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Discussione: Fotoalbum Battaglione Speciale “E” Regia Guardia di Finanza nella Guerra di Etiopia.

  1. #1
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    Fotoalbum Battaglione Speciale “E” Regia Guardia di Finanza nella Guerra di Etiopia.

    Ciao a tutti.

    Presento un album fotografico particolare, relativo alla seconda Guerra di Etiopia (03 ottobre 1935 – 05 maggio 1936) tra l’ Impero di Etiopia e il Regno d’Italia.

    R GdF - CopertinaR 192.jpg
    la copertina in pelle dell'album

    Lo ritengo particolare sia per la qualità e quantità delle foto (ove si privilegiano le scene di guerra, le panoramiche delle zone di azione e la difficile e sofferta avventura dei soldati italiani sul fronte abissino, rispetto alle consuete plastiche pose ricordo tra gruppi di soldati), nonchè per la lucida precisione delle abbondanti didascalie manoscritte.

    Tre fotografie del Vicebrigadiere Francesco De Cicco, dal suo album:

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    Il Vicebrigadiere è al centro, con baffi e pizzo

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    Il primo proprietario nonchè protagonista dell’album fu il Vicebrigadiere della Regia Guardia di Finanza Francesco Di Cicco, che nella Guerra di Etiopia servì nella 2^ Compagnia, quale comandante di Squadra, del Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza. Del Vicebrigadiere non ho reperito ulteriori informazioni (salvo che era coniugato e che aveva un fratello) ed è stato possibile individuarlo, quantomeno per nome e cognome, grazie ad una cartolina postale e ad alcune foto con dedica dei colleghi e subordinati.

    medaglia-del-battaglione-speciale-e-r-guardia-di-finanza.jpgmedaglia-del-battaglione-speciale-e-r-guardia-di-finanza (1).jpg
    dal web, la medaglia commemorativa del Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza nella Guerra di Etiopia

    L’album fotografico è composto da 32 pagine e vi sono presenti 247 fotografie in bianco e nero. Negli oltre 80 anni di vita dell’album, vi sono state asportate 27 fotografie, ma poteva andare peggio. Quasi tutte le foto sono dotate di didascalia manoscritta sul retro ad opera del Vicebrigadiere Di Cicco, e molte anche sulla parte anteriore dell’immagine. Se così ne inficia l’estetica della foto, ne trova giovamento il ricordo storico dei fatti. Le foto sono fermate con gli angolari di carta nera del tempo.

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    una pagina dell'album

    Il Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza partecipò alla Guerra di Etiopia nel III. Corpo d’Armata Africa Orientale (III. C.A.A.O.) al comando del Generale Ettore Bastico, composto da:
    -Divisione di Fanteria “Sila”;
    -I^ Divisione CC.NN. “23 Marzo”;
    -Battaglione Regie Guardie di Finanza (in argomento);
    -banda dell’ Endertà;
    -Gruppo Squadroni Cavalleria Eritrei;
    -Gruppo bombarde;
    -un gruppo cannoni 77/28 autotrainato;
    -un gruppo obici 100/17 autotrainato;
    -unità del Genio del III. C.A.A.O.;
    -116^ Squadriglia aeroplani R.T.
    (dal libro “La Guerra di Etiopia” del Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, comandante del Corpo di Spedizione in Etiopia)

    Immagine_bastico_historia.jpg
    dal web il Generale Ettore Bastico

    Pubblico quindi, in più riprese, le foto dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, corredate dalle didascalie da lui manoscritte, e nella sequenza in cui esse si trovano nell’album. Nella foto della parte posteriore delle immagini, se presente la didascalia, ho aumentato il contrasto per evidenziare meglio la scrittura ed anche il logo della carta fotografica.

    La prima parte delle foto è relativa al campo militare effettuato nell’agosto 1935 in previsione della guerra, alla cerimonia a Caserta del 19.10.1935, alla partenza per l’ Africa Orientale lo stesso giorno dal porto di Napoli, ed al rimpatrio avvenuto nel settembre 1936 dal porto di Gibuti per Napoli, attraverso il Canale di Suez, ed a bordo del Piroscafo “Cesare Battisti”.

    R GdF - Pag 1 - foto 4R 197.jpgR GdF - Pag 1 - foto 4 retroR 203.jpg
    il campeggio il 10.08.1935 prima della partenza, il Vicebrigadiere Di Cicco si riconosce dal pizzo, seduto sulla sinistra in posizione arretrata

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    la data sul fronte della foto è errata, quella corretta è il 19.10.1935 come risulta dalle foto successive

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    oltre al Vescovo di Caserta, alla cerimonia è presente il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Generale Riccardo Calcagno

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    dal web, il Generale Riccardo Calcagno

    R GdF - Pag 1 - foto 3R 196.jpgR GdF - Pag 1 - foto 3 retroR 202.jpg

    R GdF - Pag 1 - foto 5R 198.jpgR GdF - Pag 1 - foto 5 retroR 204.jpg
    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco al centro sempre ben riconoscibile per baffi e pizzo

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    Senafè è una cittadina dell'Eritrea, capoluogo del distretto omonimo, nella regione del Sud.

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    nel viaggio di ritorno dopo la guerra

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    il Vicebrigadiere G.d.F. Francesco Di Cicco a bordo del "Cesare Battisti" nel viaggio di ritorno, si è tagliato pizzo e baffi.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

  2. #2
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    Decisamente un album di notevole valore e spessore sia per il reparto che per i soggetti delle foto. Molto interessante i 3 ggff in attesa di partire dotati di fucile 91 originale con manetta d'armamento diritta
    sven hassel
    duri a morire

  3. #3
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    Ciao a tutti.

    Grazie a Sven per i sempre puntuali e graditi commenti.

    Seconda parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza.

    L'Amba Aradam è un altopiano montuoso (amba) situato a sud della città di Macallè, nella regione dell’ Endertà e a circa 500 km a nord della città di Addis Abeba in Etiopia, nel sud-est della regione dei Tigrè.

    R GdF - Pag 3 - foto 14R 218.jpgR GdF - Pag 3 - foto 14 retroR 684.jpg

    Il monte è noto per l'omonima battaglia combattuta il 15 febbraio 1936, durante la Guerra d'Etiopia, tra il Regio Esercito italiano e quello etiope, guidato da ras Mulughietà. Prima della battaglia l'esercito italiano aveva stretto delle alleanze con alcune tribù locali che tuttavia, in base alle trattative in corso, cambiarono più volte schieramento. Nella lingua italiana questa situazione ha dato vita, tramite una crasi, alla parola ambaradan, che indica infatti una situazione confusa e caotica o un'impresa complessa.

