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Discussione: Andrés Aguyar, un garibaldino di colore nella Repubblica Romana

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    Andrés Aguyar, un garibaldino di colore nella Repubblica Romana

    Andrés Aguyar, a.k.a. Andrea Aguyar, a.k.a. “Andrea il Moro”, a.k.a. “Il negro di Garibaldi” (nato a Montevideo il ??? – morto a Roma il 30 giugno 1849). Figlio di genitori schiavi e schiavo anch’ egli finchè, a seguito della guerra civile del 1838, la schiavitù non venne abolita in Uruguay nel 1842. Arruolatosi insieme ad altri 5.000 ex-schiavi durante l’ assedio di Montevideo, combattè valorosamente in difesa della città e venne favorevolmente notato da Giuseppe Garibaldi. Quando nel 1848 il generale rimpatriò, Aguyar lo seguì volontariamente in Italia e sin dalle prime fasi della Prima Guerra d’ Indipendenza, combattè ai suoi ordini nelle battaglie di Luino e Morazzone. L’ interesse dell’ opinione pubblica internazionale si appuntò però verso Andrés Aguyar durante la permanenza di Garibaldi a Roma in difesa della Repubblica Romana nel 1849. Molti giornali stranieri citarono nei loro resoconti la presenza nel seguito del generale di questo personaggio esotico, unico garibaldino di colore tra i pur numerosi volontari stranieri. Il corrispondente da Roma del The Illustrated London News lo descrisse così ai suoi lettori : «Era un ragazzo minuto, vestito con un cappotto aperto rosso e uno sgargiante fazzoletto di seta legato attorno al collo che copriva le spalle». D’ altra parte il pittore olandese Jan Koelman, scrisse di lui : «Ercole di color ebano, un ex schiavo che seguì Garibaldi e che sorprese i nemici in battaglia disarcionandoli da cavallo con un lazo, da egli usato anche per catturare i cavalli senza più padrone dopo le battaglie». Per il volontario svizzero von Hofstetter : «C’era una voce che correva tra quei superstiziosi soldati, che quel negro enorme tutto vestito di rosso, che caricava come se nessuno potesse ferirlo – la lancia in una mano e il coltello nell’altra – come un essere invulnerabile, fosse l’incarnazione del demonio». Ma quella affermatasi definitivamente e confermata dai ritratti dell’ epoca è la descrizione dello scrittore colombiano German Arciniegas: «Era l’ ombra di Garibaldi, grande e maestoso si aggirava con la camicia e il poncho rossi, un cappello grigio, la piuma bianca, le donne di Trastevere lo ammiravano, occhi neri di malizia e denti bianchi di allegria». Come ordinanza di Garibaldi, l’ uruguaiano aveva anche il compito di prendersi cura di Guerrillo (a volte chiamato anche Guerillo o Guerello), il cane a tre zampe del generale che divenne celebre nelle cronache dell’ epoca perché in battaglia seguiva Garibaldi e Aguyar tenendosi costantemente all’ ombra sotto l’ uno o l’ altro cavallo. Anche il cane era giunto in Italia al seguito dell’ Eroe dei due mondi, che lo aveva raccolto in Sudamerica durante la battaglia di San Antonio, quando la povera bestia sbucò dalle linee argentine per raggiungere quelle della Legione Italiana quantunque gravemente ferito ad una zampa, sicchè tutti i garibaldini lo consideravano un portafortuna. Nonostante fosse analfabeta, Andrés Aguyar era unanimemente considerato un soldato disciplinato, molto capace e competente, specialmente nel cavalcare. Diverse volte salvò la vita a Garibaldi in combattimento, come durante la battaglia di Velletri contro i soldati borbonici del Regno delle Due Sicilie, quando Aguyar difese Garibaldi caduto da cavallo e in grave pericolo. Lontano dal campo di battaglia è inoltre menzionato per aver offerto a Garibaldi la sua sella in modo da permettergli un sonno più gradevole, e per aver costruito una tenda per riparare dal sole il generale. Promosso tenente per meriti di guerra, Andrés Aguyar venne colpito da una granata francese il 30 giugno 1849, nei pressi della Basilica di Santa Maria in Trastevere (approssimativamente nell’ odierna Via Garibaldi, davanti al Monastero dei Sette Dolori). Ferito a morte, fu trasportato a braccia nell’ ospedaletto improvvisato a Santa Maria della Scala, dove già agonizzavano Luciano Manara e Goffredo Mameli. Le sue ultime parole prima di spirare furono : «Lunga vita alle repubbliche di America e Roma!». Pur non conoscendo la sua esatta data di nascita, al momento della morte aveva circa trent’ anni. Il suo corpo giace nel Mausoleo Garibaldino al Gianicolo, la granata che lo uccise è conservata nel Museo Garibaldino al Campidoglio. Si dice – ma non è storicamente certo – che il Vicolo del Moro a Trastevere abbia preso il nome da lui. Nonostante le sue vicende siano state ampiamente testimoniate, Aguyar è l’ unico caduto della Repubblica Romana a non essere ricordato da un busto al Gianicolo, probabilmente per motivi razziali. Nonostante ciò nel 1935, in pieno ventennio fascista, gli fu intitolata una scalinata tra Via Saffi e Via Poerio, poco lontano da dove fu ucciso, al confine tra gli odierni quartieri di Trastevere e Monteverde. La targa, a causa dell’ uso corrente all’ epoca di italianizzare i nomi stranieri, riportava la dicitura “Scalinata Andrea il Moro”. Alla solenne cerimonia che vide la partecipazione delle più alte autorità italiane, parteciparono gli ambasciatori Breccia e Ramada, rappresentanti dell’ Uruguay rispettivamente presso il Regno d’ Italia e la Santa Sede. Nel 2013 le poste uruguayane hanno dedicato ad Andrés Aguyar un francobollo riproducente un dipinto opera della pittrice Mary Porto Casas. Nel 2014, ricorrendo il 165° anniversario della morte, il Comune di Roma ha rettificato la toponomastica della scalinata con l’ esatta grafia di nome e cognome del caduto, indicandolo come afro-uruguaiano e luogotenente di Garibaldi.
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    "Chissà a quale di questi alberi ci impiccheranno..."

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