gessi, nacque in Africa nel 1865 ma fu rimandato giovanissimo a Trieste (allora austroungarica), dove frequentò la scuola d’ arte dimostrandosi particolarmente portato per disegno e pittura. Dopo la morte del padre, a soli 19 anni di età tornò nel continente nero per adempiere alle pratiche testamentarie del defunto, rimanendovi poi sei anni e visitando Egitto, Mar Rosso, Somalia ed Eritrea. Partecipò nel 1884 alla missione diplomatica del conte Pietro Antonelli, inviato nello Scioa da Umberto I° per prendere contatto col re Menelik. Tornato ad Assab per motivi di salute, vi si trattenne alcuni mesi occupandosi di edilizia e della coltivazione di palme da dattero. Seguendo il tragitto Massaua-Cheren-Ghinda-Asmara-Cassala tentò invano di raggiungere Gordon, assediato dagli islamisti del Mahdi. Giunto a Suakim, si mise agli ordini di Sir Gerald Graham, arruolandosi per nove mesi come capo carovana e partecipando alla sfortunata spedizione di soccorso britannica. Dopo la caduta di Cartum e la morte di Gordon, rientrò a Massaua da poco divenuta colonia italiana. Percorso l’ itinerario Massaua-Hodeida-Mocca-Sanah-Zeila-Berbera-Obbia-Mogadiscio-Aden, si imbarcò per l’ Egitto rimpatriando infine in Italia. Nel 1887/1888 come segretario dell’ africanista Manfredo Camperio, visitò la linea di confine tra Eritrea e Abissinia, coadiuvando lo studioso nella redazione di un manuale di conversazione in lingua tigrina, poi pubblicato dall’ editore svizzero Ulrico Hoepli. Stabilitosi per qualche tempo a Milano, riunì e pubblicò in un volume gli scritti e i resoconti delle esplorazioni paterne. Nel 1890 si trasferì di nuovo a Trieste, costituendovi una società di navigazione costiera e una ditta per l’ importazione di carbone dall’ Inghilterra. Coi proventi delle sue attività creò a Muggia un cantiere per la costruzione di naviglio sottile e motoscafi da turismo. Nel 1914, servendosi appunto di un suo veloce motoscafo fece la spola tra Trieste e Porto Lignano, trasportando clandestinamente in Italia molti irredenti e disertori dall’ esercito austroungarico. Nel maggio del 1915 trovandosi a Venezia, come privato cittadino portò a termine delicate missioni di spionaggio per la Regia Marina, non ultima la defezione con gli equipaggi al completo dei piroscafi San Giorgio, San Marco e Salvatore della sua Società Istri-Trieste. Rifiutata qualsiasi ricompensa (era stato proposto per l’ onorificenza di Cavaliere della Corona d’ Italia per merito di guerra) prestò servizio volontario, mettendosi a disposizione del Comando Difesa Marittima di Grado col suo motoscafo. Cinquantunenne, gli venne negato l’ arruolamento per limiti d’ età finchè nel settembre 1915 appellandosi al re in persona, ottenne il grado di ufficiale osservatore nella Squadriglia Idrovolanti della Regia Marina. Partecipò a numerose azioni di ricognizione e bombardamento. Per tre volte fu abbattuto dai caccia nemici e recuperato fortunosamente in mare da nostri mezzi navali. A causa delle ferite riportate fu nuovamente trasferito al Comando Difesa marittima di Grado con un incarico sedentario. Dopo l’ evacuazione di quella città ottenne di entrare a far parte del Reggimento Marina, schierato a difesa della città di Venezia. In seguito fu sulla linea del fronte a Cortellazzo partecipando alla difesa del Basso Piave, aggregato alla Brigata del generale Ceccherini. Nel giugno 1916 per i suoi atti di valore ebbe una M.A.V.M. cui fecero seguito un Encomio Solenne e una Croce di Guerra al V.M. Il 3 novembre 1918 pilotò la nave Audace nel porto di Trieste, portandola ad ormeggiarsi al molo che ancora oggi ne tramanda il nome. Sbarcato tra i primi, si inginocchiò a baciare il suolo della sua città, finalmente riunita alla Patria. Congedato col grado di capitano, aderì al nascente movimento fascista partecipando alla Marcia su Roma. Nel 1929 fu costretto dalla crisi economica a chiudere il suo piccolo cantiere di Muggia, che aveva dovuto ricostruire da zero dopo le distruzioni apportate alla fine della Grande Guerra dagli austriaci in ritirata. Trovandosi in gravi ristrettezze economiche, all’ inizio degli anni ’30 si impiegò in qualità di interprete nella compagnia di bandiera italiana, mettendo a profitto dell’ Ala Littoria la sua perfetta conoscenza delle lingue straniere. Ormai settantenne, allo scoppio della guerra d’ Abissinia nel 1935 chiese di poter tornare in A.O.I. con qualsiasi incarico militare o civile, sottolineando la sua perfetta conoscenza dei luoghi e delle popolazioni (oltre alle lingue indigene parlava inglese, francese, tedesco, greco ed arabo). Nonostante ripetute perorazioni a Vittorio Emanuele III° e a Mussolini per partire volontario, l’ arruolamento gli fu definitivamente negato per motivi di età. Morì nel 1939 a Trieste rimpiangendo di non aver rivisto l’ Africa, forse convinto di aver fatto troppo poco per la grandezza dell’ Italia rispetto a suo padre.
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