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Discussione: Alfa Romeo "Gazzella" (1944/45)

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    Alfa Romeo "Gazzella" (1944/45)

    Durante la 2^ guerra mondiale l’ Alfa Romeo fu impegnata nella produzione bellica, realizzando motori d’ aereo, autocarri medi e autovetture, giungendo al suo apice a dare lavoro ad oltre 9500 operai. Dopo i primi pesanti bombardamenti alleati su Milano (24/10/1942) e Torino (19/11/1942) il direttore, ing. Ugo Gobbato (1888-1945) e il responsabile del servizio studi speciali e sovrintendente ai servizi di progettazione, ing. Wilfredo Pelayo Ricart y Medina (1897-1974) decisero lo sfollamento del personale dei progetti speciali, della progettazione e sperimentazione sul lago d’ Orta, a nord di Milano. Il 4 gennaio 1943 i tecnici, sistemate le loro famiglie all’ Albergo Belvedere di Orta, iniziarono a lavorare nel vicino centro sperimentale di Armeno, dove erano stati trasferiti attrezzature e componenti per un nuovo motore aeronautico sovralimentato ideato da Ricart, denominato progetto 1101. Contemporaneamente, le auto da corsa Alfetta e 512, che avrebbero dovuto essere demolite per recuperarne i materiali, furono segretamente conservate in un nascondiglio sotterraneo messo a disposizione da un privato. Il 14 febbraio 1943, la fabbrica del Portello venne gravemente danneggiata da un bombardamento, ma pur fra enormi difficoltà, gli studi sul motore 1101 andarono avanti sino all’ 8 settembre 1943. Dopo tale data, Gobbato rimase alla guida dell’ azienda, ormai posta sotto il controllo militare tedesco, ritenendo suo dovere salvaguardarne gli impianti e il personale per contribuire alla rinascita postbellica dell’ Italia. In ciò fu validamente coadiuvato da Ricart, che tentò di mantenere unito il suo gruppo difendendolo dalle incursioni di partigiani, fascisti e tedeschi e recandosi mensilmente da Orta alla direzione del personale al Portello per vidimare lasciapassare e tessere annonarie per i tecnici e le loro famiglie, con grandi rischi personali. Già all’ inizio del 1944 lo sviluppo del motore 1101, che andava troppo per le lunghe, fu considerato non prioritario dai tedeschi e abbandonato. Gobbato e Ricart, per evitare lo smembramento del servizio studi speciali e il trasferimento in Germania dei progettisti, diedero vita al progetto di una innovativa autovettura conosciuta con la sigla 6C 2000 o col nome Gazzella, che a giudizio di chi vi lavorò precorreva i tempi di almeno trent’ anni. Il 18 giugno 1944 un gruppo di partigiani locali diede alle fiamme i baraccamenti Alfa Romeo di Armeno provocando danni gravissimi e solo una piccola parte del materiale potè essere recuperata. A quel punto, lasciate le famiglie a Orta per sicurezza, il personale rientrò a Milano, accampandosi in un monastero a pochi centinaia di metri di distanza dal Portello, riprendendo gli studi sulla Gazzella, nonostante il bombardamento del 20 ottobre 1944 che distrusse quasi completamente la fabbrica. In qualche modo si continuò a lavorare, nonostante il crescente timore del futuro. Wilfredo Ricart, già vicesindaco di Barcellona e tenente della riserva nell’ aeronautica franchista era giunto in Italia nel 1936. Alla scadenza del contratto con l’ Alfa Romeo, il 31 marzo 1945 fece ritorno in Spagna con tutta la famiglia (genitori, moglie e tre figli) su uno degli ultimi voli di linea dell’ Ala Littoria repubblichina. Nel dopoguerra lavorò alla Hispano-Suiza, alla Pegaso ed alla Seat. Ugo Gobbato, ex- dirigente Fiat giunto ai vertici dell’ Alfa Romeo dopo la nazionalizzazione dell’ azienda da parte dell’ I.R.I. nel 1933 e da sempre in buoni rapporti con il regime e le autorità militari, ebbe sorte peggiore. Continuò a lavorare sino all’ ultimo giorno ritenendo di avere la coscienza a posto, avendo salvato per quanto possibile un importante patrimonio dell’ industria nazionale, ma già dal 25 aprile 1945 si levarono contro di lui accuse di collaborazionismo e complicità coi nazisti. Il 27 aprile per ben due volte fu trascinato davanti a un improvvisato tribunale del popolo da due diversi gruppi armati, e per due volte assolto e rimesso in libertà. La mattina del 28 aprile 1945 mentre si recava al lavoro al Portello, fu trucidato nei pressi della sua abitazione da due uomini armati scesi da una Lancia Augusta di colore blu. Quantunque i componenti del gruppo di fuoco fossero stati riconosciuti, non vennero mai arrestati. Dopo la scomparsa dei due maggiori responsabili, i lavori sulla Gazzella continuarono per forza d’ inerzia durante i mesi successivi, sotto la direzione dei progettisti Bruno Trevisan e Luigi Fusi. Nel luglio 1945 il motore arrivò al banco di prova, e in ottobre iniziarono le prove del primo esemplare completato. Nonostante si trattasse di una autovettura tecnicamente all’ avanguardia ed assai più abbordabile per il vasto pubblico del secondo dopoguerra delle lussuose ed elitarie fuoriserie prebelliche, i fiduciari del C.L.N. ai vertici dell’ Alfa Romeo la giudicarono “non recuperabile per la produzione” decretando la fine del programma e senza far nemmeno farli uscire dalla fabbrica avviarono alla demolizione i primi prototipi per le prove su strada. Forse si ritenne più economico immettere sul mercato la “Freccia d’ oro” e la Touring 6C 2500 S, che seppur rinnovate nell’ estetica erano basate sulla vecchia meccanica delle 6C 2500 anteguerra, ma è assai probabile che sia stata una scelta ideologica. Col “fascista” Gobbato morto ammazzato e il “franchista” Ricart fuggito in Spagna, a quel punto la Gazzella era ormai una figlia di nessuno, dunque sacrificabile alla ragion politica.
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    La Alfa Romeo Gazzella 6C 2000 era una berlina compatta a quattro porte, dalla linea aerodinamica ispirata alle realizzazioni tedesche fine anni ’30 / inizio anni ’40. Si trattava di una vettura media con passo di 2770 mm, un modesto bagagliaio e un confortevole abitacolo per quattro viaggiatori. Il motore a 6 cilindri di 1953 cm cubici dava 85 CV a 5500 giri/minuto corrispondenti a 43,5 CV/ litro. Carburatore a doppio corpo, trasmissione idraulica, frizione elettromagnetica, sospensione posteriore indipendente, barre di torsione trasversali anteriori e posteriori. Il suo cambio a quattro velocità in blocco col differenziale fu poi adottato praticamente uguale trent’ anni dopo, nell’ Alfetta (1973) e nella Giulietta (1977).
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    "Chissà a quale di questi alberi ci impiccheranno..."

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