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Discussione: Automezzi distrutti e propaganda italiana

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    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
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    Automezzi distrutti e propaganda italiana

    Dopo la battaglia di Guadalajara le immagini dei camion italiani distrutti dai carri armati russi lungo la Carrettera de Francia furono ampiamente diffuse, avvalorando nell’ opinione pubblica mondiale l’ impressione che la disfatta subita dai legionari fosse in realtà ben più ampia di quanto dichiarato dalle fonti ufficiali e dando un grave colpo al mito dell’ invincibilità delle FF.AA. fasciste, costruito dalla propaganda mussoliniana durante e dopo la guerra d’ Abissinia. Ciò ebbe gravissime ripercussioni sull’ immagine dell’ Italia come potenza militare europea, rendendoci anche agli occhi di Franco degli alleati “di serie b” rispetto ai tedeschi, nonostante da parte del C.T.V. il supporto in materiali e uomini alla causa degli insorti fosse stato sin dall’ inizio assai maggiore rispetto alla Legione Condor germanica, che essenzialmente era in Spagna solo per sperimentare nuove armi (aerei e carri armati) e nuove teorie belliche (il Blitzkrieg) da applicare nella futura guerra europea. Da allora il Minculpop emanò severissime direttive che vietavano praticamente ovunque la pubblicazione di fotografie raffiguranti: soldati italiani morti o prigionieri specie se identificabili, nostro materiale bellico distrutto o catturato dal nemico, situazioni lesive dell’ onore militare e della dignità nazionale. Foto di feriti e mutilati potevano essere pubblicate raramente e solo per mostrarne serenità e coraggio virile (ovvero venivano pubblicate solo quelle costruite a tavolino dalla propaganda ufficiale). Tali norme rimasero in vigore anche durante la 2^ guerra mondiale, anzi furono applicate teoricamente in maniera anche più rigorosa. Col procedere del conflitto però, specialmente i nuclei fotografici del LUCE e i corrispondenti di guerra dai vari fronti, che rischiavano la vita quotidianamente per documentare i combattimenti, cercarono di eludere in vari modi i dettami della censura politica (quella militare era inevitabile) in parte per spirito di fronda, ma soprattutto per vedere sfruttate al massimo le immagini che avventurosamente riuscivano a far giungere in patria. Un esempio tipico è quello dei mezzi distrutti: i nostri ufficialmente non potevano essere pubblicati, perché i lettori di riviste e quotidiani li associavano all’ idea di sconfitta ma, bastava indicarli nelle didascalie come veicoli nemici e la foto otteneva miracolosamente il visto di pubblicazione. Se il trucchetto poteva anche passare per foto provenienti dal fronte africano dove i reparti dell’ asse impiegavano estesamente mezzi di preda bellica, l’ ottusità dei censori arrivava a dare il via libera a foto di mezzi chiaramente di produzione nazionale, perfino con targhe del Regio Esercito o scritte in italiano. A parte la fascia di pubblico più ingenua e incolta, il resto dei lettori (non necessariamente antifascisti) guardando quelle immagini sapeva benissimo di cosa si trattasse e quale ne fosse il significato profondo seppure non esplicitato: a bordo di quei veicoli erano morti dei soldati italiani!
    LE DUE IMMAGINI POSTATE VENNERO PUBBLICATE IN ORIGINE NEL 1942 CON DIDASCALIE CHE INDICAVANO GLI AUTOMEZZI (DI MODELLO E NAZIONALITA’ BEN RICONOSCIBILE) COME VEICOLI SOVIETICI DISTRUTTI IN COMBATTIMENTO DALLE TRUPPE ITALIANE.
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    "Chissà a quale di questi alberi ci impiccheranno..."

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