    R GdF - Pag 3 - foto 15R 219.jpgR GdF - Pag 3 - foto 15 retroR 685.jpg

    All'inizio del gennaio del 1936, le forze etiopi si trovavano sulle colline che dominavano le posizioni del Regio Esercito italiano e lanciarono verso questi ultimi un attacco su basi regolari.
    Gli etiopi si scontrarono con le truppe dell'esercito regio d'Italia in tre gruppi nel Settore Tembien/Endertà suddivisi: al centro, presso Abbi Addi e presso il fiume Beles, dove si trovava il Ras Kassa Haile Darge con circa 40.000 uomini assieme al Ras Seyoum Mangasha con circa 30.000 uomini. Sul fianco destro etiope si trovava Ras Mulughietà e la sua armata di circa 80.000 uomini in posizione elevata sull'Amba Aradam. Il Ras Imru con circa 40.000 uomini si trovava invece a coprire il fianco sinistro nell'area presso Seleh Leha nella provincia di Scirè .

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    Il Generale Pietro Badoglio, comandante in capo, aveva cinque corpi d'armata a sua disposizione. Alla sua destra disponeva il IV ed il II corpo dirimpetto al Ras Imru. Al centro si trovava il Corpo d'armata eritreo contro i Ras Kassa e Seyoum. Contro il Ras Mulughietà si trovavano invece il I ed il III corpo d'armata, quest’ultimo col Battaglione della Regia Guardia di Finanza in argomento.

    R GdF - Pag 3 - foto 17R 221.jpgR GdF - Pag 3 - foto 17 retroR 687.jpg

    Inizialmente, Badoglio vide la distruzione dell'armata del Ras Mulughietà come sua prima priorità. Le forze di Mulughietà avrebbero dovuto essere spodestate dalla forte posizione in cui si trovavano sull'Amba Aradam di modo da permettere alle truppe dell'esercito regio italiano di continuare la loro avanzata verso Addis Abeba. La pressione che i Ras Kassa e Seyoumm stavano esercitando sulle truppe italiane, però, portò Badoglio a decidere in primo luogo di eliminare questi con la Prima Battaglia del Tembien, dal 20 al 24 gennaio 1936, che mise in ritirata Ras Kassa, e così fu possibile concentrare le forze italiane sull’Endertà ed Amba Aradam.

    R GdF - Pag 3 - foto 19R 223.jpgR GdF - Pag 3 - foto 19 retroR 226.jpg

    Il 9 febbraio, il maresciallo Badoglio tenne una conferenza stampa nel suo quartier generale annunciando che l'ostacolo che si frapponeva tra gli italiani e Addis Abeba stava per essere liquidato. Badoglio parlava certamente del Ras Mulughietà e della sua armata che si trovava ancora sul monte Amba Aradam. La montagna era composta di due parti. Una scogliera, conosciuta dagli italiani come "La spina di pesce" e a destra di questa un picco piano chiamato il "Cappello da prete". La terra alla base del monte era chiamata Endertà.
    Anche se le forze in gioco da ambo le parti erano simili numericamente, Badoglio aveva ad ogni modo un netto vantaggio in armamento sui nemici. Gli italiani che attaccarono l'Amba Aradam disponevano di oltre 5.000 mitragliatrici, 280 pezzi d'artiglieria e 170 aeroplani. Gli etiopi, in contrasto, disponevano di 400 mitragliatrici, 18 cannoni di medio calibro fra moderni e di fattura antiquata, alcune mitragliatrici contraeree, ma nessun aeroplano. L'unico vantaggio di Mulughietà era la posizione strategica in cui le sue truppe si trovavano.
    Alle 8.00 del mattino del 10 febbraio, Badoglio lanciò il primo attacco della Battaglia dell'Amba Aradam. L'esercito era composto da soldati regolari del Regio Esercito e da volontari delle Camicie Nere, mentre gli Ascari formavano la riserva. Il I e III corpo italiani si spostarono sulla piana di Calaminò e la notte entrambi i corpi si accamparono lungo le rive del fiume Gabat.
    Badoglio aveva avuto una formazione come generale d'artiglieria e come tale era fortemente intenzionato a promuovere l'utilizzo di questa arma. Il suo quartier generale fungeva poi anche da posto di osservazione della battaglia e da luogo di partenza degli aerei della Brigata aerea da bombardamento mandati in ricognizione sul fronte ogni cinque minuti. Questi aerei identificarono le posizioni delle forze etiopi per gli artiglieri italiani.
    Durante l'offensiva preparatoria, le forze italiane usarono massicciamente gas venefici, in primis granate all'arsina, di cui vennero sparati non meno di 1367 granate da 105mm (su un totale di 22908 colpi sparati dall'artiglieria).

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    Gli aerei italiani, inoltre, mapparono l'area attorno all'Amba Aradam e scoprirono le varie debolezze delle difese di Ras Mulughietà. Fotografie aeree mostrarono che l'attacco dal piano di Antalo a sud dell'Amba Aradam sarebbe stato il migliore. Badoglio, pertanto, decise di accerchiare l'Amba Aradam e di attaccare Mulughietà dal retro così da forzare le sue truppe a spostarsi verso il piano di Antalo dove sarebbero state distrutte dai restanti corpi d'armata italiani.
    L'11 febbraio il III Corpo d’Armata avanzò da Gabat presso la parte ovest dell'Amba Aradam. Nello stesso tempo, il I corpo si mosse a est del monte. Il Ras Mulughietà si accorse troppo tardi del piano degli italiani per accerchiare le sue posizioni.

