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Discussione: Robey Leibbrandt, pugile sudafricano e agente dell'Abwehr

  1. #1
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    Robey Leibbrandt, pugile sudafricano e agente dell'Abwehr

    ROBEY LEIBBRANDT

    Sidney Robey Leibbrandt nacque il 25 gennaio 1913 a Potchefstroom, nella regione del Transvaal, terzo dei sei figli di Meyder (Meider) Johannes Leibbrandt. Il padre era di origine tedesca, la madre era irlandese. Il padre di Leibbrandt aveva combattuto contro le truppe britanniche durante la seconda guerra anglo-boera ed in seguito era diventato sergente maggiore nell’esercito sudafricano, ma nel 1914 allo scoppio della Grande Guerra, si era rifiutato di partecipare alla campagna militare contro l’Africa sudoccidentale tedesca, dichiarandosi obiettore di coscienza e considerando immorale il fatto che tedeschi fossero costretti a combattere contro altri tedeschi. Alla fine degli anni venti Robey Leibbrandt si fece una reputazione di pugile completo e competitivo. Nel 1934 fece parte della rappresentanza sudafricana agli Empire Games, conquistando la medaglia di bronzo. Nel 1936 partecipò anche ai Giochi Olimpici di Berlino sfiorando il podio, ma classificandosi solo quarto dietro Francesco Risiglione. Il 13 luglio 1937 divenne campione nazionale sudafricano, battendo Jim Pentz a Johannesburg. Già durante le Olimpiadi era stato favorevolmente impressionato dalla figura di Adolf Hitler e dalla prosperità della nuova Germania, e non si può escludere che agenti dello spionaggio nazista lo avessero contattato sin da allora. Comunque nel 1938 Leibbrandt scelse di tornare a nella capitale tedesca per frequentare i corsi dell’Accademia di Educazione Fisica del Reich, rimanendovi anche dopo lo scoppio della guerra nel settembre 1939. Poco tempo dopo si arruolò volontario nella Wehrmacht, divenendo così il primo sudafricano ad essere addestrato come paracadutista e pilota di alianti. Fu successivamente trasferito alla Abwehrschool “Quenzgut” vicino a Brandenburg an der Havel, ad ovest di Berlino, per seguire un corso di addestramento al sabotaggio e alla guerriglia per agenti dell’Abwehr II. Al termine del corso tenuto dai Brandenburghesi, il controspionaggio militare tedesco ordinò a Leibbrandt di tornare in patria per suscitare un colpo di stato contro il governo di Jan Smuts e far uscire il Sudafrica dalla guerra contro il Reich, attuando la cosiddetta “Operazione Weissdorn” ideata dall’ammiraglio Canaris. Il 5 aprile 1941 Leibbrandt lasciò la Germania diretto nella Francia occupata, con il nome di copertura Walter Kempf. Nel giugno del 1941 dopo aver percorso l’Atlantico da nord a sud a bordo della Kyloe, una nave a vela battente bandiera francese (ma con equipaggio dell’Abwehr agli ordini del capitano Christian Nissen), Leibbrandt fu sbarcato sulla costa del Namaqualand, a nord di Città del Capo. Una volta giunto in Sudafrica cercò subito di contattare gli elementi filo-nazisti tra la popolazione Afrikaner, conosciuti come Ossewabrandwag, ma scoprì presto che il leader del gruppo, Johannes Van Rensburg, non era affatto disposto a offrirgli supporto. Nonostante ciò Leibbrandt riuscì a radunare una sessantina di uomini, reclutati tra i membri più oltranzisti degli Ossewabrandwag durante una serie di comizi tenuti nello Stato Libero dell’Orange e nel Transvaal. Il gruppo di Leibbrandt lanciò una serie di operazioni di guerriglia in scala ridotta volte al sabotaggio di infrastrutture strategiche, facendo esplodere tralicci elettrici e binari ferroviari o tagliando cavi telefonici e telegrafici, in varie zone del paese. Negli ultimi mesi del 1942, durante uno scontro a fuoco con le truppe sudafricane, l’ex pugile venne identificato e di conseguenza dovette darsi alla macchia. Fu catturato a Pretoria alla fine dicembre 1942, per una soffiata alle autorità da parte di uno dei membri del gruppo. Accusato di alto tradimento, rifiutò di prendere parte attiva al processo. Prese la parola solo per rivendicare di aver agito per il Fuhrer e il popolo tedesco e concluse la sua dichiarazione rivolgendo alla corte il saluto nazista. L’11 marzo 1943 venne condannato a morte. Dopo la lettura della sentenza, Leibbrandt gridò “Io accolgo la morte!” provocando le entusiastiche acclamazioni dei suoi sostenitori presenti tra il pubblico nell’aula del tribunale. Per non farne un martire e prevenire la crescita delle simpatie naziste fra gli Afrikaners, il Primo Ministro sudafricano Jan Smuts scelse di commutare la pena di morte in carcere a vita, ma Leibbrandt scontò solo cinque anni. Le elezioni politiche del 1948 videro prevalere nettamente il National Party. Il partito guidato da Daniel François Malan, si era opposto al coinvolgimento del Sudafrica nella 2^ g.m. a fianco della Gran Bretagna, mantenendo una politica neutralista per tutto il corso del conflitto. Il primo atto del nuovo governo fu promulgare una amnistia generale dei prigionieri politici. Ne beneficiò anche Leibbrandt, che uscendo dal carcere trovò ad accoglierlo una piccola folla di Afrikaners, pronti a festeggiarlo come un eroe popolare. Stabilitosi presso la fattoria paterna, l’ex-agente dell’Abwehr – che ora sfoggiava orgogliosamente un paio di caratteristici baffetti alla Hitler – tornò brevemente sul ring alla fine degli anni quaranta, vincendo ancora qualche incontro prima del ritiro definitivo e trovò anche il tempo per sposare negli anni cinquanta tale Margaretha Botha. Nel secondo dopoguerra restò politicamente attivo, fondando e capeggiando dal 1962 una minuscola formazione politica di destra denominata Anti-Communist Protection Front. Pubblicò anche opuscoli inneggianti alla consapevolezza razziale. Robey Leibbrandt morì a 54 anni per un attacco di cuore il 1 agosto 1966 e venne sepolto nel cimitero di Ladybrand.

