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Discussione: Stalin contro i soldati-robot "Made in Usa".

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    Stalin contro i soldati-robot "Made in Usa".

    Nonostante che nel 1945 la vittoriosa conclusione della grande guerra patriottica contro il nazismo avesse fatto sperare alla maggior parte della popolazione dell’ Urss in una attenuazione del terrore poliziesco nel quale era stretta da più di un decennio, le cose si andarono sviluppando in senso decisamente contrario. Ciò era dovuto alla rapida involuzione dello stato di salute fisico e dell’ equilibrio psichico di Stalin. Il dittatore infatti, logorato dalla tensione accumulata nei lunghi anni di guerra, invecchiando dimostrò sempre maggior timore di perdere il controllo ferreo e totale sulla società sovietica, ottenuto solo a prezzo di un immane e continuo bagno di sangue che negli anni del terrore non risparmiò nessuna categoria, diventando generalizzato e – in una certa misura – casuale. Il secondo dopoguerra venne dunque caratterizzato dalla sfiducia generalizzata verso chiunque e dalla scoperta a getto continuo di nuovi complotti (si pensi al presunto complotto dei medici ebrei, che solo per la provvidenziale morte di Stalin non sfociò nella deportazione e nello sterminio di massa di tutti i cittadini sovietici di religione ebraica). Oltre al feroce antisemitismo, nel periodo senile il “Padre dei Popoli” mostrò la tendenza a credersi onnipotente e onniscente in ogni ambito scientifico, sociale e culturale. Considerando che parliamo di un rozzo e incolto ex- rapinatore di banche georgiano, la cosa non tardò ad avere effetti deleteri. Già fin dai grandi processi degli anni ’30 intere categorie di scenziati, ricercatori, tecnici e intellettuali erano state eliminate fisicamente o spedite nei Gulag con pretesti vari. Così per assurdo, gli unici in grado di lavorare liberamente in Urss elaborando teorie e sviluppando invenzioni senza limitazioni ideologiche di sorta, erano solo i detenuti. Infatti a causa della estrema necessità di alcune professionalità non rimpiazzabili, all’ interno della struttura concentrazionaria sovietica quanti tra i prigionieri riuscivano a sottrarsi al lavoro comune (che conduceva alla morte gli intellettuali in pochi mesi) grazie alle loro capacità utili allo stato venivano isolati in strutture protette della N.K.V.D. dette “saraske”, dove ben nutriti e alloggiati decorosamente, potevano lavorare indisturbati. Ospiti involontari di una “saraska” furono – in luoghi e tempi diversi – eminenti personalità, tra i quali l’ ingegnere Solgenytsin, il fisico nucleare Sacharov, il progettista aeronautico di origine italiana Bartini e il futuro capo del programma spaziale sovietico Korolev. Di fatto furono l’ appoggio o la critica da parte di Stalin ad una qualsiasi teoria o pratica scientifica a determinarne la sorte, come risulta dal caso Lysenko. Già dagli anni ’30 l’ ex- cekista ed ex- agronomo T. Lysenko aveva propagandato nell’ Urss le sue assurde teorie che mescolavano agronomia e biologia, anche grazie all’ eliminazione fisica degli illustri scenziati che vi si opponevano. Ma nell’ estate del 1948 ottenne da Stalin la pubblica condanna dei suoi avversari in nome di una presunta nuova genetica, fondata sui principi rivoluzionari. La biologia di Lysenko prevalse ideologicamente in quanto scienza “socialista” contrapposta alla scienza “borghese”, in quanto scienza “russa” maggiormente valida di quella “straniera”. I sostenitori della genetica classica, che nel resto del mondo si avviava ad una rapida espansione e a nuove scoperte furono zittiti, vilipesi, cacciati da istituti di ricerca e università (e spesso mandati in Gulag con l’ accusa di spionaggio a causa dei loro contatti professionali con scienziati stranieri). Il politicamente fedelissimo Lysenko, che affermava la validità nel mondo naturale dei concetti politici ed economici enunciati da Stalin, fu insignito del titolo di accademico. Ma l’ applicazione su larga scala dei suoi metodi per aumentare la produttività con fertilizzanti sperimentali, non fece altro che insterilire i terreni aggravando la crisi agricola. All’ inizio degli anni ’50 l’ ostilità di uno Stalin ormai senescente si volse anche contro la cibernetica, non riconosciuta come scienza in quanto di provenienza “capitalista”. Anche se già il piano quinquennale 1946/50 faceva un generico riferimento all’ importanza dell’ automazione nelle attività lavorative, richiamandosi alle direttive volte ad aumentare rapidità, precisione e continuità nelle linee di produzione, fu però negli Stati Uniti che a partire dal 1947 si svilupparono concretamente per la prima volta le ricerche sull’ applicazione in campo militare dei sistemi di automazione. Appare dunque evidente che l’ ostilità alla nuova disciplina era motivata solo dal fatto che l’ industria dell’ Unione Sovietica, agli albori della guerra fredda restava pericolosamente arretrata rispetto alla controparte americana. A sostegno della presa di posizione di Stalin oltre all’ enorme macchina propagandistica, si schierò compatta tutta l’ intellettualità sovietica. Ad esempio, in un articolo pubblicato nel 1952 sulla rivista “Technika-molodezi” intitolato “La cibernetica, o la nostalgia dei soldati meccanici” K. Gladkov accusava i capitalisti americani di voler fabbricare «una macchina antropomorfa in grado di spargere batteri mortali tra donne, bambini e anziani, distruggere con lo scoppio di una bomba atomica la popolazione di un’ intera città, essere l’ esecutore dei piani folli e vili di coloro che non amano l’ umanità». Nel 1953 a riaffermare la superiorità dell’ essere umano sulla macchina, contestando quelle che definva deliranti fantasie americane, fu tale B. E. Bychovskij col suo articolo “La meccanizzazione, uno strumento dell’ imperialismo” apparso sulla rivista “Nauka i zizn”. Dopo la morte del dittatore, l’ ostracismo decretato contro la cibernetica e gli altri settori di punta della scienza occidentale venne però rapidamente dimenticato, dato che esistevano interessi troppo forti del sistema militare-industriale per indulgere in tentazioni autarchiche. Non è un caso che quando agli scenziati sovietici fu permesso di lavorare più liberamente senza eccessive costrizioni ideologiche, servendosi delle conoscenze occidentali questi seppero colmare in tempi relativamente brevi il gap scientifico - tecnologico. Meno di dieci anni dopo la situazione si era completamente rovesciata e gli statunitensi, sgomenti di fronte alla superiorità russa nella cibernetica, l’ elettronica, la missilistica, ecc. furono costretti alla “grande rincorsa” voluta principalmente dal presidente Kennedy, che avrebbe avuto come effetto collaterale anche le imprese spaziali e lo sbarco dell’ uomo sulla luna.
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    SPIEGAZIONE DELLA VIGNETTA
    Salutati da una sentinella robotica sul presentat-arm (1) il capitalismo e il militarismo statunitensi (2) fanno il loro ingresso nella ditta “New Robot”, riveriti da scienziati in gallonate uniformi da lacchè (3) mentre un giornalista robot di “Voice of America” (*) fa la radiocronaca dell’ evento (4). All’ interno si aggirano un agente robot della C.I.A. e il suo cane, pronti ad arrestare ogni oppositore politico (5). In uno stand della malavita organizzata si offrono robot gangsters, scassinatori e sicari (6). Un esponente dell’ industria automobilistica americana e un capitalista dai tratti marcatamente giudaici tentano di rimettere in sesto un malandato robot nazista, simbolo del militarismo tedesco (7). Accanto a una cinepresa robot (, strumento della propaganda di Hollywood e a un robot razzista (9) in tunica e cappuccio del KKK con tanto di cappio e tanica di benzina, robot ubriachi guidano a rotta di collo una jeep militare sparando in aria (10). Un sergente istruttore (11) addestra tre soldati robot dotati di asce e coltellacci. Costoro hanno il monogramma dell’ U.S. Army sull’ elmetto e portano in spalla bombole contenenti il bacillo della peste (**). Alle loro spalle attendono tre robot poliziotti (12) dotati di scudi e manganelli. In una clinica due scenziati riparano un robot (14) mentre ad un altro (15) viene fatto il lavaggio del cervello.