    R GdF - Pag 6 - foto 39R 261.jpgR GdF - Pag 6 - foto 39 retroR 268.jpg
    la freccia indica il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco

    Al mezzogiorno del 12 febbraio, gran parte delle forze etiopi scese dal fianco occidentale dell'Amba Aradam e attaccò la Divisione Camicie Nere che fu duramente provata, ma così non fu per il resto del III. Corpo che continuò l'avanzata verso Antalo. I continui bombardamenti (anche con gas venefici) aerei e d'artiglieria da parte degli italiani, colpirono duramente le posizioni etiopi già provate dalle mortali e devastanti conseguenze dei gas e delle bombe. Alla sera del 14 febbraio, gli italiani avevano raggiunto le posizioni desiderate e si raggrupparono con l'artiglieria per l'assalto finale.
    Dalla mattina del 15 febbraio, sotto la copertura dell'oscurità e di una densa nebbia, gli italiani completarono l'accerchiamento della montagna. Quando giunse la luce del giorno e le dense nubi si diradarono, gli ultimi etiopi decisero eroicamente di sacrificarsi con l'ultimo attacco disperato. Al calar della sera la battaglia poteva dirsi conclusa.

    R GdF - Pag 3 - foto 20R 224.jpgR GdF - Pag 3 - foto 20 retroR 227.jpg
    sicuramente la data è errata e siamo nell'ottobre/novembre 1935

    Il Ras Mulughietà pensava che gli italiani avrebbero prima attaccato il "cappello da prete", ma invece si concentrarono sulla "spina di pesce" dove gli etiopi si sentivano più sicuri e dove speravano di attendere l'attacco definitivo così da rendere ulteriormente difficoltosa l'avanzata del nemico.
    Le perdite, come dal comunicato di Badoglio, videro un totale, fra morti e feriti, di 36 ufficiali, 621 nazionali e 143 indigeni da parte italiana e una stima di circa 20.000 uomini da parte Etiope.

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    il Vb. Di Cicco al centro della prima fila

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    Sciafat, località presso Macallè, anche sede di un campo di volo della Regia Aeronautica

    Badoglio per i quattro giorni seguenti fece sganciare bombe all'iprite sulle colonne in rotta. Inoltre la locale tribù di Azebo Galla si alleò con gli italiani per attaccare gli etiopi in ritirata.
    Tadessa Mulugeta, figlio di Ras Mulughietà, che era comandante della retroguardia durante la Battaglia dell'Amba Aradam, venne ucciso durante le azioni di retroguardia contro la tribù dei Galla ed il suo corpo venne da questi ultimi mutilato. Quando Ras Mulugeta ricevette la notizia di questo oltraggio, egli ritornò nel villaggio per vendicarsi ma venne a sua volta ucciso dai Galla.

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    il Vicebrigadiere Di Cicco è il primo seduto a destra

    Gli Azebo Galla sono un'etnia appartenente al gruppo Oromo, insediatisi nella parte settentrionale dell'acrocoro etiopico probabilmente nel corso del XVI secolo. Noti come combattenti determinati e feroci e tradizionali avversari degli Amhara (le truppe dell’ Impero di Etiopia), nel corso della guerra italo-etiopica del 1935-36 si allearono con gli italiani, tra l'altro partecipando alla Battaglia di Mai Ceu dove riportarono 1600 caduti. Con la nascita dell' Africa Orientale Italiana gli Azebo Galla furono inglobati nella colonia Eritrea, andando a costituire un Commissariato col nome di Paese dei Galla e con capoluogo la cittadina di Allomatà, che si trova sulla strada Asmara-Addis Abeba. Nel 1942 gli Azebo Galla si sollevarono contro le truppe britanniche che occupavano l'A.O.I., ancora una volta a fianco degli italiani, e le loro azioni di guerriglia durarono a lungo costituendo una minaccia alle comunicazioni militari inglesi sulla direttrice Dessiè-Macallè.

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    Di Cicco in basso a destra

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    R GdF - Pag 4 - foto 29R 236.jpgR GdF - Pag 4 - foto 29 retroR 243.jpg
    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco osserva il subordinato alla manutenzione della mitragliatrice

    La pubblicazione prosegue.
    Saluti, Giovanni

  4. #4
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    Ciao a tutti.

    Terza parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, in forza alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza, nella Guerra di Etiopia 1935-36.

    Proseguo per praticità con le foto come esse si trovano nell’album, appostevi dal Vicebrigadiere, con un ordine non cronologico ma piuttosto per argomenti ed anche a caso.

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    Impressionante quest'ultima foto con enormi accatastamenti di bidoni di carburante in vista della marcia su Addis Abeba. Testimonia quale fu lo sforzo organizzativo immenso della logistica delle forze armate del Regno d’Italia nell’ambito della Guerra di Etiopia, trasporto di uomini, armi, mezzi a motore e costruzione di strade e ponti militari comprese. Ricordo che tutti i rifornimenti, come il trasporto delle truppe, armi e mezzi, avvenne via mare dal Sud Italia, tramite il Canale di Suez, sino ai porti di Massaua e di Archico (a circa 10 km da Massaua, chiamato anche Arkiko ed Hirgigo) in Eritrea, per poi raggiungere Asmara e da li le truppe sul fronte etiopico.
    Il tutto avvenne tramite porti e strade nella colonia italiana dell’Eritrea in condizioni non certo ottimali (almeno per il primo tratto di strada, ed ancora peggiori o inesistenti dopo in territorio etiope), come testimonia la seguente relazione dell’allora Capitano Angelo Giorgetti, che nel 1935 e 1936 servì alla Intendenza del Comando Superiore Africa Orientale “Direzione Genio” di Asmara, già pubblicata nel thread che lo riguarda:
    “”Valorizziamo l’Eritrea
    Gli Italiani non la conoscono: soltanto gli ufficiali che vi sono stati possono dirne qualcosa ma sono ben pochi e le loro occupazioni ben diverse. Che cosa c’è in Eritrea. Un porto – Massaua – che potrebbe diventare, per la privilegiata conformazione topografica un porto immenso. Ora è un caos inverosimile – pericolosissimo sotto il punto di vista delle possibili combustioni - accidentali o aeree – facilitate dalla elevatissima temperatura, ridicolmente attrezzato in relazione al momento, ridicolmente svuotato dai mezzi di comunicazione sicchè un solo piroscafo dopo l’altro, a seconda dell’importanza del carico, può scaricare alla banchina per lasciare la merce – a montagne – sulla banchina stessa, e andarsene al più presto perché quello che lo segue possa fare altrettanto. I rifornimenti poco lontani da tutte queste merci rendono il porto una vera baldoria indiavolata che non si sa mai quale infinita bontà divina protegge da immani sciagure – nella stessa ristrettissima zona abbiamo anche il porto militare, la stazione, le saline – poco lontano la base aeronavale ecc. ecc. Per chi sa quale divina ispirazione si sono mandati i piroscafi del combustibile ad Archico una 10 di km lontano. Ma trovi però montagne di legname sulla banchina ad Asmara. Una ferrovia a scartamento ridotto porta ad Asmara capitale della colonia a 2100 m. Ferrovia arditissima bella dal lato tecnico-turistico ma ridicola in relazione ai tempi – non vi possono essere trainati che 4 vagoni… e ad ogni stazione il treno si ferma per rifornimenti. Nessun’altra strada unisce le due cittadine giacchè non può darsi il nome di strada a quella carovaniera che partendo dal porto si arrampica sui monti e si sprofonda nel letto dei torrenti e nella sabbia per giungere attraverso inverosimili difficoltà ad Asmara. E oggi tale carovaniera è in buono stato, oggi vi si lavora alacremente e con passione, si sventrano monti e rocce per farla assurgere alla utilità di una strada che in breve deve in modo assoluto diventare l’unica vera arteria Massaua Asmara. Qualche migliaio di operai vi lavora alacremente.””

