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Discussione: Joy, unico sopravvissuto al massacro di Ekaterinburg.

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    Joy, unico sopravvissuto al massacro di Ekaterinburg.

    La famiglia Romanov amava gli animali e possedeva molti cani e due gatti, Kotka e Zubrovka. Ai mici erano state però tagliate tutte le unghie per evitare che potessero graffiare l’ erede al trono Aleksej. Il ragazzo era pieno di energia, curioso e amante del divertimento, con un carattere forte, paziente ed equilibrato. Ma soffriva fin dalla nascita di emofilia, dunque anche il minimo graffio avrebbe potuto essergli fatale. Dopo la rivoluzione dell’ ottobre 1917, Nicola II e la sua famiglia, già messi agli arresti domiciliari dal governo Kerensky nella residenza estiva di Tsarskoye Selo, vennero deportati negli Urali dai bolscevichi che li rinchiusero prima nella casa del governatore a Tobolsk, poi nella casa Ipatjev ad Ekaterinburg. Unico conforto nel lungo esilio fu per i Romanov la presenza di tre cagnolini. Ortipo, il bulldog francese della granduchessa Tatiana. Jimmy, il Cavalier King Charles Spaniel della granduchessa Anastasia. Joy, il cocker spaniel di Aleksej. I due gatti restarono a Tsarskoye Selo dove durante la carestia del 1918 furono probabilmente macellati e mangiati dai soldati, come tutti gli altri animali ancora presenti nella reggia (uccelli da voliera, cigni, cani, pony, cavalli e animali da cortile). Una notte, verso la metà di luglio del 1918, lo Zar, la famiglia imperiale e quattro fedeli servitori (il medico, il cameriere, il valletto e il cuoco) furono svegliati dai carcerieri e costretti a scendere le scale della angusta cantina di casa Ipatjev. Dissero loro di disporsi contro il muro. Alla zarina Alexandra e al tredicenne emofiliaco Alexsej fu permesso sedere su delle sedie, in considerazione del loro precario stato di salute. Il commissario politico tranquillizzò i prigionieri, dicendo loro che sarebbero stati fotografati. Furono invece trucidati da un manipolo di soldati lettoni, che li crivellarono con numerosi colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata. I moribondi vennero poi finiti a colpi di baionetta. Il tredicenne erede al trono Aleksej respirava ancora, anche se sopravvisse a Nicola solo qualche minuto. Per pochi istanti, succedette dunque al padre, avendo il dubbio onore di essere l’ ultimo Zar di Russia. Quindi i cadaveri, accatastati nel cassone di un autocarro Fiat 15, furono trasportati dagli assassini in luogo isolato, dove una volta denudati, depezzati e bruciati con l’ acido nel tentativo di renderli irriconoscibili, fu data loro precaria sepoltura insieme al cagnolino Jimmy (che Anastasia teneva in braccio quando fu uccisa). Ortipo invece al momento della fucilazione non si trovava in casa e si salvò per una manciata di minuti, dileguandosi nella notte. Quanto a Joy, unanimemente considerato il più vivace dei tre, aveva l’ abitudine di scappare spesso oltre l’ alta palizzata che circondava la casa, eludendo la sorveglianza dei soldati di guardia. Quel giorno si era spinto ad esplorare i dintorni e non aveva ancora fatto ritorno, dunque non era presente al momento della strage. L’ eccidio dei Romanov fu giustificato in seguito come inevitabile, a causa del pericolo che lo Zar venisse liberato dagli ex- prigionieri di guerra cecoslovacchi irredenti, alleati dei russi “bianchi” che in quei giorni avanzavano da est verso Ekaterinburg. In realtà tale crimine fu voluto da Lenin in persona secondo la teoria del “tanto peggio, tanto meglio”, per tagliare i ponti col passato costringendo i bolscevichi a vincere o morire. In quel momento militarmente i “rossi” erano dovunque in ritirata, incalzati dalle armate “bianche”, dalla Legione Cecoslovacca e dal Corpo di spedizione internazionale sbarcato in Siberia (inglesi, francesi, americani, giapponesi e italiani) ed erano politicamente avversati da tutte le nazioni capitaliste del mondo. Nei giorni successivi al massacro, nei pressi della casa Ipatjev furono ripetutamente visti aggirarsi due cani. Alla fine Ortipo tornò a cercare la sua padrona e iniziò ad abbaiare davanti al portone. Per questo fu ucciso a colpi di fucile dai lettoni. Joy non si fece notare e salvò la pelle dandosi alla macchia. In seguito, aggirandosi affamato per le vie della città in cerca di cibo, venne riconosciuto da comunisti locali, che quasi lo uccisero a bastonate. Si salvò di nuovo grazie a un giovane ufficiale dell’ Armata Rossa – tale Mikhail Letyomin – che impietositosi, curò e adottò l’ animale. Quando i russi “bianchi” riconquistarono temporaneamente Ekaterinburg, anche il Letoymin cadde prigioniero e fu interrogato dalla procura militare che indagava sulla sorte dei Romanov (Lenin aveva fatto diffondere la notizia della “fucilazione” di Nicola II ma continuava a sostenere che gli altri fossero vivi in un luogo sicuro). Quando rivelò che il cane di Alexej era in salvo presso la sua famiglia, un ufficiale britannico della Royal Navy aggregato ai russi zaristi lo prese in consegna, riportandolo in Gran Bretagna via nave, dal porto siberiano di Vladivostok. Joy era stato regalato ancora cucciolo ai Romanov da parte dei Windsor, dunque fu restituito alla famiglia reale inglese e visse i suoi ultimi anni, accudito a loro spese nel castello di Windsor, dove fu sepolto alla sua morte.
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    "Chissà a quale di questi alberi ci impiccheranno..."

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