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Discussione: Padre Du, sacerdote domenicano e combattente anticomunista

  1. #1
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Padre Du, sacerdote domenicano e combattente anticomunista

    Non è raro che talvolta le dure necessità della guerra facciano emergere negli individui insospettate abilità, mettendo in luce particolari aspetti della personalità umana, destinati altrimenti a restare sepolti o latenti. Tale fu il destino di Nguyen Huu Du, un mite sacerdote domenicano sudvietnamita divenuto capo di una milizia personale forte di oltre 500 volontari. Questo “colonnello Kurtz” in tonaca, chiamato semplicemente padre Du dai suoi parrocchiani ma soprannominato “il diavolo bianco” da vietcong e americani per il colore della sua veste, si impegnò in una strenua lotta contro la guerriglia comunista, con risultati sorprendenti, tanto da essere l’ unico sacerdote cattolico sulla cui testa i vietcong abbiano mai posto una taglia come criminale di guerra. Nato nel 1922 da famiglia benestante in un villaggio vicino Saigon, nell’ allora Indocina francese, fu mandato giovanissimo in un collegio in Francia. Terminati gli studi assecondò la propria vocazione religiosa ed entrò in seminario, venendo ordinato sacerdote domenicano. Rientrò in patria solo all’ inizio degli anni ’50, nel pieno della guerra tra l’ esercito francese e il Vietminh. In base agli accordi di Parigi che seguirono la disfatta francese a Dien Bien Phu, nel 1954 fu riconosciuta l’ esistenza di due stati vietnamiti, il nord comunista guidato da Ho Chi Min e il sud capitalista, sostenuto dagli aiuti economici americani. Un gran numero di profughi anticomunisti si riversò dal nord al sud, tanto da diventare un problema per il debole governo di Saigon. Alla fine le autorità suddivisero i nuovi arrivati tra le varie province, provvedendoli di sementi, bestiame e denaro affinchè potessero integrarsi nel sud vietnam e dar vita a nuovi insediamenti agricoli. A un gruppo di oltre 6.000 profughi proveniente dalle campagne vicino Hanoi fu assegnato del terreno risicolo nella provincia di Cao Xun, a circa 50 km. da Saigon e nacque così Cao Xa, unico villaggio cattolico in una provincia dove la maggioranza della popolazione professava la religione caodaista (il Cao Dai era un culto sincretista sviluppatosi durante la dominazione francese e professato da oltre mezzo milione di vietnamiti, caratterizzato dalla venerazione come santi di Cristo, Budda, Giovanna d’ Arco, Victor Hugo e Sun Yat Sen). Giunto a Cao Xa come parroco nel 1954, padre Du cominciò a lavorare con entusiasmo. Improvvisatosi architetto e capomastro, con l’ aiuto dei parrocchiani edificò la chiesa (aperta al culto nel 1955) e il campanile. Poi sorse la scuola e il sacerdote vi fece anche funzioni di maestro. Il passo successivo fu sostituire le capanne di fango e paglia del con più decorose casette di legno, mentre il villaggio prosperava grazie al lavoro nelle risaie. Quando poco dopo iniziò la guerriglia e i vietcong presero a scorrere le campagne uccidendo capi villaggio e funzionari governativi, requisendo i raccolti e arruolando a forza i giovani, il sacerdote si rese conto che condizione indispensabile per curare le anime dei propri fedeli era di mantenerli in vita. Inviò dunque i suoi parrocchiani nelle zone dove si erano svolti combattimenti a raccogliere armi e munizioni rimaste sul terreno, altre ne ottenne da ufficiali cattolici dell’ ARVN o comprandole al mercato nero. Quando vi furono abbastanza fucili, iniziò ad addestrare militarmente tutta la popolazione. Contemporaneamente si diede ad apprestare a difesa Cao Xa. Ispirandosi alle città murate del medioevo europeo, circondò il perimetro del villaggio con una doppia linea di filo spinato difesa da caposaldi dotati di armi pesanti, cui in seguito si aggiunsero campi minati e una profonda fossa anticarro. Fulcro del dispositivo di difesa era il campanile, sulla cui sommità erano piazzate mitragliatrici pesanti e una sirena per dare l’ allarme in caso di incursione nemica. A turno metà della popolazione avrebbe lavorato nelle risaie, mentre l’ altra metà avrebbe vegliato in armi, pattugliando i dintorni. Quando all’ inizio degli anni ’60 il governo sudvietnamita decise di istituire una rete di villaggi fortificati per togliere sostegno ai vietcong e proteggere i contadini, le misure di sicurezza decise dagli strateghi militari erano già state prese autonomamente a Cao Xa per iniziativa personale di padre Du. Il sacerdote accettò di entrare a far parte della rete governativa in cambio di aiuti economici, armi, qualche autocarro GMC residuato bellico e una radio per chiedere rinforzi se necessario. Accettò anche la presenza simbolica di un centinaio di soldati dell’ ARVN, per mostrare la bandiera giallo-rossa del Vietnam del Sud. Ma a scanso di equivoci precisò subito che i governativi erano