    mappaAGIP-e1599058233283.jpg
    dal web, mappa dei tracciati stradali dell'epoca coloniale, compresa la strada Massaua-Asmara-Dessiè-Addis Abeba

    Il tracciato della "Via della Vittoria" com'era soprannominata la Asmara-Addis Abeba aveva uno sviluppo di circa 1.100 km e seguiva l’orlo nord-orientale dell’Acrocoro Etiopico congiungendo le due principali città dell’ A.O.I. fra loro e con il porto di Massaua. Nel proseguo dell’avventura coloniale italiana venne completamente asfaltata con due banchine laterali. Furono costruiti 64 ponti e importanti gallerie, fra le quali degna di nota è quella del monte Termaber. In particolare la Strada 2 detta Via della Vittoria Asmara-Dessié-Addis Abeba aveva 1.077 km. La grande arteria venne costruita a tempo di record dal 1935 al 1938 impiegando decine di migliaia di lavoratori italiani ed indigeni etiopici e dello Yemen, soggetti ad attacchi della resistenza etiope. Alla fine del 1938 venne attivato su questo percorso un servizio settimanale di autobus della Società nazionale trasporti F.lli Gondrand, che impiegava 5 giorni. Il viaggio veniva effettuato solamente nelle ore diurne, per via dei possibili attacchi della guerriglia etiope nel nord abissino. Ma già nell’aprile 1940, la repressione operata contro i partigiani indigeni nell’area permise di ridurre i tempi di percorrenza a 18 ore al giorno tra Addis Abeba e Asmara. Questa strada è ancor oggi la principale via di comunicazione fra la capitale etiopica ed il nord del Paese.

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    Dopo la sconfitta dell'ultima armata etiope del fronte nord nella Battaglia di Mai Ceu e il successivo annientamento delle colonne in ritirata operato dalla Regia Aeronautica nella Battaglia del lago Ascianghi, non vi era più alcun valido ostacolo che si frapponesse fra le truppe italiane e Addis Abeba.
    Badoglio decise di mettere a frutto le vittorie appena conseguite procedendo con la massima celerità sia all'occupazione del territorio indifeso, sia all'organizzazione dell'ultimo balzo verso la capitale. A tal proposito il 5 aprile 1936 ordinò al Corpo di armata indigeno composto dalla 1ª Divisione eritrea e dalla 2ª Divisione eritrea di incalzare gli avversari in ritirata e di occupare Dessié entro il 15 aprile.
    Il 9 aprile 1936, dopo tre giorni di sosta a Quoram resisi necessari per riorganizzare le truppe, i 30.000 uomini del Corpo d'armata indigeno si misero in marcia verso Dessié. Nonostante la rapida avanzata assistita dagli aviolanci della regia aeronautica gli Ascari non riuscirono ad ingaggiare le retroguardie etiopi ed ostacolati soltanto dal maltempo e dalla elevata mortalità delle bestie da soma riuscirono a coprire circa 250 km in 6 giorni entrando senza incontrare resistenza alcuna la mattina del 15 aprile in una Dessié abbandonata precipitosamente poche ore prima dal principe ereditario Asfa Uossen.

    Distintivo-marcia-A.A.jpgDistintivo-marcia-A.A.retro-2.jpg
    dal web, distintivo commemorativo della marcia Dessiè - Addis Abeba

    L'occupazione di Addis Abeba, o "marcia della ferrea volontà", come la definì Pietro Badoglio, fu l'azione conclusiva della guerra di Etiopia. La presa della capitale infatti, in concomitanza con la decisione di Hailè Selassié di prendere la via dell'esilio e il conseguente incontro alla stazione di Dire Daua fra le truppe italiane del fronte nord (comandate direttamente dal Generale Pietro Badoglio) e fronte sud (Generale Rodolfo Graziani) sancirono formalmente la fine della campagna.

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    dalla mia collezione, la medaglia in commemorativa in argento per il Battaglione Speciale del Genio che rese parte alla marcia Dessiè - Addis Abeba

    Mentre si provvide a raggruppare in Eritrea tutti i mezzi motorizzati disponibili, i lavori del Genio e del I corpo d'Armata per completare la strada fra l'Amba Alagi e Quoram proseguivano senza sosta e, grazie al lavoro incessante di circa 50.000 uomini, il 17 aprile 1936 la strada che congiungeva Asmara e Dessié poteva dirsi completata ed era quindi possibile cominciare a far affluire a Dessié i 1.785 automezzi che erano stati recuperati per costituire l'autocolonna richiesta da Badoglio.

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    Fermo nelle sue convinzioni Badoglio ruppe gli indugi e il giorno 20 aprile 1936, via aerea utilizzando 12 Caproni 133, trasferì l'intero stato maggiore da Endà Iesus a Dessié e il giorno 23 emanò gli ordini definitivi assumendo di persona il comando della colonna.
    Badoglio organizzò la marcia sui tre colonne: quella autocarrata comandata dal Generale Italo Gariboldi e quella composta da battaglioni di Ascari al comando del Colonnello De Meo avevano il compito di percorrere la strada imperiale da Dessié a Debrà Berhan per un totale di 400 km, mentre quattro battaglioni della 1ª Divisione eritrea agli ordini del Generale Gallina dovevano percorrere su di un percorso alternativo la strada Dessiè - Uorrà Ilù - Dobà Embertà per un totale di 310 km.