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  2. #2
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    I tentativi di infiltrazione in Sudafrica da parte delle varie agenzie di spionaggio naziste - in perenne rivalità tra loro - furono numerosi e il caso Leibbrandt fu solo quello più clamoroso.
    Alla metà degli anni 30 tentarono anche una penerazione commerciale tramite le compagnie aeree civili come segue...

    - - - Aggiornato - - -

    Il Terzo Reich aveva già raggiunto notevoli risultati utilizzando come strumenti di penetrazione commerciale, ideologica e militare in molti stati sudamericani le compagnie aeree a capitale misto, gestite da personale di volo e tecnici tedeschi. Oltre ad offrire una copertura ideale all’attività delle spie naziste, esse avevano anche un notevole ritorno propagandistico come vetrina della superiorità tecnologica dei velivoli prodotti dall’industria aeronautica tedesca, primo fra tutti, l’iconico trimotore Ju52. Si ritenne dunque opportuno tentare di replicare tale vantaggiosa strategia anche verso alcuni Dominions dell’Impero Britannico, nella speranza di attirarli nella sfera di influenza germanica. La situazione più favorevole si presentava ovviamente in Sudafrica, dove i Boeri di origine olandese e tedesca (oltretutto assimilati agli ariani dalle folli teorie razziali nazionalsocialiste) mal sopportando la dominazione Britannica, sin dal tempo delle due guerre anglo-boere guardavano con simpatia alla Germania. L’occasione propizia si presentò alla seconda metà degli anni trenta, quando la South African Airways ordinò alla ditta Junkers ben 17 bimotori trasporto passeggeri Ju86Z. Già il fatto che la compagnia di bandiera sudafricana avesse deciso di unificare la propria linea di volo scegliendo un aereo di produzione tedesca anziché britannica era indicativo delle crescenti simpatie per la Germania nazista che influenzavano pesantemente la società civile sudafricana. I primi Junkers giunsero in Sud Africa nel giugno del 1937, equipaggiati con i motori stellari Rolls Royce Kestrel. Su richiesta del committente però, questi propulsori vennero sostituiti in corso d’opera con i più performanti Pratt & Whitney Hornet, che andarono ad equipaggiare anche i velivoli di costruzione successiva. Inoltre un singolo Ju86K, la versione militare da bombardamento equipaggiata con motori BMW, venne donato dalla ditta in vista di una eventuale valutazione da parte delle autorità militari sudafricane. Il dono era tutt’altro che disinteressato, in quanto per i vertici tedeschi, ottenere l’eventuale fornitura di velivoli militari avrebbe giustificato la presenza di istruttori e tecnici della Luftwaffe nelle basi della South African Air Force, aprendo rosee prospettive alla propaganda nazista. Dunque il totale degli Junkers impiegati dalla SAA – che ricevettero tutti le immatricolazioni civili sudafricane – si fermò a diciotto. Nel settembre 1939 in seguito alla dichiarazione di guerra tutti gli Ju86Z e l’unico Ju86K della South African Airways vennero requisiti e militarizzati dalla South African Air Force, ricevendo postazioni difensive per mitragliatrici e supporti esterni per bombe. Essi entrarono in servizio nel No.15Squadron SAAF basato a Wingfield (Cape Town), poi rinominato No.32 (Coastal) Squadron ‘A’ Flight. Inizialmente utilizzati per il pattugliamento costiero, nel dicembre 1939 tali aerei giocarono un ruolo importante nell’intercettazione della nave corsara tedesca SS Watussi. Nel maggio 1940 furono trasferiti al No.12 Squadron SAAF ed impiegati come bombardieri nella campagna militare contro l’A.O.I. effettuando la loro prima azione contro le truppe italiane già il 14 giugno 1940. Le perdite furono elevate e nel maggio 1941 gli otto Ju86 superstiti passarono in carico al No.16 Squadron SAAF, un reparto di nuova costituzione che li impiegò immediatamente a supporto dell’avanzata su Gimma. A causa del ridotto numero di aerei in condizioni di volo, già il 22 agosto 1941 il No.16 Squadron SAAF fu rinominato 35 Flight. Gli ultimi Junkers passarono poi al No.22 Squadron SAAF, operando di nuovo come ricognitori costieri al fianco degli altrettanto obsoleti Avro Anson, fino a quando furono definitivamente ritirati dal servizio nel settembre 1942.

