Risultati da 1 a 1 di 1

Discussione: Il Ten. Pil. Deslex, fu solo un eroico aerosiluratore o un kamikaze?

  1. #1
    Utente registrato L'avatar di storiaememoriagrigioverde
    Data Registrazione
    Nov 2019
    Messaggi
    816

    Il Ten. Pil. Deslex, fu solo un eroico aerosiluratore o un kamikaze?

    Nonostante le differenze ambientali, culturali e religiose rispetto al Giappone, anche nell’aviazione italiana la figura del pilota suicida non è totalmente sconosciuta, sebbene episodica e spesso dettata dalle circostanze sfavorevoli di un combattimento, mentre nel Sol Levante i kamikaze erano volontari che sceglievano liberamente l’estremo sacrificio settimane, se non mesi prima di decollare per l’ultimo volo. Tornando al nostro paese sono noti i casi di Dall’Oro, che con le armi inceppate durante la 1^ g.m. si schiantò volontariamente contro un pallone frenato austriaco e di Graffer che durante la 2^ g.m. fece lo stesso contro un quadrimotore britannico, durante una incursione notturna. Bisogna inoltre accennare al progetto portato avanti nel 1935 da Balbo su autorizzazione di Mussolini di creare una squadriglia suicida composta da volontari. In seguito all’invasione dell’Abissinia la Home Fleet si spostò in Mediterraneo incrociando minacciosamente vicino alle nostre coste e in caso di guerra aperta la Regia Marina non era ancora in grado di fronteggiare la potenza britannica. Così Balbo pensò di imbottire di esplosivo aerei obsoleti e farli schiantare contro le corazzate nemiche. Ma quello britannico era solo un bluff, la Home Fleet aveva munizioni solo per un giorno e in seguito a proteste diplomatiche italiane si ritirò di buon grado, anche perché alte personalità del Regno Unito appoggiavano apertamente l’impresa coloniale italiana. In seguito a tali eventi la “Squadriglia Speciale” non si concretizzò mai, ma come ricordato da Mussolini nel 1944 durante il noto discorso al Lirico di Milano, erano già pronte le liste dei piloti volontari e i vecchi S. 55 modificati allo scopo. Molto diverso e controverso è il caso di Deslex, un pilota di aerosiluranti che nel 1941 portò volontariamente il proprio S.79 a schiantarsi contro una nave britannica con il siluro ancora appeso sotto. L’episodio è noto ma varie fonti bibliografiche e siti internet lo interpretano in modo radicalmente diverso. Secondo alcuni il giovane ufficiale avrebbe semplicemente perso il controllo del velivolo nella foga del combattimento o perché, danneggiato dal fuoco di sbarramento nemico, il trimotore non poteva più cambiare rotta. Ciò è possibile. Altri dicono che la decisione di schiantarsi fosse stata presa sul momento da Deslex, una volta accortosi di non poter sganciare il proprio siluro per un qualche malfunzionamento. Ciò è probabile. Infatti i due maggiori silurifici italiani che allora rifornivano i nostri aerosiluranti erano il Silurificio Whitehead di Fiume e il Silurificio di Baia. Quest’ultimo fortemente voluto e realizzato dal regime fascista era però pesantemente infiltrato da cellule comuniste che operavano ripetuti sabotaggi ben noti alla dirigenza della fabbrica e alla O.V.R.A. stessa che rimasero inerti per queto vivere. Non è un caso se i siluri Whitehead erano ritenuti affidabili al 90% e quelli di Baia solo al 30% ! Antonino Trizzino e Martino Aichner riportano in loro libri che un gran numero di siluri realizzati nella fabbrica campana non esplodevano o addirittura non si sganciavano, cosa che rendeva anche pericoloso l’atterraggio del velivolo. Quando i nuovi siluri arrivavano in reparto, quelli della Whitehead, considerati sicuri, erano riservati ai piloti più esperti che avevano maggiori probabilità di effettuare con successo il siluramento, mentre quelli fatti a Baia erano visti con diffidenza e generalmente