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    Nel complesso l'azione sulla capitale venne intrapresa da 10.000 nazionali, 10.000 Ascari eritrei, uno squadrone di carri veloci, 11 batterie di artiglieria più alcuni contingenti in rappresentanza delle varie armi e specialità del corpo di spedizione del fronte nord, tra cui il Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza.
    La mattina del 26 aprile 1936 partì da Dessié la colonna principale che contava quasi 13.000 uomini preceduta a scopo precauzionale dalle due colonne di ascari ognuna forte di 4.000 uomini.
    In un primo momento la marcia si svolse senza incontrare resistenze particolari da parte degli etiopici, fatta eccezione per un conflitto a fuoco di scarsa rilevanza a Macfud il 29 aprile. Tuttavia gli etiopici stavano organizzando con tutte le forze disponibili presso la ripida salita di passo Termabér l'ultima disperata resistenza, il piano prevedeva di impiegare anche i cadetti della scuola militare dell'Olettà, supportati da alcuni pezzi di artiglieria. A capo delle truppe abissine vi era un capitano svedese di nome Tamm, al quale però non furono inviati dalla capitale i rinforzi promessi per cui, visto fallire il piano per mancanza di rinforzi adeguati, fu costretto a limitarsi a sabotare la marcia facendo brillare alcune cariche di esplosivo che fecero franare la strada in uno dei punti più impervi.
    Dopo aver eliminato un nucleo di 15 etiopi di guardia al passo grazie all'ausilio di una compagnia di alpini, gli sforzi degli italiani si concentrarono nel riuscire a rendere di nuovo percorribile la strada che per 35 metri aveva subito un danno gravissimo poiché si era aperta una voragine e si era generato un salto nel vuoto di circa 500 metri. Migliaia di uomini, nelle seguenti 36 ore lavorarono ininterrottamente, spesso in cordata e quasi sempre sotto una pioggia torrenziale, per consentire alla colonna di poter transitare, ciò fu possibile però solo il 3 maggio dopo quasi tre giorni di sosta forzata.
    Mentre la colonna italiana era bloccata a passo Termabér, Hailé Selassié rientrava nella capitale e, dopo aver ordinato di spostare a Goré la sede del governo, prese il treno per Gibuti alle 4.00 della mattina del 2 maggio, arrivando a destinazione nella colonia francese nella mattina del 3 maggio, lì lo attendava un piroscafo inglese che lo avrebbe accompagnato prima a Gerusalemme e poi a Londra.

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    La colonna principale si rimise in marcia il 3 maggio, Badoglio in persona ne prese il comando e il giorno seguente senza incontrare ostacoli arrivò alle porte della capitale, erano le ore 16.00 del 5 maggio. Badoglio decise quindi di inviare a Roma in leggero anticipo il telegramma che annunciava la presa della capitale: "Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba". Consegnato il dispaccio alla radio, Badoglio risalì sulla vettura e percorrendo con la colonna le vie della città si recò presso l' Ambasciata d'Italia ad Addis Abeba chiamata Villa Italia, che venne raggiunta alle 17.45.

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    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco al centro della foto guarda col binocolo

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    il Vb. Di Cicco al centro della foto

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    Il ras Hailù Teclà Haimanòt (1868 – Addis Abeba, 1950) fu uno dei numerosi ras dell'Impero abissino, e signore del Goggiam, fu alleato del Regio Esercito italiano nella Guerra di Etiopia. La sua lunga storia si trova al link: https://it.wikipedia.org/wiki/Hailu_Tecla_Haimanot

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    Il Ras Mulugeta Yeggazu Yeggazu, noto anche come Mulughieta o Mulughietà (... – Amba Aradam, 27 febbraio 1936), è stato un ras dell'Etiopia nel XX secolo. Fu più volte governatore di varie province etiopiche, fu dignitario di Menelik II e ricoprì negli anni diversi incarichi ministeriali. Ricoprì la carica di Ministro della Guerra durante il regno del negus Hailé Selassié.
    Durante la guerra italo-etiope, Mulughietà guidò un'armata (la più imponente del fronte nord) nella regione dell'Endertà e venne sconfitto in una celebre battaglia contro le divisioni italiane dirette dal maresciallo Pietro Badoglio, il 19 febbraio 1936, dopo giorni di bombardamenti. Morì dieci giorni dopo, durante la ritirata, ucciso dai guerriglieri Azebo Galla mentre vegliava il figlio, che era stato ucciso poco prima dagli stessi.

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    dal web, ras Mulughietà

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    Un gruppo di abissini si arrende al Tenente Colonnello Enrico Palandri, comandante del Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza

    Enrico Palandri (27.03.1896 – 26.05.1960) fu un generale italiano, ex comandante in seconda della Guardia di Finanza. Entrò nella Guardia di Finanza nel 1914; ottenuta la promozione a sottotenente nel 1916, prese parte alla prima guerra mondiale, ricevendo la medaglia di bronzo al valor militare. Promosso capitano, comandò la compagnia di Dobbiaco, e venne insignito della medaglia d'argento al valor militare. Dopo la frequenza della Scuola di Guerra, venne destinato a far parte della commissione militare per l'organizzazione della Guardia di Confine Albanese e, in seguito, gli fu assegnato il comando della scuola sottufficiali. Comandò poi il Battaglione E, impiegato nella Guerra d'Etiopia, e ricevette la croce al merito di guerra. Promosso tenente colonnello, gli venne assegnato il comando della Guardia di Finanza in Albania, dove venne nuovamente decorato con la medaglia di bronzo. Promosso generale dopo la guerra, comandò la Legione di Cagliari, le zone di Venezia e Roma, oltre agli Istituti di formazione del Corpo. Nel 1956 da Generale di Corpo d’Armata venne nominato Comandante in Seconda della Guardia di Finanza, incarico che mantenne fino al 1960.

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    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco a destra.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

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    Quarta parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, che servì come comandante di squadra alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza. Per me una vera e propria antologia fotografica e didascalica della Guerra di Etiopia 1935-36.

    La presente pubblicazione riguarda alcune figure di comando che il Vicebrigadiere Di Cicco inserì nell’album, ed a seguire le immagini relative alla preparazione dei pasti (l’arte di arrangiarsi, per fronteggiare le notevoli carenze organizzative) nell’ostica situazione ambientale in cui queste truppe si trovarono ad operare.