    ELENCO DEGLI JUNKERS JU86 SUDAFRICANI COMPRENSIVO DI IMMATRICOLAZIONE CIVILE, MODELLO DEL VELIVOLO, NOME DEL VELIVOLO, NUMERO IDENTIFICATIVO SAAF (SE CONOSCIUTO).
    ________________________________

    ZS-AGE Junkers Ju.86Z ex-SAA “Louis Trichardt” SAAF 642

    ZS-AGF Junkers Ju.86Z ex-SAA “Richard King” SAAF ?
    ZS-AGG Junkers Ju.86Z ex-SAA “Ryk Tulbagh” SAAF ?
    ZS-AGH Junkers Ju.86Z ex-SAA “David Lindley” SAAF ?
    ZS-AGI Junkers Ju.86Z ex-SAA “Sir John Cradock” SAAF ?
    ZS-AGJ Junkers Ju.86Z ex-SAA “General David Baird” SAAF 647
    ZS-AJE Junkers Ju.86Z ex-SAA “Gert Maritz” poi “Sarel Cilliers” SAAF ?
    ZS-AJK Junkers Ju.86Z ex-SAA “Hendrik Swellengrebel” SAAF 648
    ZS-AJL Junkers Ju.86Z ex-SAA “Cecil John Rhodes” poi “David Lindley” SAAF ?
    ZS-ALN Junkers Ju.86Z ex-SAA “Sir Hercules Robinson” SAAF 650
    ZS-ALV Junkers Ju.86Z ex-SAA “President Steyn” SAAF ?
    ZS-ANA Junkers Ju.86Z ex-SAA “Sir Gordon J. Sprigg” SAAF 653
    ZS-ANB Junkers Ju.86Z ex-SAA “J.C. Molteno” SAAF ?
    ZS-ANC Junkers Ju.86Z ex-SAA “Sir Benjamin D’Urban” SAAF ?
    ZS-AND Junkers Ju.86Z ex-SAA “Lord Charles Somerset” SAAF 656
    ZS-ANE Junkers Ju.86Z ex-SAA “Simon van der Stel” SAAF 657
    ZS-ANF Junkers Ju.86Z ex-SAA “Saul Solomon” SAAF ?
    ZS-ANI Junkers Ju.86K ex-SAA “Lady Ann Barnard” SAAF 658
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  3. #3
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    JOHANNES DENK

