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Discussione: Padre Gianfranco Maria Chiti, il Granatiere di Dio

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    Padre Gianfranco Maria Chiti, il Granatiere di Dio

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    Il 6 maggio 2021 ricorreva il centenario della nascita di Gianfranco Chiti, ufficiale dei Granatieri di Sardegna che prestò servizio nel Regio Esercito, nell’Esercito Nazionale Repubblicano e nell’Esercito Italiano. Giunto al grado di Generale, decise di prendere i voti nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Persuaso che solo chi appartiene davvero al Signore può avere il coraggio di immolarsi per il bene della Patria, per la santità della Chiesa e per la salvezza altrui, Gianfranco Chiti intraprese giovanissimo la carriera militare, trovando nella fede in Dio la forza per non considerare nessuno davvero come nemico e rifuggendo da ogni faziosità ed odio di parte. Nel drammatico periodo della guerra civile sempre si adoperò per la salvezza di tutti e per la pacificazione fra italiani. Ogni volta che gli fu possibile protesse la popolazione civile, sventò sanguinose rappresaglie, salvò partigiani e renitenti catturati, giunse persino ad arruolare tra i suoi Granatieri lo studente torinese Giulio Segre, proteggendo sia lui che l’anziano padre dalle SS, che ne richiedevano la consegna in quanto di religione israelitica. Il Processo Diocesano aperto a suo carico nel 2015 dal vescovo di Orvieto è stato solennemente chiuso il 30 marzo 2019. La documentazione relativa alla Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Fra Gianfranco Maria Chiti da Gignese si trova attualmente in Vaticano ed è sotto esame presso la Congregazione dei Santi. Per tutta la vita egli visse realmente una fede adamantina e senza tentennamenti: fede in Dio, nella Chiesa, nella Patria e nell’Ordine dei Cappuccini. Nei 37 anni trascorsi in divisa militare e 25 in abito religioso, dimostrò nei fatti la sua coerenza, non disgiunta da una profonda umanità. Qualora venisse elevato agli Onori degli Altari, sarebbe forse il primo santo “coi gladietti” sugli alamari, ma certamente – per usare le parole di uno dei giovani partigiani da lui salvati – “un vero e grande uomo di Dio”.
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    Dati biografici
    Nato il 6 maggio 1921 a Gignese (NO) da Giovanni Chiti e Giovanna Battigalli, appena sedicenne Gianfranco Chiti entra al Collegio Militare di Roma e successivamente viene ammesso all’Accademia di Fanteria e Cavalleria di Modena (82º corso “Fede”). Nominato Sottotenente in s.p.e. all’inizio del 1941, viene assegnato al 3° Rgt. Ftr. Granatieri di Sardegna con sede a Viterbo. Mobilitato in zona di guerra come comandante di plotone nel XXXII Btg. anticarro Granatieri di Sardegna, nel 1941/42 combatte in territorio sloveno e croato. Impiegato in operazioni antiguerriglia contro i partigiani jugoslavi, viene ferito da schegge di granata agli occhi nei pressi di Lubiana. Rientrato brevemente in Italia, nel 1942/43 combatte al Fronte Orientale come comandante di compagnia nel suddetto reparto. Durante i combattimenti nell’ansa di Verch Mamon riporta il congelamento di 1° e 2° grado ad entrambe le gambe. Ricoverato all’ospedale militare di Voroscilovgrad rischia l’amputazione di un piede per cancrena, ma seppur in precarie condizioni sceglie di rientrare al suo reparto. Coinvolto nella disastrosa ritirata dell’A.R.M.I.R. porta in salvo i Granatieri superstiti della sua compagnia, riportando ferite da scheggia alla schiena e ad un calcagno. Uscito dall’accerchiamento rimpatria in Italia con l’ultima tradotta da Gomel.Rifiutata la licenza per convalescenza, torna al XXXII Btg. anticarro Granatieri di Sardegna, che senza più cannoni si sta lentamente ricostituendo a Bagnoregio (VT). L’8 settembre 1943 ottemperando ad ordini superiori provvede allo scioglimento temporaneo del reparto e rimanda la truppa alle proprie case, dandosi poi alla macchia insieme ad altri ufficiali dei Granatieri.Impossibilitato ad intraprendere la lotta partigiana per i per i gravi postumi del congelamento agli arti inferiori e temendo di esporre la famiglia alle rappresaglie minacciate dal Bando Graziani, nel mese di dicembre sceglie di presentarsi alle autorità militari della Repubblica Sociale. Il 15 dicembre 1943 si arruola volontario nell’E.N.R. restando a disposizione del 54° Comando Militare Provinciale di Roma fino al 10 gennaio1944, quando viene assegnato alla 5a Comp. Studenti Universitari Romani, inviata nella zona pontina con funzioni di polizia militare e soccorso alla popolazione civile di Velletri, Cisterna e Cori.Trasferito a Milano insieme al reparto – che dal 20 febbraio 1944 cambia il nome in 1a Comp. “Roma” – entra a far parte del I Btg. Granatieri di Sardegna del Rgpt. Cacciatori degli Appennini. Presta servizio presidiario e controguerriglia nelle zone di Milano, Reggio Emilia e Mondovì. Ferito in combattimento durante una operazione antipartigiani, viene ricoverato negli ospedali di Castelnuovo Monti, Carreggio e Manerbio. Dimesso con una licenza di convalescenza di 90 giorni, sceglie di rientrare immediatamente al reparto ma poco dopo è rimosso dal comando della 1a Compagnia. Nell’inverno 1944/45 gli viene affidato dal Centro Mobilitazione del 16° Deposito Misto Provinciale il compito di addestrare in località Murazzano una compagnia Granatieri composta da sbandati e renitenti piemontesi, presentatisi ottemperando al Decreto del Capo del Governo. Il 25 aprile 1945, dopo uno scontro a fuoco con i partigiani in località Giorgini di Murazzano (CN), viene promosso Tenente sul campo.Dopo