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    Il Generale Ettore Bastico, comandante del 3. Corpo d'Armata

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    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco alla destra della tenda del Generale Bastico

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    il Tenente Colonnello Enrico Palandri fu il comandante del Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza in Etiopia

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    Ettore Bastico (Bologna, 9 aprile 1876 – Roma, 2 dicembre 1972) nel 1928 divenne generale. Successivamente prese parte alla guerra d'Etiopia e alla guerra civile spagnola, in cui fu capo del contingente dei volontari d'Italia. Nel maggio 1935 assunse il comando della 1ª Divisione CC.NN. "23 marzo" in Africa Orientale. Passò quindi al comando del terzo Corpo d'Armata operante in Etiopia, da cui dipese anche il Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza. Nel 1937 fu inviato a comandare il Corpo truppe volontarie italiane nella guerra civile spagnola. Nel 1939 fu nominato Senatore nella XXX legislatura del Regno d'Italia. Fu governatore delle Isole italiane dell'Egeo dal 10 dicembre 1940 al 19 luglio 1941, giorno in cui sostituì Italo Gariboldi in qualità di governatore della Libia e comandante delle truppe delle dell'Asse. L'arrivo dei tedeschi fece perdere a Bastico molto prestigio a causa dei contrasti sulla conduzione della guerra con Erwin Rommel che, pur essendo suo subordinato, fu di fatto la mente delle azioni italo-tedesche. Rommel ne aveva una pessima opinione, lo giudicava "difficile, autocratico e violento".

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    Nella foto sopra gli ufficiali della 2. Compagnia ove servì il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, al comando del Capitano Polcaro Cavalier Giulio, unitamente ai Tenenti Tanca, Mangioni, De Angelis ed Arcangioli.

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    dal web, la G.U. con la nomina a Cavaliere del Capitano Giulio Polcaro

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    Achille Starace

    Achille Starace (Sannicola, 18 agosto 1889 – Milano, 29 aprile 1945) fu un generale, politico e dirigente sportivo italiano. È stato per otto anni (dal 1931 al 1939) segretario del Partito Nazionale Fascista, presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, commissario straordinario della Lega navale italiana, luogotenente generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale - M.V.S.N.. All’inizio del 1936 Starace partì per l'Abissinia raggiungendo Asmara. Il 15 marzo 1936 ripartì alla volta di Gondar, una delle sei capitali federali dell'allora Impero d'Etiopia, alla testa di una colonna motorizzata, composta in prevalenza da camicie nere e bersaglieri occupando la città il 1º aprile. La colonna guidata da Starace proseguì la sua marcia su Gorgorà raggiungendo il lago Tana e poi Bahar Dar. Venne fucilato il 29.04.1945 dai partigiani in Piazzale Loreto a Milano, ove già si trovavano i cadaveri di Mussolini e degli altri gerarchi.

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    il Generale Rodolfo Graziani nel luglio 1936 davanti al Piccolo Ghebì imperiale di Addis Abeba, ove il 19.02.1937 avvenne il famoso attentato

    Rodolfo Graziani (Filettino, 11 agosto 1882 – Roma, 11 gennaio 1955) fu un militare e politico italiano. Dal 1935 al 1936 diresse le operazioni militari contro l'Abissinia partendo dalla Somalia italiana, sul fronte meridionale anche detto Fronte Sud, subordinato al Maresciallo Pietro Badoglio comandante dell’intero Corpo di spedizione e che diresse in particolare il Fronte Nord. I primi scontri Graziani li sostenne proprio mentre Badoglio era impegnato nella battaglia dell'Amba Aradam. Le truppe di ras Destà mossero infatti verso Dolo per attaccare l'armata di Rodolfo Graziani. A Graziani era stato ordinato di mantenere una difesa attiva, al fine di mantenere impegnato nel sud il maggior numero di truppe nemiche, e di non passare all'offensiva. Prontamente informato del movimento delle truppe di ras Destà, lo attese pronto allo scontro. Sulle colonne abissine in marcia fu scatenata l'aviazione che le decimò. Fu in questa occasione che furono usati per la prima volta i gas asfissianti. La seguente offensiva italiana ne disperse i resti e il 20 gennaio 1936 Graziani occupò la città di Neghelli. Dopo la vittoria su ras Destà, contro Graziani furono schierate le truppe al comando di Wehib Pascià, un generale turco al servizio dell'imperatore etiopico. Wehib cercò di attirare Graziani in una trappola, facendolo spingere il più possibile nel deserto dell'Ogaden. Ma nello svolgere tale operazione i reparti italiani al comando di Guglielmo Nasi e del generale Franco Navarra inflissero gravissime perdite agli abissini, tali da far fallire l'operazione e mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza dell'armata abissina. Il 15 aprile 1936 Benito Mussolini ordinò a Graziani di raggiungere e occupare Harar. Graziani raggiunse Dagahbùr, il 25 aprile. Poi le piogge ne rallentarono maggiormente l'avanzata sull'obiettivo prefissato, facendolo giungere a Dire Daua poche ore dopo il passaggio dell'imperatore in viaggio verso l'esilio. Nominato viceré d'Etiopia in seguito alla rinuncia di Badoglio, Graziani in questa veste fece costruire numerosi edifici pubblici, avvalendosi della manodopera e delle risorse locali. A ciò si affiancò anche una dura opera di repressione da parte degli italiani. Furono istituiti campi di prigionia, erette forche pubbliche e uccisi i rivoltosi. Ras Destà appena catturato fu passato per le armi. Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche e fucilati. Il 19 febbraio 1937 fu organizzata una cerimonia per celebrare la nascita del primogenito di Umberto, Vittorio Emanuele di Savoia, alla quale erano stati invitati i notabili locali; questa si svolse presso il Piccolo Ghebì imperiale. A mezzogiorno, improvvisamente, scoppiò una prima bomba, poi di seguito circa altre tre. Nell'attentato morirono sette persone, di cui quattro italiani e due zaptié, circa cinquanta furono i feriti ricoverati in ospedale colpiti dalle schegge. Mentre Graziani, gravemente ferito, veniva trasportato all'ospedale, cominciò immediatamente il rastrellamento di polizia che portò a numerose uccisioni e arresti arbitrari, ed inizio la rappresaglia, condotta da camicie nere, uomini del Regio Esercito, miliziani musulmani e civili italiani della colonia. Da allora e nei mesi successivi migliaia di etiopi vennero massacrati.


