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Discussione: Marco D'Amico Carabiniere italiano decorato di Medaglia d'Oro da Menelik II (1898)

  1. #1
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    Marco D'Amico Carabiniere italiano decorato di Medaglia d'Oro da Menelik II (1898)

    Il 1 marzo 1896 l’esito catastrofico della battaglia di Adua, nella quale gli italiani (circa ventimila tra nazionali ed ascari) guidati dal generale Baratieri vennero sbaragliati dagli oltre centomila guerrieri abissini di Menelik II, non solo pose termine alla prima guerra italo-etiopica ma ebbe anche la conseguenza di provocare la caduta del governo in carica nonché di assestare un durissimo colpo alle nascenti ambizioni coloniali del giovane stato unitario. Le perdite italiane ammontarono ad oltre settemila morti e numerosissimi prigionieri. Sicché le poche truppe che avevano potuto ripassare incolumi il confine si accontentarono di apprestarsi a difesa della colonia Eritrea. In tale situazione di emergenza il generale Baldissera, sostituto di Baratieri, utilizzò i rinforzi mandati in tutta fretta ma ormai tardivamente dalla penisola per sconfiggere e ricacciare in Etiopia le bande di Sciftà attestando poi le proprie truppe sulla linea del Mareb. Gli Sciftà erano criminali comuni eritrei che vivevano depredando carovane e tribù a cavallo del confine e durante la guerra erano stati assoldati in funzione anti-italiana da vari Ras abissini. L’imperatore era riuscito a frustrare le ambizioni annessionistiche del regno sabaudo anche grazie al supporto di consiglieri militari francesi e russi (questi ultimi manovravano le moderne artiglierie negussite). Le ingerenze straniere nel conflitto erano dovute a opposte ma convergenti strategie geopolitiche. Se la Francia intendeva umiliare ed indebolire militarmente l’Italia, allora nemico potenziale in quanto membro della triplice intesa con Germania ed Austria-Ungheria, la Russia zarista considerava l’Abissinia come facente parte della sua sfera d’influenza politica e commerciale oltre che militare che abbracciava tutti i popoli cristiano-ortodossi. Però Menelik II non intendeva gettare a mare gli italiani, ritenendoli indispensabili come partner commerciali e l’importazione di manufatti e tecnologie moderne in un impero tribale e schiavista come il suo, ancora legato a tradizioni barbariche medievali. Oltretutto la scomparsa dal Corno d’Africa della presenza italiana avrebbe portato altre e ben più rapaci potenze coloniali europee ai confini con l’Abissinia. Un altro fattore importante era la cronica instabilità politica, dovuta alle mire espansionistiche neanche troppo nascoste dei vari Ras che controllavano i territori di confine. Se costoro, solo nominalmente vassalli di Menelik II, avessero aumentato il loro peso politico espandendo il loro potere su territori e popolazioni eritree ai danni dell’Italia, ciò avrebbe provocato una loro pericolosa autonomia nei confronti di un potere imperiale che veniva gestito in prima persona dal “Re dei Re” quasi esclusivamente nei suoi possedimenti nei dintorni della capitale Addis Abeba. Di conseguenza Menelik II accettò di buon grado di aprire trattative di pace con l’Italia, che vertevano principalmente sul rilascio dei prigionieri di guerra. I negoziati furono lunghi e difficili e si trascinarono per quasi due anni. Alla fine del 1898 i prigionieri sopravvissuti vennero rimpatriati dietro pagamento di dieci milioni di Lire dell’epoca. I nazionali furono rivestiti di una uniforme kaki nuova di zecca, dono personale del Negus, gli ascari eritrei, considerati mercenari, avendo rifiutato in massa di tradire il giuramento, vennero invece barbaramente mutilati di una mano e di un piede affinché non potessero più combattere. A parte ciò le difficili trattative in assenza di moderne reti stradali e mezzi di comunicazione si svolsero mediante missioni diplomatiche, che si spostavano in carovana attraverso il confine tra la colonia italiana ed Addis Abeba. Tali carovane venivano però spesso aggredite dagli Sciftà istigati ed armati segretamente dai Ras, che speravano in una ripresa delle ostilità. Non esistendo allora un corpo di polizia abissino (solo molti anni più tardi furono creati gli Zabagnà, un rudimentale corpo di gendarmeria ispirato ai nostri Carabinieri Reali) in grado di proteggere l’incolumità dei diplomatici delle due nazioni, Menelik II chiese e ottenne dalle autorità italiane che fossero i CC.RR. presenti in Eritrea per il mantenimento dell’ordine pubblico a sobbarcarsi tale onere, concedendo loro di poter operare temporaneamente anche nei territori imperiali. Tra i membri della Benemerita che disimpegnarono tale servizio speciale fu il CC.RR. a cavallo Marco D’Amico, nato ad Anticoli di Campagna il 5/10/1878. Ottimo cavallerizzo nonché tiratore scelto, il D’Amico fu caposcorta a protezione delle missioni diplomatiche da e per Addis Abeba, al comandando drappelli misti composti da Carabinieri nazionali e da Zaptiè eritrei. Respinse più volte gli attacchi briganteschi degli Sciftà ed in una occasione fu oggetto di una imboscata da parte di un numeroso gruppo di ribelli in un luogo isolato. Uno Sciftà gli sparò, asportandogli il pennacchio dal cappello con una fucilata a bruciapelo. Ma il coraggioso milite reagì prontamente, freddando a colpi di pistola lo sparatore ed un suo complice e mettendo poi in fuga gli altri ribelli. Per tale atto di valore, nel 1898 fu insignito di Medaglia d’Oro con motu proprio dell’Imperatore. L’alta decorazione (coniata in Russia) ed assimilabile alla nostra MOVM, recava sulle due facce rispettivamente il simbolo del Leone di Giuda e il ritratto di Menelik II. Marco D’Amico ricevette immediatamente la medaglia, dovette però attendere vari anni prima di ricevere il relativo attestato cartaceo dall’ Ambasciata di Etiopia a Roma. Il testo recante il timbro a secco con il Leone di Giuda venne redatto nel 1906 in lingua ahmarica con la seguente traduzione in italiano.
    __________
    Il Leone vincitore della Tribù di Giuda
    Menelik 2°
    costituito da Dio, Re dei Re di Etiopia.
    Do il saluto a tutti gli uomini che leggono questo mio scritto. Come
    tutti i Re morali decorano i loro eroi e amici, per la loro intelligenza,
    scienza, forza ed abilità, anche noi abbiamo decorato
    con medaglia d’oro:
    D’Amico Marco, Carabiniere Reale a cavallo.
    Scritto nella città di Addis Abeba il 16 Dicembre 1898.
    Anno di Misericordia.
    ________________