la resa al C.V.L. del I Btg. Granatieridi Sardegna, avvenuta il 4 maggio 1945 a Baldissero Canavese, viene minacciato di morte dai partigiani di Ivrea. Il giorno 5 è arrestato dalla P.S. e tradotto a Torino nel carcere giudiziario “Le Nuove” dove resta tre mesi in isolamento.Internato prima nel campo di Coltano (PE) e poi trasferito al campo di Laterina (AR). Rimesso in libertà con foglio di via alla fine dell’anno, raggiunge fortunosamente la famiglia a Pesaro, dove si presenta alla Regia Questura ed al Distretto Militare per regolarizzare la sua posizione. Deferito alla Commissione di Epurazione per aver giurato fedeltà e prestato servizio nelle forze armate repubblichine, nel 1946 è retrocesso a Sottotenente e dispensato dal servizio. Trasferitosi in Puglia, negli anni scolastici 1946/47 e 1947/48 insegna matematica nell’Istituto “Giuseppe Calasanzio” dei PP. Scolopi di Campi Salentina (LE). Nel 1948 ottiene di essere riammesso in servizio nell’Esercito Italiano ed è assegnato al 1° Rgt. Granatieri di Sardegna. Volontario col grado di Capitano dal 1949 al 1954 nel Corpo Truppe di Sicurezza della Somalia, comanda il campo base del Q.G. di Balad Road, poi la 2a Compagnia del I Btg. Fucilieri Somali a Gallicaio. Dopo due ricoveri consecutivi all’ospedale di Mogadiscio è nominato Assessore presso la Corte d’Assise e poi presso i Tribunali Regionali della Somalia. Rientrato in Italia prosegue la carriera militare, assumendo incarichi di comando presso la Scuola di Fanteria di Cesano, il Comando del 1° Rgt. Granatieri di Sardegna, il Distretto Militare di Viterbo, il IV Btg. Motorizzato e corazzato del 1° Rgt. Granatieri di Sardegna, la Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo, la Segreteria del Q.G. della Regione Militare Centrale di Roma e di nuovo la Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo. Raggiunto il grado di Colonnello, nel 1978 cessa il servizio attivo per limiti di età e passa nella Riserva come Generale di Brigata.Nello stesso anno chiede e ottiene di vestire il saio dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel convento di Rieti. Nel 1982 è ordinato sacerdote con il nome di padre Gianfranco Maria da Gignese e nominato vicemaestro dei novizi. Dal 1983 in qualità di padre spirituale inizia una intensa attività pastorale intervenendo alla tv locale di Rieti e tenendo conferenze ai militari, missioni al popolo, corsi di esercizi spirituali ad Udine, Modena, Milano, Ferrara, Montalto, Tarquinia, Assisi, Lourdes, Faenza, Fossombrone, Camerino, Pesaro, Loreto, Recanati, Cittaducale, Vicenza, Taranto, Segni, Coverciano, Viterbo, Palermo, Rieti, Tuscania, Monte Romano, Guidonia, Vetralla, Vulci, Orvieto. Dal 1990 diviene padre spirituale dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna. Nello stesso anno inizia la ricostruzione dell’antico convento di San Crispino a Orvieto, da molti anni in stato di abbandono. L’11 settembre 1993, celebrando la Santa Messa sul sagrato della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme in occasione del raduno nazionale dei Granatieri di Sardegna nel 50° anniversario della Difesa di Roma, pronunzia un vibrante appello alla pacificazione nazionale e ad onorare tutti i caduti italiani della Guerra Civile. Il 10 dicembre 1993 è promosso Generale di Divisione nella Riserva. Nel 1994 partecipa al rimpatrio dalla Russia dei resti di soldati italiani caduti sul Fronte Russo durante la 2^ g.m. presenziando ai funerali militari solenni a Sestri Levante, Massa Carrara, Como, Roma, Gorizia, San Sepolcro, Pesaro, Fano, Ascoli Piceno, Firenze, Empoli, Este, Villa Bartolomea, Milano, Chianciano, Viterbo.Nel 1996 conclude la ristrutturazione del convento di San Crispino a Orvieto. Nel 1997 partecipa come Delegato al Capitolo Provinciale dei Cappuccini a Viterbo. Il 9 luglio 2004 resta gravemente ferito in un incidente stradale nei pressi del convento di San Crispino. Ricoverato in ospedale a Orvieto viene poi trasferito a Roma, dove si spegne all’Ospedale Militare del Celio, alle ore 10:00 del giorno 20 novembre 2004. La sua salma viene esposta nel Museo dei Granatieri a Roma e i funerali solenni vengono celebrati nel Duomo di Orvieto. Riposa nella tomba della famiglia Chiti, nel cimitero di Pesaro. Le sue uniformi e le medaglie sono esposte insieme ad altri oggetti personali nel Museo Storico dei Granatieri di Sardegna in P. Santa Croce in Gerusalemme (Roma).
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    Onorificenze
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    M.B.V.M.
    «Comandante di un plotone di cannoni da 47/32 attaccato da ingenti forze nemiche, respingeva più volte col tiro preciso dei suoi pezzi le masse avversarie attaccanti, cagionando loro perdite gravissime. Esaurite le munizioni e ricevuto dal proprio comandante di reparto l’ordine di ripiegare con i resti della compagnia su posizione prestabilita e trovata la strada sbarrata da superiori forze avversarie, munite di numerose armi automatiche, si metteva alla testa di un gruppo di animosi, le attaccava decisamente, aprendo la via al proprio reparto e facilitando il movimento delle altre forze che seguivano. Ansa di Verch-Mamon (Fronte russo), mercoledì 16 dicembre 1942.»
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    Croce di Guerra al V.M.
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    Croce di Guerra al V.M.
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    Medaglia commemorativa della Guerra 1940-43
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    Medaglia per lungo comando di reparto
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    Croce per anzianità di servizio militare

