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Discussione: Bambini dell' italia meridionale deportati in russia

  1. #1
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    Bambini dell' italia meridionale deportati in russia

    Tra i molteplici temi affrontati della propaganda bellica della Repubblica Sociale Italiana, riferiti ai crimini di guerra e al malcostume portato nel nostro paese dagli invasori angloamericani (bombardamenti indiscriminati, distruzione di monumenti e opere d’ arte, asportazione di beni pubblici e privati, violenze carnali e prostituzione di massa, uccisione deliberata di civili e prigionieri, subordinazione del governo sabaudo cobelligerante alle autorità occupanti, perdita della sovranità nazionale, distruzione dell’ economia nazionale tramite l’ inflazione provocata dalle Am-Lire, cessione di territori, beni e naviglio allo straniero, istigazione alla guerra civile, collusione criminale con mafiosi e camorristi, diffusione esponenziale di mercato nero, fame e carestie) erano basati su fatti indiscutibilmente reali, accertati dagli storici odierni e ampiamente riportati da memorialisti e dalla stampa dell’ epoca. Certamente, gli argomenti erano distorti a fini propagandistici e analizzati secondo l’ ideologia patriottica (che secondo le autorità della R.S.I. avrebbe dovuto essere patrimonio comune di tutta la popolazione, ma di fatto coinvolgeva solo una piccola minoranza autenticamente fascista, venendo rigettata dalla speculare minoranza antifascista e lasciando indifferente una vastissima zona grigia del popolo italiano desideroso solo di sopravvivere al conflitto). Fanno eccezione due argomenti, controversi allora come adesso, che la maggior parte delle persone ritenevano allora e continuano a ritenere oggi delle falsificazioni totali non supportate da alcun elemento reale, in buona sostanza pure invenzioni della propaganda nazifascista. Si tratta delle presunte stilografiche esplosive, lanciate dagli aerei alleati per uccidere e mutilare specialmente i bambini, e della presunta deportazione in Russia di bambini meridionali perchè vi fossero educati al comunismo. Entrambi sono di una complessità e di una nebulosità tale da meritare una accurata e diffusa trattazione. Siccome la propaganda sulle penne esplosive però, non ebbe origine durante la R.S.I. ma iniziò ben prima, in periodo regio verso la fine del 1942, con l’ inizio dei bombardamenti di massa sulle città italiane ed ebbe grande diffusione anche con foto esplicite su giornali e riviste durante i 45 giorni di Badoglio, intendo in questa sede trattare solo la deportazione dei bambini italiani dei territori occupati. Dalla fine del 1943 e per buona parte del 1944 la “Deportazione dei bambini italiani nella terra dei senza Dio” riempì le pagine dei giornali della Repubblica Sociale Italiana, che la davano per certa, imminente o da poco iniziata, aggiungendo particolari di contorno destinati a rendere più verosimile la notizia e suscitare lo sdegno dell’ opinione pubblica. In particolar modo la campagna propagandistica era diretta verso i genitori di figli piccoli e i cattolici timorati. I bambini dell’ Italia meridionale e della Sicilia, strappati ai genitori dai soldati inglesi, sarebbero stati imbarcati su navi sovietiche nei nostri porti (una copertina de “La Domenica del Corriere” nomina specificamente Siracusa) e trasferiti via mare nell’ U.R.S.S. per esservi educati in istituti statali. Tutto ciò con l’ avallo o nel disinteresse del governo monarchico di Bari. L’ effetto ansiogeno era poi amplificato dal fatto che la propaganda sosteneva che la maggior parte dei bimbi “dai quattro ai quindici anni” sarebbe fatalmente morto di fame e di stenti in Russia e i sopravvissuti, educati all’ ateismo, sarebbero diventati strumenti dell’ oppressione staliniana. All’ argomento in quei mesi fu anche dedicata una vasta serie di manifesti, volantini e cartoline al fine di amplificarne il più possibile la diffusione. Il fatto era talmente grosso e sensazionalistico che, se vero almeno in parte, avrebbe dovuto suscitare delle reazioni. Invece antifascisti e alleati lo derubricarono subito a menzogna propagandistica nazifascista e le popolazioni dell’ Italia settentrionale lo giudicarono in genere un tentativo tedesco di controbilanciare le deportazioni in Germania – queste purtroppo vere e provate – di sempre più vaste categorie di italiani (internati militari, ebrei, antifascisti, manodopera coatta). Io stesso, parlandone con amici meridionali e con anziani che ricordavano gli avvenimenti di quel periodo per averlo vissuto in prima persona, ho riscontrato un diffuso scetticismo al riguardo. L’ opinione prevalente era che si trattasse di una falsificazione ispirata a fatti reali, come il trasferimento di bimbi (e della riserve auree dello stato repubblicano) nell’ U.R.S.S. durante la guerra civile spagnola e alle deportazioni di bambini nelle enclavi al confine con Jugoslavia e Bulgaria da parte dei guerriglieri comunisti in ritirata, durante la guerra civile greca iniziata nel 1944. Da pochi giorni però mi sono imbattuto nel primo documento “concreto” che dimostra l’ esistenza dietro la leggenda di un fatto reale e ben inquadrabile storicamente. Si tratta di un articolo apparso su La Riscossa (n° 8 del febbraio 1944), una pubblicazione antifascista diffusa nelle Marche tra il 1943 e il 1945. Nel testo, intitolato significativamente: “I Russi mangiano i bimbi”, l’ anonimo estensore ironizza pesantemente sulla suddetta campagna propagandistica della RSI dandoci però – forse involontariamente – precise informazioni sull’ origine di quel mito. Riguardo alle condizioni della popolazione civile nella Sicilia depredata di tutte le sue risorse alimentari dagli americani (e dai mafiosi loro alleati) leggiamo: «Il rappresentante del governo russo giunto laggiù, in vista delle desolanti condizioni di intere contrade affamate e prive di ogni conforto e a corto di medicinali, ha offerto di venire immediatamente in aiuto (…) istituendo alcune colonie di bimbi che verranno ospitati nelle provincie russe non toccate dalla guerra, ove potranno avere ottima assistenza ed abbondante vitto per almeno tutto il tempo che durerà il conflitto. Naturalmente l’ appartenenza alle colonie è volontaria, ed il viaggio verrà fatto su navi italiane, sulle quali potrebbero prender posto anche i parenti che intendono accompagnare i bambini affidati alla generosità russa». Dunque l’ offerta sovietica vi fu, se poi ebbe seguito o meno ai nostri fini è irrilevante. Certo la notizia circolò ampiamente e venne pubblicata sugli organi di stampa nel sud, se persino un foglio locale delle Marche relativamente distante dalla Sicilia, ne diede notizia. A questo punto possiamo ragionevolmente ipotizzare che venne riportata al nord da uno dei tanti giovani volontari della R.S.I. che si infiltravano oltre le linee del fronte per conto di centri spionistici come il SID, le Volpi Argentate, gli NP della X^ M.A.S. o il Kommando Kora. Costoro infatti oltre alle notizie di carattere specificamente militare, raccoglievano durante il loro soggiorno nei territori occupati dagli angloamericani manifesti, volantini e giornali, memorizzando anche situazioni e scene di vita quotidiana della popolazione, che poi sarebbero state utilizzate – debitamente gonfiate – dalla macchina propagandistica di Salò.
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    Ma ritornando alla nostra fonte, cioè all’ articolo di La Riscossa, è necessario spiegare brevemente la presenza di un rappresentante diplomatico dell’ U.R.S.S. in Sicilia. Già nei primissimi giorni dopo la fuga a Bari Pietro Badoglio vide crollare le sue speranze di essere accolto nel consesso dei vincitori come “quarto grande” alla pari con Churchill, Roosvelt e Stalin. L’ ottuagenario Maresciallo d’ Italia aveva suscitato l’ ilarità generale dichiarandosi disposto a impartire lezioni di strategia allo stesso Eisenhower. Considerato che la fallimentare condotta del rovesciamento di fronte lo aveva privato della sovranità sulla maggior parte del territorio e l’ esercito regio si era sciolto come neve al sole, ormai agli alleati – che definivano apertamente l’ armistizio firmato a Cassibile “a crooked deal” ovvero uno sporco imbroglio – il Marchese del Sabotino e il suo sodale Vittorio Emanuele non servivano più e li avrebbero volentieri gettati a mare. Anche se la rapida reazione tedesca nel centro-nord della penisola aveva impedito il verificarsi dell’ ipotesi migliore (l’ occupazione totale dell’ Italia sino al Brennero per portare la linea di combattimento alla frontiera meridionale del Reich), gli invasori angloamericani si erano comunque impadroniti senza colpo ferire della flotta italiana consegnatasi a Malta, controllavano gli aeroporti pugliesi, dai quali era possibile bombardare in profondità il territorio nordorientale della Germania e gran parte dei paesi balcanici (cosa fino ad allora impossibile) e avevano oltretutto a disposizione una enorme quantità di manovalanza gratuita civili e militari italiani definiti senza perifrasi “slave labour” da impiegare nei lavori pesanti delle retrovie sotto la sferza delle truppe di colore. Da che mondo è mondo il traditore serve solo finchè il tradimento è compiuto, dunque ai fuggiaschi del 10 settembre era riservato solo il disprezzo dei nuovi padroni, tantopiù che sia il re che il suo primo ministro si erano guardati bene dal dichiarare guerra al Reich, illudendosi di rientrare a Roma in pochi giorni al seguito delle baionette americane. In pratica si illudevano di poter vincere la guerra senza parteciparvi, anche perché lo strumento militare italiano era ormai virtualmente dissolto. Di fatto passò oltre un mese prima che vi fosse – su pressione degli alleati – una tragicomica dichiarazione di guerra (dato che il Reich aveva tagliato tutti i rapporti con le ambasciate regie dei paesi neutrali, un giovane attachè della legazione italiana infilò di soppiatto il documento in tasca a un diplomatico dell’ ambasciata germanica in Spagna, in una strada affollata di Madrid. Letto il foglio e resosi conto di cosa si trattava, il tedesco tentò di restituirlo, l’ italiano a sua volta glielo rimise in mano e ne nacque una furiosa scazzottata sedata solo dall’ arrivo dalla polizia) ma a