    (*)
    La “Voice of America” era una emittente radiofonica creata dalla C.I.A. in Germania Ovest alla fine degli anni ‘40, allo scopo di fare controinformazione e disinformazione. Le sue trasmissioni in lingua straniera erano dirette non solo ai popoli dell’ Europa orientale, ma anche alle nazionalità dell’ Urss più ostili al regime sovietico, che ancora appoggiavano movimenti di resistenza anticomunista armata più o meno vasti (baltici, ucraini, musulmani caucasici, ecc) istigando alla ribellione e al sabotaggio. “Voice of America” fu popolarissima oltre la cortina di ferro sino alla metà degli anni ’50 quando la rivolta ungherese del 1956 fu repressa nel sangue senza che gli aiuti militari americani, sbandierati dall’ emittente si fossero materializzati. Solo allora le popolazioni dell’ est presero coscienza che gli Usa non avevano davvero interesse a scatenare una guerra per liberarli ma si limitavano a gestire il predominio nella loro zona di influenza, rispettando lo status quo sovietico. Per quanto sminuita dal chiaro interesse propagandistico americano e ridimensionata come fonte di notizie occidentali dalle trasmissioni in lingua straniera della BBC, ritenute oltrecortina più equilibrate e affidabili, la “Voice of America” sopravvisse continuando le sue trasmissioni fino agli anni ’90.

    (**)
    Nel secondo dopoguerra l’ Urss era una nazione a pezzi, con vaste zone del suo territorio devastate dalla guerra, una situazione agricola catastrofica e una industria concentrata sulle produzioni belliche. Le condizioni di vita della popolazione erano miserrime nonostante l’ immane quantità di beni e tecnologie predate nei paesi europei occupati e scarseggiava tutto, dal cibo ai medicinali, ai più semplici beni di consumo. In poche parole nonostante le potenziali ricchezze, l’ economia sovietica era a livello di un paese sottosviluppato e tale gap con l’ occidente sarebbe andato poi gradatamente aumentando fino al collasso degli anni ’80 che la perestroyka gorbacioviana non potè evitare. Il resto era solo propaganda. E la propaganda sovietica tra il 1945 e il 1954, non potendosi ammettere alcun fallimento sotto l’ illuminata guida di Stalin, fece perno sull’ idea che le ripetute carestie dovute ai magri raccolti (ma anche alle deliranti teorie dell’ accademico Lysenko) e le epidemie per denutrizione e mancanza di igiene, fossero dovute ai complotti americani. Secondo la vulgata costoro spargevano parassiti per danneggiare i raccolti, e bacilli per decimare la popolazione, così peste, colera, tifo e malaria, ma anche tbc e malattie veneree erano provocate artificiosamente dall’ America. Un aberrante ritorno paranoico alle superstizioni del medioevo europeo, quando carestie, pestilenze e decessi erano attribuiti agli ebrei, alle streghe o agli untori.

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