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    Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana
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    Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana
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    Cavaliere di gran croce dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
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    Croce di Ferro di seconda classe (E.K.II)
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    Distintivo di ferita (due conferimenti)

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    Distintivo commemorativo del Fronte Russo
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    Distintivo per truppe corazzate e motorizzate


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    Bibliografia
    AA.VV. – Un’occasione chiamata Gianfranco – Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna – Roma 2007.
    Bacci Polegri Maria Antonietta – Padre Chiti. Il soldato di Dio – Ed. Intermedia – Orvieto 2010.
    Bassetti Sandro – Gianfranco Chiti. Vita militare di un Ufficiale e Galantuomo 1936-1978 – Lampi di Stampa, Milano 2010.
    Christin Francesco – Con gli alamari nella Rsi. Storia del 1° Battaglione Granatieri di Sardegna 1943-1945 – Edizioni Settimo Sigillo – Roma 2004.
    Fiorini Giancarlo – Giancarlo Chiti granatiere e francescano – Borgia – Roma 2014.
    Manca Vincenzo – Il generale arruolato da Dio. Gianfranco Maria Chiti (1921-2004) – Edizioni Ares – Milano 2018.
    Rinaldo Cordovani – Gianfranco Chiti. Lettere dalla prigionia (1945) – Edizioni Ares, Milano 2019.