quel punto i nazisti avevano già potuto del tutto legalmente, trattare i pochi reparti militari italiani decisi a resistere, come franchi tiratori (Cefalonia docet). Il popolo italiano, disprezzato dagli alleati come nemico nei quattro lunghi anni di guerra, era a maggior ragione disprezzato dopo la resa e gli angloamericani, affatto disposti a mitigare il rigore punitivo dell’ armistizio o a lenire le sofferenze dei civili, non intendevano dapprincipio riconoscerne un governo. Eravamo ufficialmente diventati un popolo di schiavi. Badoglio allora, vistosi con le spalle al muro, cercò di bypassare l’ ostilità degli occupanti, rivolgendosi all’ unica potenza che ancora non aveva truppe sul nostro suolo, l’ Unione Sovietica. Scrisse a Stalin promettendogli un trattato di amicizia dopo la guerra e basi militari permanenti nel mediterraneo. Lo scambio di rappresentanti diplomatici tra i due paesi e la successiva riapertura delle ambasciate, furono il primo passo per una pesante infiltrazione del comunismo nell’ Italia meridionale, in seguito al rientro in patria di Ercole Ercoli (Palmiro Togliatti) e numerosi altri rivoluzionari professionali, che monopolizzarono politicamente l’ attività partigiana imonendovi metodi terroristici ispirati alla lotta di classe. Questa evoluzione risultò politicamente sgradita agli alleati occidentali (particolarmente agli inglesi) che ormai consideravano la penisola come parte della loro sfera d’ influenza. Comunque alla fine Badoglio ottenne obtorto collo un qualche riconoscimento del suo governo sotto l’ ambigua formula della cobelligeranza e la presenza militare sovietica si limitò a sporadiche visite di ufficiali dell’ Armata Rossa sul fronte italiano, alla presenza nei nostri porti di qualche nave mercantile e (dal giugno 1944) una squadriglia di caccia YAK 9 basata a Bari, che operò sulla jugoslavia inquadrata nella Balkan Air Force, a supporto delle truppe di Tito.
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    Particolare curioso: nel 1944/45 vi furono ripetuti contatti tra il Maresciallo Messe, capo dell’ esercito regio cobelligerante ed ex- comandante dell’ A.R.M.I.R. e l’ ambasciata italiana a Mosca per costituire un raggruppamento di volontari da reclutarsi fra i prigionieri italiani ancora trattenuti in Russia, come fatto con i polacchi del generale Anders. Si progettava di costituire almeno tre divisioni al comando dei generali italiani prigionieri (Battisti, Ricagno e Pascolini). Le G.U. armate ed equipaggiate dall’ Armata Rossa avrebbero seguito l’ avanzata russa nei balcani e in territorio jugoslavo, per attraversare l’ Adriatico unendosi poi ai Gruppi di Combattimento italiani. Il progetto non era troppo sgradito a Stalin, anche per motivi propagandistici, ma non andò in porto soprattutto per l’ opposizione degli inglesi. Costoro ben conoscevano le bestiali sevizie cui erano stati sottoposti per lunghi anni i nostri prigionieri in Russia e temevano che, una volta tornati in Italia e sfuggiti al controllo dei sovietici, i reduci avrebbero raccontato la verità diffondendo nell’ opinione pubblica sentimenti anti-alleati, fomentando la ribellione in seno alle truppe cobelligeranti o peggio ancora disertando in massa nella Repubblica Sociale Italiana. In pratica, secondo lo S.M. inglese, i prigionieri andati a combattere i russi con lo C.S.I.R. e l’ A.R.M.I.R. nel 1941/42 erano fascisti e – soprattutto gli ufficiali – tali rimanevano a dispetto della rieducazione ideologica. Se erano sopravvissuti al piombo, al freddo, alla fame, al tifo vuol dire che erano ormai temprati e decisi a non cedere davanti ai carcerieri russi e ai fuoriusciti politici italiani incaricati di “rieducarli”. Figurarsi se avrebbero accettato di diventare il docile strumento degli angloamericani. L’ odio anti-russo si sarebbe tramutato in odio contro gli inglesi e gli americani, che con i loro aiuti materiali avevano permesso al regime sovietico di resistere nei primi anni del conflitto. Anche se cinica, l’ osservazione non era senza fondamento, tanto più che l’ 8^ Armata Britannica aveva visto molte volte fin troppo da vicino le violente reazioni (in molti casi anche facendo uso delle armi) dei soldati polacchi di Anders contro le popolazioni italiane liberate che inneggiavano al comunismo staliniano e pensavano alla Russia come un paradiso in terra. Figurarsi allora cosa avrebbero combinato i nostri alpini reduci dal campo-mattatoio di Tambov…
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  2. #2
    Moderatore L'avatar di Paolo Marzetti
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    Ho letto tutto con attenzione ma francamente il tutto mi pare fantascientifico e la propaganda ha sempre un mandante, non solo quella fascista, ma anche quella nazista, quella sovietica e quella degli Alleati.In una guerra come la seconda,si fa' fatica a riconoscere chi e' il buono o il cattivo.Si riconoscono facilmente chi sono stati i delinquenti che hanno martirizzato le popolazioni civili,che hanno provocato morti innocenti e distruzioni del tutto inutili cercando di tappezzare il nemico di menzogne.Di piu' non mi sento di dire.PaoloM