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    Le seguenti fotografie, dalla nr. 63 alla 70 comprese, sono relative alla preparazione dei cibi:

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    il Vicebrigadiere Di Cicco è il primo della fila alla distribuzione del rancio

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    il Vicebrigadiere De Cicco a sinistra, si intravvede il pizzo, nella foto successiva è indicato dalla freccia

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    Notare i pantaloni sbrindellati e gli scarponi legati con la corda, del soldato seduto a sinistra. Di Cicco in piedi a destra.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

  6. #6
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  7. #7
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    Quinta parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, che servì quale comandante di squadra alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza.

    R GdF - Pag 11 - foto 71R 328.jpgR GdF - Pag 11 - foto 71 retroR 339.jpg
    un bombardiere Caproni Ca.101 in volo durante la Seconda Battaglia del Tembien

    La seconda Battaglia del Tembien fu combattuta tra il 27 ed il 29 febbraio 1936 nella regione del Tembien (nella regione dei Tigrè) nell'ambito della Guerra d'Etiopia, e vide contrapporsi le forze italiane del generale Pietro Badoglio ad un'armata etiope sotto i ras Cassa Darghiè e Sejum.
    Dopo la prima Battaglia del Tembien e quella di Amba Aradam combattuta nell'Endertà, l'armata di ras Mulughietà che teneva l'ala destra dello schieramento etiope nel Tigré venne annientata e il ras stesso ucciso durante la ritirata.

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    Dopo aver precluso la strada alla ritirata delle truppe abissine e aver bloccato ogni potenziale soccorso proveniente da sud, Badoglio, visto lo scarso coordinamento delle armate abissine, decise di liquidare nel più breve tempo possibile le armate superstiti che ancora erano presenti nel nord.
    Badoglio aveva pianificato di inviare il III Corpo d'Armata di Ettore Bastico (comprendente anche il Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza) a Gaelà per tagliare la via di fuga a Ras Cassa e ras Sejum. Mentre il Corpo eritreo italiano sarebbe avanzato a sud verso i passi di Uarieu e Abarò allo scopo di chiudere in una manovra a tenaglia le truppe abissine.

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    Secondo i piani di Badoglio, il Corpo eritreo avanzò dai passi montuosi ed il III Corpo d’Armata si spostò verso la valle di Ghevà. La seconda Battaglia di Tembien venne quindi combattuta su un terreno piano che favoriva molto la difesa. La regione era piena di foreste e torrenti e gli italiani non furono completamente in grado di utilizzare veicoli corazzati o posizionare adeguatamente l'artiglieria. Malgrado questo i guerrieri del ras non seppero cogliere l'occasione.
    Il lato destro dell'armata etiope rimase presso la Uork Amba (la "montagna d'oro"), stabilendovi un forte punto di resistenza che bloccava la strada per Abbi Addi sul quale stavano convergendo il Corpo eritreo ed il III Corpo d’Armata. Un commando composto da 150 tra alpini del VII Battaglione complementi e camicie nere venne inviato nel cuore della notte, armato di granate e pugnali, a scalare l'amba e solo all'alba del 27 febbraio gli abissini scoprirono che la cima nord dell'amba era stata presa da un plotone al comando di Tito Polo, mentre il tentativo di occupare la cima sud non ebbe lo stesso successo.

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    Per tutta la durata del giorno gli etiopi cercarono di riprendersi il controllo dell'amba ma gli alpini, rafforzati nel frattempo da un plotone di mitraglieri riuscirono a resistere mantenendo il controllo della cima.
    Nel frattempo le colonne italiane scesero dai passi Abarò e Uarieu e fortemente contrastate dagli etiopi riuscirono ad avanzare a fatica costringendo il Corpo Eritreo ad impiegare la riserva, tuttavia in serata tutti gli obiettivi prefissati erano stati conseguiti.

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    Costruzione della Ridotta nr. 30

    Mentre nel Tembien infuriava la battaglia, i 33.000 uomini di Bastico riforniti da aviolanci stavano scendendo nella valle del Ghevà alle spalle dello schieramento etiope, durante la manovra le truppe italiane sarebbero state esposte in una situazione critica all'attacco delle truppe etiopi che tuttavia non presidiavano il Ghevà ma erano collocate più a nord, questo errore dello schieramento abissino consentì agli uomini del III Corpo di Armata di guadare senza problemi il fiume andandosi a schierare con la 1ª Divisione CC.NN. "23 marzo" sulla destra e la 1ª Divisione eritrea sulla sinistra.

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    costruzione di trincea in prima linea

    Il giorno 28 le truppe del III Corpo d'Armata entrarono in contatto con le difese etiopi che dopo tre ore di duri combattimenti iniziarono a cedere e si ritirarono verso il capoluogo del Tembien: Abbi Addi. Sfruttando il successo Bastico spinse ulteriormente in avanti i suoi uomini portandosi nella valle del Tonquà, da dove si potevano già puntare le artiglierie su Abbi Addi, e verso l'Amba Tzellerè che venne occupata in nottata.
    Nello stesso giorno le truppe eritee guadarono il Beles e in località Daran, dove solo un mese prima avvenne l'accerchiamento della colonna Diamanti nella battaglia di passo Uarieu, ingaggiarono battaglia con il nemico, questa volta però il rapporto di forze era ben diverso e le truppe abissine vennero sbaragliate e costrette a ritirarsi dalla Debra Amba, ciò consenti la chiusura della manovra a tenaglia prevista da Badoglio a 3 km da Abbi Addì che venne occupato il giorno 29 annientando le residue difese.

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    Nel frattempo nel truppe di ras Cassa erano in fuga e cercavano di ritirarsi verso il Ghevà e il Tecazzè cercando di filtrare attraverso lo schieramento italiano. Nei giorni seguenti alla battaglia l'aviazione italiana decimò le truppe abissine in fuga, mentre il grosso delle truppe, accerchiato, venne annientato nei giorni seguenti in un'immensa battuta di caccia. Alla manovra di accerchiamento sfuggirono miracolosamente i due ras Cassà e Sejum che riuscirono a guadare il Ghevà nella notte del 2 marzo, tuttavia essi non riuscirono a mantenere uniti i resti dell'armata in fuga e raggiunsero l'imperatore a Quoram solo il 19 marzo seguiti soltanto dalle loro guardie del corpo.

