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Discussione: Marcel Petiot, un serial killer nella Parigi occupata dai nazisti

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    Marcel Petiot, un serial killer nella Parigi occupata dai nazisti

    Il dottor Marcel André Henri Félix Petiot, altrimenti noto come “il mostro di Parigi” o “il nuovo Landrù” fu un serial killer francese che agì a Parigi durante la 2^ guerra mondiale, uccidendo un gran numero di persone (secondo alcuni calcoli il numero di omicidi si aggirerebbe tra i 50 e i 150) ma fu processato e condannato a morte solo per le 26 vittime identificate. Nacque ad Auxerre nel 1897, figlio primogenito di un oscuro funzionario postale. Da bambino amava torturare e uccidere piccoli animali – caratteristica ricorrente nelle biografie degli assassini seriali tracciate dai moderni profiler – e crescendo sviluppò un carattere solitario ed introverso. Amorale, asociale, intelligente ma non in possesso delle piene facoltà mentali, dopo una serie di piccoli reati fu espulso da varie scuole e continuò gli studi privatamente diplomandosi nel 1915. Arruolatosi volontario nell’ esercito francese, nel 1916 partecipò ai combattimenti nell’ 89° Fanteria. Ferito a un piede nel 1917 da una scheggia di granata manifestò sintomi di shock post-traumatico che aggravarono il suo precario equilibrio mentale, tanto che nei mesi successivi passò per vari ospedali, manicomi e carceri militari (per furto). Nel 1918 fu assegnato a una unità mitraglieri aggregata al 91° Fanteria, partecipando alla seconda battaglia della Marna. Al momento del congedo nel luglio 1919, le autorità sanitarie gli riconobbero una pensione di invalidità in quanto inabile al lavoro per “grave squilibrio mentale” raccomandandone l’ internamento. Iscrittosi ad un corso universitario gratuito per ex-combattenti si laureò in medicina col massimo dei voti e lode nel 1921. Aperto uno studio medico a Villeneuve-sur-Yonne si guadagnò rapidamente la nomea di medico progressista, facendo sconti ai poveri, agli anziani e ai reduci. Nel 1926, sfruttando la sua popolarità presso la classe operaia si candidò per il Partito socialista, vinse le elezioni comunali e l’ anno successivo si sposò. Secondo gli inquirenti proprio in quegli anni soppresse una giovane cameriera sua amante, poi ci prese gusto e continuò ad uccidere sporadicamente, ma tali omicidi non furono mai provati. Nel 1931 vinse le elezioni dipartimentali, ma nel 1933 dovette dimettersi a causa di una condanna definitiva per un banale reato minore (furto di energia elettrica), che pose fine alla sua carriera politica. Trasferitosi a Parigi con moglie e figlio aprì uno studio medico coprendo con una apparenza di rispettabilità piccolo borghese le ricorrenti turbe psichiche, gli attacchi maniaco-depressivi e la psicosi delirante. Nel 1936 fu nuovamente internato in manicomio, ma vi rimase poco grazie alle insistenze della moglie e alle pressioni di influenti politici socialisti del Fronte Popolare, nonostante i sanitari lo giudicassero “pericoloso per sé e per gli altri”. Già alla fine degli anni ’30 era noto alla polizia di Parigi in quanto sospettato praticare di aborti clandestini e spacciare stupefacenti, ma anche in questi casi non si andò mai oltre vaghi indizi, dato che i testimoni a suo carico morivano o sparivano improvvisamente (soppressi da lui). Dopo l’ invasione nazista affiancò alla sua attività ufficiale di medico di famiglia quella ufficiosa di borsaro nero (negli immobili di sua proprietà furono trovate grandi quantità di zucchero, caffè, sigarette, liquori, medicinali e stupefacenti, tra cui alcuni chili di eroina, migliaia di dosi di peyote e 500 fiale di morfina) e collaboratore degli occupanti. Con lo pseudonimo di “dottor Eugène” a partire dal 1942 millantò la sua appartenenza