  3. #3
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Il fulcro della discussione non è attribuire responsabilità, che sono ben evidenti - e comunque non sarebbe questa la sede adatta - la cosa storicamente importante è che la propaganda in merito, ritenuta totalmente priva di fondamento, aveva invece una origine reale seppur distorta ai fini propagandistici di Salò, cioè la proposta russa riportata su "La Riscossa". Che poi non abbia avuto seguito è un altro paio di maniche. Tutto qui.

  4. #4
    Utente registrato L'avatar di Armata Sarda
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    Che la monarchia italiana fosse asservita a Stalin non ha alcun fondamento. Era semplicemente pratica propaganda. Utile leggere i diari di Puntoni, Campello e Lucifero per capire meglio. Del resto la propaganda RSI per lo più ricamava su facili sciocchezze al tempo non verificabili.
    Le imbecillità in Italia fanno sempre rumore. (Indro Montanelli)

  5. #5
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Certo che era propaganda, ma si basava su un fatto oggettivo, la visita in Sicilia dell' ambasciatore russo, come riportato da "La Riscossa".

  6. #6
    Utente registrato L'avatar di Armata Sarda
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    Bhe era inevitabile, semplice fatto diplomatico spacciato per suddistanza. Il fondamento proprio non c'era. Del resto, a Gargnano si riceva l'ambasciatore del burlesco Manciukuò ed altri simili! =)
    Le imbecillità in Italia fanno sempre rumore. (Indro Montanelli)

  7. #7
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Citazione Originariamente Scritto da Armata Sarda Visualizza Messaggio
    Bhe era inevitabile, semplice fatto diplomatico spacciato per suddistanza. Il fondamento proprio non c'era. Del resto, a Gargnano si riceva l'ambasciatore del burlesco Manciukuò ed altri simili! =)
    Forse il Manciukuò era più affidabile della RSI, se non altro il suo territorio rimase territorialmente integro sino all' estate del 1945...

  8. #8
    Utente registrato L'avatar di Armata Sarda
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