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Discussione: P.O.W. americani rientrati negli Stati Uniti

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    P.O.W. americani rientrati negli Stati Uniti

    Gli oltre quattromila prigionieri di guerra americani liberati nel ciorso dell' Operazione Big Switch ufficialmente vennero festeggiati come eroi al rientro in patria – molti di loro furono anche decorati per meriti militari – ma nonostante tutto rimasero per oltre un decennio segretamente nel mirino degli organi di sicurezza e controspionaggio come potenziali bombe ideologiche inserite nel tessuto sociale degli Usa. In tre anni di dura prigionia avevano subito il continuo e martellante tentativo di “rieducazione ideologica” da parte di esperti sovietici, cinesi e nordcoreani. Il metodo, consistente in un mix di tortura, propaganda, stress psico-fisico e trattamenti farmacologici era volto ad annullare la volontà dell’ individuo facendone l’ ubbidiente marionetta dei suoi carcerieri. Apparentemente avevano resistito, ma come esserne certi? Le autorità militari iniziarono a diffidarne sottoponendoli a sedute di “deprogrammazione” sotto la supervisione di alcuni tra i migliori psicologi del mondo occidentale. L’ America era in quegli anni in pieno maccartismo e viveva la sindrome da accerchiamento da parte del comunismo mondiale, risultò quindi naturale il crearsi di un sentimento sotterraneo di sospetto contro gli ex-prigionieri, per quanto lealmente ed eroicamente si fossero comportati in guerra. I militari di carriera, specie gli ufficiali, furono scoraggiati dal continuare a prestare servizio attivo. Coloro che nonostante tutto rimasero in uniforme ebbero la carriera compromessa, avanzamenti negati e dovettero sottostare a continui trasferimenti con incarichi in sottordine, lontano da ogni installazione strategica. La gran parte dei soldati faticò a reinserirsi nella vita civile. Scoprirono a loro spese che l’ essere stati prigionieri di guerra in Corea non soltanto “non faceva curriculum” ma era anche più dannoso dell’ appartenenza al Partito Comunista Americano. Per almeno un decennio furono loro preclusi per motivi di sicurezza nazionale gli impieghi in ambito militare, federale, statale, nelle amministrazioni e forze di polizie locali, nelle industrie strategiche e nelle grandi multinazionali. Tenuti al margine della società come possibili spie o terroristi “dormienti” erano spesso controllati dall’ F.B.I. insieme a tutti i loro parenti. Indipendentemente dall’ esito della guerra di Corea la grande vittoria comunista fu proprio l’ aver instillato nella società capitalista statunitense, che si faceva un vanto della sua libertà, la leggenda metropolitana del “lavaggio del cervello” e una strisciante diffidenza verso gli ex- prigionieri nonostante il marcato anticomunismo della maggior parte di loro. Tale stato di fatto si esplicitò anche nel cinema hollywoodiano con pellicole come “Il candidato Manciuriano” con Frank Sinatra e “Non sono una spia” con Ernst Borgnine. La situazione si normalizzò solo alla fine degli anni ’60 quando vari presidenti U.S.A. e le più alte autorità militari americane ringraziarono pubblicamente in più occasioni gli ex- P.O.W. per i duri sacrifici sopportati in prigionia e per il loro patriottismo.
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