    L’attestato era stato espressamente richiesto da Marco D’Amico, per potersi fregiare della decorazione straniera sulla nuova uniforme. Infatti egli aveva lasciato la Benemerita per tornare nel suo paese natale (Anticoli aveva già mutato nome in Fiuggi grazie a un Regio Decreto del 1901) come Comandante delle Guardie Comunali. Mantenne tale incarico per alcuni anni, ottenendo anche un diploma di benemerenza per il servizio di Ordine Pubblico disimpegnato nel territorio comunale durante la Grande Guerra. Ricoprì altri incarichi nell’amministrazione comunale e fu più volte vicesindaco. Donò la medaglia d’oro di Menelik II nell’ambito della campagna fascista “Oro alla Patria” a causa delle sanzioni internazionali imposte all’Italia per la seconda guerra italo-etiopica del 1935/36. Morì a Fiuggi il 17/4/1947.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

  2. #2
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    Grazier per questa piccola ma Grande storia che hai voluto condividere con noi
    sven hassel
    duri a morire

  3. #3
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    Di nulla sven hassel, la storia ufficiale può essere decrittata solo grazie alle storie personali dei singoli uomini... in futuro cercherò di postare più discussioni centrate su eventi poco conosciuti o di storia locale. Tra parentesi, hai letto la mia recente discussione sui Besprizorni nella campagna di Russia?
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  4. #4
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    A correzione e integrazione di quanto scritto in precedenza aggiungo che la medaglia originale è ancora conservata dalla famiglia.
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