solo graditi ospiti, a comandare a Cao Xa sarebbe stato solo lui e a sobbarcarsi l’ onere della difesa la sua milizia cattolica. Con un trattato di alleanza personale simile a quello stabilito tra la X^ MAS e il governo del Reich, padre Du divenne quindi capo politico e comandante militare della sua gente, con larghissima autonomia e buoni risultati, dato che riuscì ripetutamente a respingere gli attacchi dei vietcong. Dopo la crisi seguita al golpe militare del 1963 e all’ uccisione del presidente Diem, nella rete dei seimila villaggi protetti (ed altri duemila erano in via di realizzazione) vivevano oltre otto milioni di sudvietnamiti. Con l’ intervento militare americano il tutto passò sotto il controllo diretto dei “Berretti Verdi” nell’ ambito del programma CIDG. Padre Du trovò subito un accordo con i nuovi alleati, anche perché l’ importanza strategica di Cao Xa, ai margini della strada nazionale che da Saigon porta in Cambogia, era molto aumentata dopo la costruzione della grande base militare americana di Thai Ninh, a solo dieci chilometri di distanza. Grazie agli aiuti militari e ai dollari americani entro il 1965 le baracche di legno furono sostituite da casette in muratura dotate di bunker in cemento per resistere a un assedio. Sorsero una scuola media, un ospedale militare, una infermeria per i civili, una caserma per l’ ARVN e una per la milizia, un bar (con bibite rigorosamente analcoliche, ping pong e calcio balilla), depositi di carburante, cibo e materiali, camminamenti protetti, armerie sotterranee per armi e munizioni sotto ogni edificio pubblico e privato, un sistema di altoparlanti e riflettori. La volta della chiesa fu rinforzata con travature di legno e sacchetti di sabbia, per resistere ai colpi di mortaio. Fu asfaltata la strada principale del villaggio, chiamata Viale dei Martiri, sulla quale in cima a una colonna torreggiava una statua del Cristo. Anche il benessere economico della popolazione crebbe: moto e lambrette divennero i più diffusi mezzi di trasporto, soppiantando le biciclette, i negozi si riempirono di ogni genere di prodotti asiatici e americani, oltre alle solite razioni C, approvvigionate a borsa nera. Nel frattempo padre Du delegò l’ assistenza religiosa a due confratelli, il domenicano Joseph Koah e il sacerdote laico Jean Bayat Joan, dedicandosi a tempo pieno alle questioni militari, tanto che per i suoi parrocchiani divenne ormai “il generale”. La grande notorietà gli venne dall’ offensiva del Tet nel gennaio 1968. In quella occasione tre volte i vietcong penetrarono la linea di difesa e per tre volte ne furono ricacciati con furiosi combattimenti casa per casa. Quello di Cao Xa fu l’ unico villaggio fortificato della zona di Saigon a non cadere in mano al nemico. Cominciarono così le visite ufficiali: politici vietnamiti, generali americani, giornalisti stranieri, persino il Nunzio Apostolico, preoccupato da quello strano tipo di parroco, che ogni notte usciva di pattuglia armi alla mano per spedire all’ altro mondo i guerriglieri, mentre il clero cattolico vietnamita giocava la carta della “pacifica convivenza” coi comunisti. Nonostante che in quelle occasioni padre Du fosse costretto a smettere il suo abbigliamento abituale (ray-ban e mimetica) per recitare la parte del mite e inoffensivo missionario in tonaca, la sua vera personalità spuntava fuori quando sosteneva che per un cattolico fosse auspicabile non fare prigionieri, piuttosto che consegnarli agli interrogatori (e alle torture) degli americani, o quando con la scusa di portare in ospedale un bambino malato, si recava nella capitale per fare incetta di armi e munizioni al mercato nero. Padre Du continuò fino all’ ultimo a guidare in battaglia i suoi parrocchiani, trovando anche il tempo di scrivere per la contro-propaganda e parlare da Radio Saigon. Il villaggio fortificato di Cao Xa resistette fino all’ aprile 1975, un mese prima della caduta di Saigon, riportando una media di venti caduti all’ anno. La milizia di autodifesa cattolica, a parte i contadini armati in casi di emergenza, era formata da una forza stabile di oltre 500 volontari, uomini e donne, tra i 14 e i 50 anni. Vestivano uniformi “tiger stripes” ed elmetti a chiazze verde-nero col simbolo tattico (un punto bianco al centro di un cerchio bianco, simboleggiante il campo trincerato con la chiesa al centro). Sulla loro sorte dopo il maggio 1975 non c’ è da farsi illusioni. Non a caso l’ emblema del reparto erano le due sorelle Tung, eroine nazionali vietnamite del quattrocento dopo Cristo che oppostesi con le armi agli invasori cinesi, pur di non cadere prigioniere si tolsero la vita.
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  2. #2
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    Grazie per la condivisione di questa "storia" molto particolare.
    sven hassel
    duri a morire

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