andavano ai novellini inesperti e ai rimpiazzi. Nonostante le ripetute richieste da parte dei vertici della R.A. Mussolini rifiutò più volte di far arrestare e processare pubblicamente per tradimento e sabotaggio i responsabili del silurificio, in quanto ciò avrebbe scosso l’opinione pubblica e incrinato l’immagine dell’Italia totalitariamente allineata con la guerra fascista. Ma a contraddire le due ipotesi suddette riguardo l’ultimo volo di Deslex sovvengono i seguenti brani tratti dal libro/memoriale “Ricordi di guerra e di pace” pubblicato in proprio da Gaetano Bucceri, un Generale di Squadra Aerea della A.M. in quiescenza. In essi viene descritta con dovizia di particolari l’azione bellica che nel 1941 vide il consapevole sacrificio del Tenente Deslex, lanciatosi col proprio trimotore S.79 contro la fiancata della portaerei britannica Ark Royal nel tentativo di affondarla. Il Bucceri è da ritenersi testimone molto attendibile in quanto nella 2^ g.m. fu pilota di trimotori col grado di Tenente di complemento, inizialmente nella specialità bombardieri e poi negli aerosiluranti della Regia Aeronautica sino all’armistizio. Nel memoriale si evidenzia come il Deslex in quanto pilota gregario di Bucceri gli avesse rivelato in anticipo prima del decollo la sua intenzione di affondare la Ark Royal mediante un estremo sacrificio. Dunque quella del giovane pilota sarebbe stata una scelta meditata e consapevole del rapporto costi-benefici, vanificata solo all’ultimo momento da un incrociatore britannico che si sarebbe frapposto fra l’aereo italiano e la portaerei, proteggendola dagli effetti dell’esplosione. Chi può dirlo? In ogni caso per i nostri aerosiluranti già in condizioni normali il volare a pelo d’acqua con un siluro appeso sotto l’aereo, superando il micidiale fuoco di sbarramento di tutti i calibri e, lanciato il siluro virare esponendo alla reazione del nemico l’enorme bersaglio costituito dall’S.79 richiedeva già una eccezionale dose di coraggio, tanto più che eravamo gli unici al mondo a utilizzare come vettore d’arma un trimotore, a causa della cronica impreparazione della Regia Aeronautica (il primo silurante monoposto sperimentale italiano derivato da un caccia di serie fu il Fiat G. 55 S, che volò solo nel 1944 inoltrato e non divenne mai operativo nella ANR).
    __________________________________________________ ___
    […]
    Il 27.9.1941 a sud della Sardegna, ebbe luogo una battaglia in cui tanti eroici piloti di aerosiluranti si immolarono per fermare la flotta inglese composta di portaerei, corazzate ed alcune decine di incrociatori e di cacciatorpediniere, alla scorta di oltre 400 navi-trasporto adibite al rifornimento dell’esercito inglese in Africa Settentrionale. Quel giorno un mio gregario, il Tenente pilota Deslex (assegnatomi dal comando di Elmas) poco prima del decollo, parlando mi disse che si sarebbe lanciato volontariamente contro la portaerei Ark Royal, che era il nostro bersaglio. Non avevo dato peso a tale affermazione pensando ad una “sparata” giovanile, ma forse era un presentimento perché purtroppo ciò avvenne veramente. Piloti e specialisti, in una nuvola di fuoco, finirono schiacciati contro la fiancata di un incrociatore che sbarrava la strada alla portaerei. Dell’equipaggio conoscevo molto bene il secondo pilota, Sergente magg. Santi, essendo stati insieme all’aeroporto di Alghero qualche anno prima.
    […]
