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Discussione: Iconoclastia fascista contro Sissi negli anni '20 a Merano.

  1. #1
    Utente registrato L'avatar di storiaememoriagrigioverde
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    Iconoclastia fascista contro Sissi negli anni '20 a Merano.

    Prescindendo da un mieloso ed edulcorato nostalgismo nato sull’onda dei film interpretati da Romy Schneider, Elisabetta d’Austria detta Sissi, la moglie di Francesco Giuseppe, fu in realtà una figura tragica e tormentata nella millenaria storia della duplice monarchia austro-ungarica. La vena di eccentrica emotività serpeggiante nella sua famiglia di origine rese la giovanissima imperatrice da subito insofferente alla rigida etichetta della corte viennese, spingendola a cercare di lenire il suo malessere nei sempre più frequenti viaggi e in lunghe crociere nel mediterraneo sul suo yacht Miramar. Un male di vivere che molti anni dopo, in seguito al suicidio dell’amato figlio Rodolfo, scivolò lentamente ma inesorabilmente verso manifestazioni di disordine alimentare e un crescenti disturbi nervosi. Le ripetute “fughe” di Elisabetta dai suoi doveri istituzionali non fecero che accentuare il malcontento della aristocrazia e le incomprensioni coniugali col marito, impegnato a contrastare le spinte centrifughe delle varie nazionalità, destinate a deflagrare definitivamente con la Grande Guerra. Dedita a lunghe camminate in montagna, uno dei luoghi di vacanza preferiti da Elisabetta fu il Tirolo, regione all’epoca conosciuta come “il balcone meridionale della monarchia”. Per ben quattro volte tra il 1870 e il 1897 soggiornò a Merano, dando impulso con la sua sola presenza alla trasformazione di un piccolo centro montano in una moderna città, rinomata per la salubrità del luogo come centro turistico alla moda e allo stesso tempo ideale luogo di cura. Le sue stravaganze e i continui vagabondaggi sotto il nome di copertura di contessa di Hohenembs ebbero drammaticamente fine nel 1898, quando fu pugnalata a morte in Svizzera dall’anarchico italiano Luigi Luccheni. Solo con un certo ritardo Elisabetta fu ricordata a Merano con una statua in marmo di Lasa, opera dello scultore viennese Hermann Klotz. Il monumento a dire il vero non fu finanziato dai meranesi ma da Emil von Dalmata, un agiato imprenditore sloveno originario della città di Hideghét e comproprietario di una industria conserviera che lavorava per l’esercito. La statua fu solennemente inaugurata il giorno di Pasqua del 1903 e posta al centro del parco Maria Vittoria, accanto all’albergo Kaiserhof, ma alla cerimonia non partecipò alcun membro della casa reale. In seguito ai traumatici eventi della 1^ g.m. il Tirolo meridionale venne annesso al Regno d’Italia e, ben prima dell’ascesa al potere di Benito Mussolini, sottoposto dal 1921 a una intensa campagna di italianizzazione forzata della popolazione locale, nell’ambito della quale gran parte dei termini di lingua tedesca furono espunti dalla toponomastica. Dal 1923 anche tutti gli esercizi pubblici dovettero assumere nomi italiani, dunque il Kaiserhof di Merano diventò Hotel Excelsior. Col consolidarsi del regime fascista, in tutto l’Alto Adige monumenti a vario titolo attribuibili al passato asburgico vennero in vari modi depotenziati, occultati o spostati con vari pretesti affinché non divenissero simbolo di revanscismo nazionale per la maggioranza allogena. La statua di Elisabetta venne vandalizzata per ben due volte, probabilmente dai fascisti. Nel 1925 ebbe rotto il naso da ignoti vandali e per evitare che in seguito all’episodio lo sdegno della popolazione meranese potesse sfociare in qualcosa di politicamente ben più pericoloso, le autorità si affrettarono a fasciare la testa lesionata, ricoprendo poi l’intera statua con tavole di legno per celarla alla vista e placare gli animi. La testa fu poi sostituita con una nuova, realizzata per l’occasione prendendo come modello quella danneggiata. Nella notte del 16 febbraio 1927 ebbe luogo un secondo atto vandalico, ma stavolta oltre alla rottura del naso si ebbe la completa decapitazione della statua. In quella occasione il prefetto della Provincia di Bolzano, oltre a stigmatizzare «l’ignobile gesto a danno del monumento della defunta imperatrice Elisabetta» ne ordinò l’immediata riparazione. Il 21 marzo dello stesso anno il consiglio comunale di Merano ordinò ad uno scultore la terza ed ultima testa, dietro pagamento di Lire 3200. Bisogna anche ricordare che il rapido intervento delle autorità fasciste in entrambi i casi non fu dovuto esclusivamente alla volontà di mantenere tranquilla una zona d’Italia di grande valore strategico-militare ma politicamente inquieta a causa della origine etnica degli abitanti. Erano in gioco fattori di politica internazionale ancor più importanti. In quel periodo infatti ed ancor più nel decennio successivo, il regime fascista pur presentandosi come erede diretto della vittoria italiana nella Grande Guerra, avrebbe perseguito una politica di amicizia e pacificazione con gli ex- nemici, riconoscendone implicitamente il valore. Si trattò in realtà di una mossa mirante a darci maggior rilevanza negli equilibri geopolitici europei favorendo inoltre la nostra penetrazione commerciale, economica e politica nella Repubblica Austriaca e nel Regno d’Ungheria, due realtà statali nate dal dissolvimento dell’Impero multietnico degli Asburgo e accomunate all’Italia di Mussolini dal risentimento per le mutilazioni territorriali imposte dagli anglo-francesi con il diktat di Versailles e da una forte ideologia anticomunista. Detto questo, torniamo a Merano. Nel 1935, mentre l’Italia rivolgeva le sue attenzioni alla campagna d’Abissinia che avrebbe regalato a Vittorio Emanuele III il rango di Imperatore, forse non fu un caso se le autorità imposero lo spostamento della statua di Elisabetta in un angolo fuori mano del parco, dove rimase dimenticata fino al 1978. In quell’anno fu ricollocata nel sito originario divenendo oggetto di omaggi floreali, probabilmente più in funzione anti-italiana che filo-asburgica. Ancora oggi è una delle attrazioni turistiche più fotografate di Merano. Le due teste danneggiate negli anni venti sopravvissero al passare dei decenni e furono rinvenute nel 1998 in un ripostiglio del Kurhaus.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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