    Estratti dagli scritti di p. Chiti

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    UN AMICO

    «Il mio amico non è tornato, dal campo di battaglia, Signore. Chiedo l’autorizzazione di andare a cercarlo», disse il soldato al suo Tenente.
    «Autorizzazione negata», risponde l’ufficiale, non voglio che rischi la tua vita per un uomo che probabilmente è morto».
    Il soldato incurante del divieto, va. E un’ora dopo ritorna all’accampamento, mortalmente ferito, con il cadavere del suo Amico.
    L’ufficiale era furioso: «Te l’avevo detto che era morto. Dimmi, valeva la pena di andare fin là?»
    Il soldato moribondo rispose: «Certo che sì, Signore! Quando l’ho trovato era ancora vivoe ha potuto dirmi: ero sicuro che saresti venuto».
    Elegia in ricordo dei Granatieri caduti in Russia (1943).
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    «Ne ho visti morire tanti, caro Fei, ma nessuno mi ha mai addolorato come questi; giovani ragazzi che sento di avere amato e amare più di me stesso. Per questo sempre ho chiesto al Signore di prendersi me, piuttosto che uno di loro. Ma finora non sono stato esaudito. Unica consolazione il saperli ora là in cielo nella serenità e pace eterna assieme a tanti nostri cari indimenticabili camerati che sono con noi sempre e ovunque stimolatori, suscitatori di energie e di volontà; il cielo accoglierà oltre ai veci alpini anche i giovanetti imberbi granatieri della vecchia 5a compagnia che al canto di oilì oilà sfileranno felici, mentre noi rimaniamo ancora qui con il cuore straziato da mille inconsolabili dolori che dall’8 settembre ci hanno tragicamente colpito. Tu, caro Fei, prega tanto per loro che dal cielo proteggano il nostro esercito e ci concedano almeno di continuare a combattere e morire da soldati come loro hanno saputo fare. Vado ogni giorno al piccolo cimitero e lì posso piangere come un bimbo ed essere anche felice perché nessuno può criticare sul mio dolore e sulla mia gioia del momento.»
    Lettera da Murazzano al cappellano p. Edgardo Fei (1945).
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    «Io ammiro tanto voi partigiani quanto invece disprezzo coloro che sono rimasti a casa e che non hanno avuto il coraggio di battersi da nessuna parte.»

    Colloquio col partigiano dr. Luigi Tozzi (1945).
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    «Io mio caro amico, sono sereno come mai lo sono stato. Il sapere che finalmente i miei Granatieri hanno raggiunto le loro case, mi ha liberato dal dolore che mi angustiava nei mesi passati nel vederli tanto soffrire materialmente e moralmente dopo tanto bene fatto. Temevo che il loro spirito non resistesse a tanta prova e io che dovevo continuare ad assisterli ne spiavo il comportamento, li assistevo nello sconforto, cercavo d’elevarli indirizzandoli a rimettersi alla volontà suprema di Dio ed a offrire a Lui ogni dolore morale e materiale[…].Tutti ci scacciano come lebbrosi, ma Gesù Santissimo è qui, tra noi, internato con noi. Ogni mattina lo adoriamo nella nostra cappella, ogni mattina, Lui, il Re dei Re, viene nel nostro animo, consolatore, suscitatore di energia, vita. Cosa importa che gli altri non ci vedano altro che con odio? Che importa ciò a chi come noi ha giornalmente la visita e la compagnia di Gesù benedetto?»

    Lettera dal campo di Laterina al cappellano p. Edgardo Fei (1945).
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    «Il sottoscritto […], conscio della tragica situazione in cui si dibattevano gli italiani , ha in svariate occasioni aiutato i partigiani, salvando, per personale intervento, dalla fucilazione elementi trovati armati da altri reparti, evitato distruzioni ordinate per rappresaglie, specie dai comandi germanici, organizzando ampi scambi di vedute con comandi di partigiani e adoperandosi in iniziative per vasti scambi di prigionieri.»