    La mia Squadriglia, la 278^ Aerosiluranti, detta dei “quattro gatti”, nel settembre 1941 era schierata nell’aeroporto di Gerbini (Catania) pronta ad intervenire contro il traffico navale da e per Gibilterra. Le azioni non erano molto frequenti, ma quando si interveniva si trattava di affrontare una forza davvero imponente, composta da corazzate, portaerei, incrociatori, con tutte le unità minori di scorta. Tanta forza a protezione di centinaia e centinaia di navi trasporto con materiale per rifornire Malta e l’esercito operante nella Africa Settentrionale. Il 27.9.1941 un convoglio proveniente da Gibilterra doveva essere attaccato dal 36° Stormo Aerosiluranti, di stanza all’aeroporto di Decimomannu (Cagliari) montato su S.84 e da due Squadriglie Aerosiluranti schierate sull’aeroporto di Elmas (Cagliari), montate su S.79. Si cercò di rafforzare lo schieramento di Elmas inviando da Gerbini il Tenente Venturini della squadriglia del Cap. Marino Marini e il sottoscritto, come Capo Sezione, della 278^ squadriglia comandata dal Cap. Magagnoli. Arrivato ad Elmas, mi recai subito all’Ufficio Operazioni per il contatto con i Comandanti delle due squadriglie, Cap. Melley e Cap. Grossi, e mi fu mostrato ed illustrato il piano di attacco che avevano concordato. Si trattava di silurare la portaerei Ark Royal contemporaneamente da Nord, Est e Sud. Per completare la mia sezione mi assegnarono il Tenente Deslex e pertanto la formazione affidatami era composta da piloti provenienti da tre diversi Reparti. La mattina del 27, verso le ore 10, fu contattato dal Cap. Grossi il Comandante dell’Aeronautica per la Sardegna, Generale Urbani, per conoscere i piani della Marina Militare. Ci fu assicurato che la nostra flotta era in mare, pronta ad intervenire. La tensione che attanaglia prima della partenza era evidente, specialmente in quelli che affrontavano per la prima volta il nemico. Io potevo essere considerato un veterano, in quanto con il 12° Stormo bombardamento avevo operato a Rodi ed in Grecia, e con il 9° e il 41°, in Africa Settentrionale. Verso le ore 12 arrivò l’ordine di partire e fu per tutti una liberazione. I primi a decollare furono i 5 aerei di Melley, poi i 5 di Grossi, in ultimo la mia Sezione, che si pose alla sinistra del capo-pattuglia. La flotta nemica si trovava nei pressi dell’isola di La Galite con rotta Est; per eseguire l’attacco alla portaerei contemporaneamente, la mia Sezione, dopo venti minuti di volo, si staccò dalla formazione in modo da poter silurare da Sud verso Nord. Eravamo scortati dalla Caccia su C.R.42, partita dalla Sardegna. Ero quasi sulla zona del fuoco quando mi accorsi di essere rimasto solo: Grossi e Melley con la Caccia, vista l’impossibilità di penetrare in tale dispositivo, avevano invertito la rotta per tornare ad Elmas. Nella posizione raggiunta non potevo che effettuare l’azione come concordata. In quel momento eravamo i soli ad effettuare il siluramento e tutto il fuoco delle migliaia e migliaia di armi di ogni calibro era puntato contro di noi. A circa 20 km. iniziò un fuoco di sbarramento che provocò colonne di acqua allo scopo di impedirci di volare basso per difenderci dalla Caccia. Man mano che si avanzava, entrando in funzione le armi leggere, la grandinata si trasformò in una fitta pioggia di fuoco. Il Silurante, che nella fase di attacco vola ad una quota di settanta, ottanta metri, vede i proiettili partiti dalle navi come puntini rosso-fuoco diretti ai propri occhi; pochi colpiscono, ma il frastuono che provocano dentro l’aereo è terrificante. Eravamo d’accordo, con i due gregari, di sganciare il siluro ad imitazione e virare a sinistra per raggiungere la costa africana. Questo in teoria, in pratica in quelle condizioni, c’è tutto da inventare. Dopo lo sgancio, ho visto passare sotto di me l’aereo del Ten. Deslex che proseguiva verso la portaerei con il siluro a bordo; dopo un attimo una grande fiammata… e niente più! L’aereo del Ten. Venturini non l’ho visto durante l’attacco.
    […]
    _______________
    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

Permessi di scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •