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Discussione: Una Mercedes in Nepal

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    Una Mercedes in Nepal

    Il Nepal, isolato fra le montagne al confine fra Tibet e India, era rimasto per secoli chiuso agli stranieri e la missione scientifica organizzata dal National Geographic nel 1948 fu in assoluto la prima spedizione occidentale nel piccolo paese asiatico. Naturalmente gli americani si aspettavano a ragione di trovare una società per molti versi arretrata e medioevale. Rimasero sgomenti quando una volta giunti a Kathmandu, vennero accolti cerimoniosamente dal re e nel cortile del palazzo reale videro una fiammante limousine Mercedes nera, col velluto rosso della tappezzeria finemente decorato da svastiche ricamate in oro (bisogna ricordare che nella religione buddista tale simbolo ha una valenza positiva raffigurando l’ energia creativa, similmente ad altri simboli arcaici della tradizione europea, quali la ruota solare e il sole delle alpi). Il monarca spiegò compiaciuto, che la vettura era un regalo di un tale Adolf Hitler, giuntagli una decina d’ anni prima dalla Germania insieme ad una lunga lettera nella quale il donatore si sperticava nel proclamare l’ eterna amicizia tra i due popoli in nome di presunte affinità spirituali. Si trattava di un piccolo tassello nella strategia di penetrazione strategica nel subcontinente indiano portata avanti dai nazisti grazie alle spedizioni scientifiche, archeologiche ed alpinistiche (avete presente il film “Sette anni in Tibet”?) sovvenzionate dalle SS. Al re del Nepal era sembrato un dono assai strano dato che nel suo regno non c’ era nessuno che sapesse guidare il complicato veicolo, non v’ erano strade su cui potesse muoversi e nemmeno benzina per riempirne il serbatoio (il massimo della modernità nel paese erano allora le lampade a petrolio e i fornelletti Primus importati dall’ India). Comunque a caval donato non si guarda in bocca, e il sovrano ricambiò a modo suo, inviando a Berlino una generica benedizione buddista su pergamena. All’ epoca – disse – gli parve brutto rifiutare la vettura, considerata la faticaccia fatta per portarla a braccia fin dalla frontiera indiana. Ma dato che nel 1945 da carovanieri di passaggio era giunta notizia che il caro amico Adolf aveva fatto una brutta fine, sua maestà si era convinto che l’ “orrendo, abominoso ordigno” portasse iella. Così quando per gli americani venne il momento di lasciare Kathmandu, pensò bene di regalare l’ automobile ai suoi nuovi amici, procurando loro anche i portatori che l’ avrebbero riportata a spalla fino in India. Alla partenza il re salutò gli esploratori con quelli che vennero poi definiti sulla rivista statunitense “ampie e benevolenti benedizioni” ma non mi stupirei fossero stati gesti apotropaici assimilabili al nostro mettersi una mano in tasca. Comunque dopo aver attraversato “a dorso d’ uomo” fiumi e montagne in situazioni alla Fitzcarraldo, la Mercedes giunse in India, dove fu rimontata e raggiunse felicemente la costa sulle sue ruote, venendo poi imbarcata su una nave diretta negli Usa col resto dei bagagli della spedizione. Ignoro se fu musealizzata o rimase nelle mani di qualcuno degli scenziati, certo già allora doveva avere un certo valore, figuriamoci oggi!
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