ad una fantomatica organizzazione clandestina in grado di fare espatriare a pagamento ebrei, antinazisti e disertori. Una volta attirati in uno stabile disabitato i fuggiaschi, li uccideva con una rudimentale camera a gas per impadronirsi dei loro beni. I cadaveri smembrati venivano poi bruciati in una stufa o sciolti nella calce viva. I crimini del dottor Petiot non sarebbero rimasti tanto tempo impuniti senza i numerosi contatti che egli si era assicurato sin dall’ inizio del conflitto nell’ opaco “mondo di mezzo” attorno al quale gravitavano partigiani, nazisti e criminali comuni. Scoperto per caso nel marzo 1944 a causa del fumo nauseabondo che usciva dalla stufa e attivamente ricercato dalla polizia collaborazionista, si diede alla macchia assumendo l’ identità di un autentico partigiano deportato in Germania, tale Wetterwald. Trovò subito nuovi protettori nei comunisti francesi, cedendo alla struttura militare clandestina del PCF parte dell’ immenso bottino sottratto alle sue vittime (molti milioni di franchi in contanti, oro, gioielli e titoli di stato, senza contare le proprietà immobiliari intestate a sé stesso, alla moglie, al fratello, al figlio e al suocero). Dopo la liberazione di Parigi, si arruolò col nome di Henri Jean Valeri in una delle unità dell’ esercito gollista francese costituite ex- novo inquadrando i partigiani. Il 1° Reggimento fanteria FFI di stanza a Reully era composto totalmente da partigiani comunisti già facenti parte dei gruppi FTP (Franc Tireurs Partisans) ed era considerato infido da De Gaulle e dagli angloamericani, in quanto possibile quinta colonna di Mosca in vista di una futura rivoluzione comunista in Francia. In tale reparto il “mostro di Parigi” si occupò di raccogliere prove per l’ epurazione di presunti traditori e nemici del popolo, espletando col grado di capitano la funzione di ufficiale investigatore dell’ ufficio G2 (controspionaggio). Approfittando del suo incarico cercò di sbarazzarsi definitivamente degli inquirenti che avevano seguito il suo caso (il prefetto di polizia Bussière e il commissario capo Massu, già responsabile della Brigade Criminelle della polizia di Parigi), fabbricando contro di loro falsi dossier per tradimento e collaborazionismo e facendo pressioni per la loro immediata condanna a morte da parte di un tribunale popolare, ma riuscì solo a farli epurare. Frattanto pensò di trasferirsi definitivamente nella lontana Saigon. A tale scopo si fece rilasciare un ordine di trasferimento come medico dei servizi segreti militari in Indocina (DGER) e una lettera di presentazione dei comunisti francesi per i guerriglieri di Ho Chi Min. Ma gli andò male e quando fu arrestato in maniera rocambolesca negli ultimi mesi del 1944 da una unità di controspionaggio rivale, gli vennero trovati indosso una pistola automatica, 300.000 franchi in contanti, la tessera n°268004 del PCF e quella n°29097 del Comitato per l’ Amicizia Francia-Urss, oltre a carte d’ identità e tessere annonarie appartenute ad alcune sue vittime. Confessata sua vera identità in seguito a un lungo interrogatorio, fu ceduto per competenza dai militari alle autorità di polizia. Nel marzo 1946 subì un processo tanto rapido quanto spettacolare, nel quale non si fece mai luce sui suoi veri rapporti con la resistenza, la Gestapo, la grande criminalità ed il Partito comunista. Probabilmente le sue rivelazioni avrebbero messo in grave imbarazzo troppe persone. In seguito alla condanna a morte, il dottor Marcel Petiot fu ghigliottinato il 25 marzo 1946. Le considerevoli ricchezze da lui sottratte alle numerose vittime non furono mai ritrovate. Poiché gli immobili frutto dei suoi crimini vennero sequestrati dalle autorità, la moglie e il figlio trascorsero il resto della vita in dignitosa povertà.

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