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    Ascari della Artiglieria Coloniale

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    Messa presso il campo di volo di Macallè

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    il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco al centro della foto

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    R GdF - Pag 13 - foto 88R 362.jpgR GdF - Pag 13 - foto 88 retroR 371.jpg
    il Vb. Di Cicco indicato con la freccia

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    il Tenente Colonnello Enrico Palandri comandò il Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza nella Guerra di Etiopia

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    Marzo 1936, Sciafat presso Macallè.

    La Maschinengewehr Patent Schwarzlose M.07/12 fu la mitragliatrice pesante d'ordinanza dell' Imperial Regio Esercito dell' Impero Austriaco durante la prima guerra mondiale. Fu anche impiegata, durante la Guerra di Etiopia e la seconda guerra mondiale dal Regio Esercito Italiano.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

  8. #8
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    Sesta parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, che servì quale comandante di squadra alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza.

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    in basso a sinistra il Capitano Polcaro Cavalier Giulio, comandante della 2. Compagnia, Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza

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    la Fiamma di Combattimento del Battaglione R. Guardia di Finanza portata dal Balilla Baroni. Sulla fiamma il motto dell'unità: Nec recisa recedit (nemmeno recisa retrocede) che è il motto araldico del Corpo della Guardia di Finanza dal 1933.

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    lavori di scultura eseguiti da un artigliere

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    resti di una autocolonna della Regia Aeronautica dopo l'attacco delle forze abissine nei pressi del Torrente Gallina

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    la dimora dei soldati con davanti il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco

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    questa, e le due foto successive, sono relative alla Marcia Dessiè - Addis Abeba, anche "marcia della ferrea volontà", dal 26 aprile al 03 maggio 1936, e ben evidenziano le difficoltà del percorso stradale

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    i resti di altra autocolonna dopo l'attacco delle forze abissine nel marzo 1936

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    il Vicerè Graziani di passaggio ad Addis Abeba

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    il Negus Ailè Selassiè passa in rassegna la Guardia Imperiale il giorno in cui lasciò Addis Abeba per Ascianghi ed Agi ed il successivo esilio.

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    una cartolina fotografica, raffigurante il Negus Haile Selassiè, ricevuta dal Vicebrigadiere Di Cicco (anche se il cognome non è completo) e che è stata utile per identificarlo assieme a diverse fotografie che verranno pubblicate successivamente.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

  9. #9
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    Ciao a tutti.

    Settima parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, che servì quale comandante di squadra alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza.

    Il Di Cicco volle inserire nel suo album ricordo anche alcune foto degli imperatori di Etiopia.

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    Hailé Selassié ("Potenza della Trinità"), alla nascita si chiamava Tafari Maconnèn (Egersa Goro, 23 luglio 1892 – Addis Abeba, 27 agosto 1975) è stato negus neghesti e ultimo imperatore d'Etiopia dal 1930 al 1974. Era l'erede della dinastia salomonide, che secondo la tradizione avrebbe origine dal re Salomone e dalla regina di Saba. Quando, nel 1936, l' Impero d'Etiopia fu aggredito e occupato dal Regno d'Italia, scelse l'esilio volontario. Il negus poté rientrare in patria nel 1941, quando le potenze alleate liberarono il suo regno. Verrà infine detronizzato nel 1974, quando Aman Mikael Andom rovesciò l'impero e trasformò l'Etiopia in uno Stato socialista (Derg).

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    Menelik II (nato Sahle Mariàm; Ancober, 17 agosto 1844 – Addis Abeba, 12 dicembre 1913) fu imperatore d'Etiopia dal 1889 al 1913. Fu protagonista della vittoria di Adua sull'esercito del Regno d'Italia nella Prima Guerra di Etiopia nel 1896.

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    la ferrovia a scartamento ridotto che collegò il porto di Massaua con la città di Asmara, ed i relativi vagoni


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    a sinistra seduto il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco ed in piedi il collega Antonio Corrias

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    un tragico ribaltamento stradale, 5 morti e 17 feriti tra i regi finanzieri

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    il Vicebrigadiere Di Cicco rende omaggio alla tomba di tre soldati della Sanità vittime del "fuoco amico", cioè di un bombardamento aereo da parte della "Disperata".

    Si trattò della 15ª Squadriglia, una squadriglia del Regio Esercito e poi della Regia aeronautica del Regno d'Italia, nota anche come La Disperata. La 15ª Squadriglia della Regia Aeronautica partecipò alle operazioni belliche in Etiopia sin dal 3 ottobre 1935 in dipendenza del IV Gruppo Bombardamento sull'aeroporto di Asmara (poi Aeroporto Internazionale di Asmara). La "15ª squadriglia bombardamento terrestre" fu equipaggiata con 10 trimotori Caproni Ca.101 sotto il comando di Galeazzo Ciano ed in cui servì tra gli altri anche Alessandro Pavolini.

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    dal web, il simbolo de La Disperata

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    Il velivolo Caproni Ca.101 de La Disperata, in particolare quello nr. 1 pilotato da Galeazzo Ciano, dalla mia collezione. Foto già pubblicata con l'album fotografico del Tenente di Artiglieria da Montagna in A.O.I.

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    scorcio del cimitero di guerra italiano a Macallè, sovrastato dal Forte Galliano. In particolare viene citata la tomba dell' Aviere Scelto Tadini Mario

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    dal web, una lapide commemorativa di Mario Tadini MOVM

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    i Vicebrigadieri Francesco Di Cicco (a sinistra) ed Antonio Corrias

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    altra foto del Cimitero di Guerra di Macallè, presso il Forte Galliano sullo sfondo

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    al ritorno dalle fatiche di guerra, a destra il Vb. Di Cicco, davanti a lui il collega Corrias

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    16.02.1936 dopo la prima Battaglia del Tembien (19 - 24 gennaio 1936), il comandante di plotone (secondo da sinistra) ed i sottufficiali comandanti di squadra, il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco è il primo a destra.

    La pubblicazione prosegue.

    Saluti, Giovanni

  10. #10
    Utente registrato L'avatar di stefano c
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    fantastico album a dir poco

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