    Esposto al Ministero della Difesa per la riammissione in servizio (194.
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    «Quando riceverete questa lettera, io avrò già presa un’impegnativa decisione che mi avrà trasformato in un seguace di san Francesco d’Assisi, nell’amatissimo suo Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Avrò realizzata un’aspirazione della mia giovinezza, maturatasi nel corso della vita e custodita gelosamente nel cuore sempre e ovunque . Da ragazzo ebbi per la prima volta questa idea, idea più volte riaffacciatasi […]. Tranquillo e fermamente deciso ho così intrapreso la nuova strada per percorrerla fino all’ultimo da forte e da buon soldato, sicuro della sua decisione[…]. Lasciato il servizio attivo nell’Esercito, ora passo al servizio del più potente dei Re, con una fiamma che in me arde e che non ha incertezze. Da piccolo figliol prodigo, torno a casa del Padre.»

    Lettera alla famiglia prima di prendere i voti (197.
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    «Ho lasciato l’Esercito nel 1978. Mi sono congedato quando sentii dentro di me quel meraviglioso richiamo. Soltanto allora capii che era giunto il momento di fare quel passo che altre volte non ero riuscito a compiere. E’ successo a maggio, quando cade il mio compleanno. Ma è soprattutto il mese della Madonna. Per questo ho scelto come mio secondo nome quello di Maria.»

    Testimonianza sulla devozione mariana (1980).
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    «Per quanto riguarda l’8 settembre, la Patria e i suoi caduti che ricordiamo ci esortano soprattutto a riunire i caduti delle due parti della guerra civile: non più caduti da onorare e caduti da dimenticare, per gli uni e per gli altri si riconosca la dedizione alla Patria. Tutti, da una parte e dall’altra, la servirono con dignità e onore e nessuno operò per profitto. Via questo muro tremendo, per la pacificazione concreta fra gli italiani, a gloria di Dio, a splendore della Madre comune, per la pace di Cristo Signore ai caduti nell’eternità e per la pace di Cristo Signore per noi nel tempo. Se ciò avverrà, la Seconda guerra mondiale, per gli italiani sarà veramente conclusa e inizierà l’era vera dell’unità nazionale, dell’Italia nuova. Unità, in cui ognuno è ricchezza per l’altro; per averla occorre il coraggio di ripudiare tutto ciò che ci divide, altrimenti dividiamo Dio, il Corpo di Cristo».
    S. Messa per il 50° anniversario della Difesa di Roma (1993).
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    «Il giovane Francesco si arruolò come volontario contro i perugini. Combatté la battaglia dove adesso c’è la stazione di Assisi. Forse ha fatto a pezzi un pò di nemici e provò l’onta della disfatta che anch’io ho provato nel 1945. Francesco è stato per sette mesi nelle carceri perugine e pure io sono stato per sette mesi prigioniero di guerra[…]. Il mio Francesco l’ho avuto sempre vicino, dai tempi della campagna di Russia a oggi. Era con me nel gelo, nella bufera, tra i feriti[…], era con me tra gli italiani che si uccidevano fra di loro!»
    Intervista su San Francesco d’Assisi (2004).
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    «Ringrazio il sommo Dio, Padre e Creatore misericordioso di avermi collocato a servire l’amata Patria nell’Esercito Italiano e di avermi illuminato nell’ora di Giuda e di Barabba sui miei doveri (8.9.1943) facendomi aderire alla Repubblica Sociale Italiana agli ordini del Duce.»
    Testamento olografo (1976).
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    «Militare è soprattutto colui che, nella diuturna e inevitabile lotta per la vita, non perde di vista il benessere del prossimo e sente il dovere di posporre il proprio interesse, i propri sentimenti, le proprie personali aspirazioni all’aiutare i propri simili, per lenire i dolori e confortarne la afflizioni[…]. La legge per la quale muore GESU’ e muore il SOLDATO è la stessa: la legge della redenzione. Ciò è vero, perché il soldato non soffre e non muore per sé come individuo, ma come consacrato. Il soldato che muore non sconta colpe personali, ma quelle della sua gente, quelle dell’umanità; il soldato vuole la redenzione dell’umanità, proprio come Cristo.»


    Testo dattiloscritto (senza data).


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