    La Germania nazista non era il monolite ideologico che oggi si è portati a pensare. Fatto salvo il riconoscimento della leadership di Hitler, tutti i più alti gerarchi erano impegnati praticamente senza eccezione in una sotterranea ma durissima competizione per il potere e non avevano scrupoli ad intraprendere iniziative private e ad ostacolarsi a vicenda. Ciò si rifletteva (il più delle volte negativamente) anche sulle multiformi agenzie spionistiche che da essi dipendevano. I vari organi soffrivano la competizione interna perché portava ad una dispersione delle poche forze a disposizione contro i molti nemici esterni, prima e durante il conflitto. Per quanto riguarda il Sudafrica, abbiamo già detto del reclutamento del pugile Robey Leibbrandt nell’Abwehr e del tentativo da parte di Goering di infiltrare personale della Luftwaffe nella compagnia di bandiera sudafricana tramite la fornitura di velivoli Junkers. Ma vi furono altri progetti di penetrazione politico-militare, compiuti in autonomia da altre agenzie naziste. Uno dei più singolari (ma anche il più fallimentare) fu quello di Johannes Denk. Ufficiale nella Grande Guerra, viaggiatore, avventuriero e proprietario terriero nativo della Prussia Orientale, Johannes Denk era un uomo socievole, acculturato, poliglotta, con amicizie altolocate e cosmopolite in varie parti del mondo. Purtroppo nel settembre 1939 aveva già 53 anni, decisamente troppi per arruolarsi volontario nella Wehrmacht come avrebbe voluto. Nonostante ciò il suo profondo patriottismo e la volontà di contribuire allo sforzo bellico del suo paese, lo spinsero ad offrirsi per operazioni speciali alle dipendenze delle varie agenzie spionistiche del III Reich, tra cui il RSHA e il Ministero degli Esteri tedesco. Nel 1940 proprio il Ministero degli Esteri lo assoldò allo scopo di suscitare rivolte anti-inglesi in Namibia, già colonia tedesca col nome Africa del sud-ovest. Von Ribbentrop vagheggiava la possibilità di ostacolare lo sforzo bellico sudafricano al fianco della Gran Bretagna spingendo alla rivolta i nativi di quel territorio, già colonia tedesca ai tempi del Kaiser e formalmente assegnato come protettorato al Sudafrica. Nonostante gran parte dei residenti tedeschi fosse stata espulsa nel primo dopoguerra, vi restavano un certo numero di missionari, medici e tecnici di lingua tedesca. Anche i nativi parlavano quasi tutti tedesco e quelli che avevano servito nell’amministrazione civile o nelle truppe coloniale di Guglielmo II non gradivano la dominazione britannica. Se Denk fosse riuscito a suscitare disordini e rivolte, sarebbe stata non solo una vittoria propagandistica, ma anche il primo passo di un piano più ampio. Se le poche truppe britanniche disponibili in Sudafrica fossero state inviate a riportare l’ordine in Namibia, il territorio sudafricano propriamente detto sarebbe rimasto quasi indifeso e gli irredentisti Boeri avrebbero potuto facilmente rovesciare il governo con un colpo di stato filo-nazista. Ciò avrebbe avuto come conseguenza immediata l’uscita del Sudafrica dalla guerra. A tale scopo Denk si recò nel Portogallo sotto falso nome, e da lì raggiunse la colonia portoghese divenuta poi l’odierno Mozambico. Munito di una considerevole quantità di monete d’oro, l’avventuriero tedesco sperava di passare agevolmente la frontiera con la Namibia, ma si accorse che la zona pullulava di agenti britannici che lo cercavano per sopprimerlo. Probabilmente era stato individuato già in Portogallo dato che la presenza di spie di ogni paese era notevole negli stati neutrali. Impossibilitato a recuperare l’oro nascosto, Johannes Denk ritenne impossibile portare a compimento la missione, rientrò fortunosamente in Germania e cambiò padrone, lavorando in seguito per le SS e la Gestapo. La sua missione più importante fu nel novembre 1943, quando su ordine dell’Amt VI sfruttò la sua conoscenza con alti ecclesiastici tedeschi per infiltrarsi negli ambienti vaticani in vista del progetto di rapire il papa. Ebbe ripetuti colloqui con l’arcivescovo Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino e si offrì come corriere di documenti segreti. Una volta giunto a Roma riuscì a ottenere una udienza privata da Pio XII, suo amico personale per averlo conosciuto in Baviera durante la Grande Guerra, e nel corso dell’udienza sondò le opinioni del pontefice riguardo all’esito del conflitto in corso ed alla sorte dei capi nazisti nel dopoguerra. Nel 1945 Johannes Denk scomparve e non vi sono altre notizie su di lui, presumibilmente perse la vita durante l’invasione della Prussia Orientale da parte delle truppe sovietiche.
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