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Discussione: Melitta Schiller, l'aquila ebrea della Luftwaffe

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    Melitta Schiller, l'aquila ebrea della Luftwaffe

    Nei primi anni della 2^ g.m. sull’onda delle inarrestabili vittorie ottenute in occidente, Adolf Hitler si oppose ripetutamente all’idea che le donne tedesche potessero prendere parte attiva nel conflitto in corso come accadeva tra i nemici anglosassoni e ancor più tra quelli sovietici. Secondo il dittatore nazista il miglior contributo che le donne potessero dare allo sforzo bellico era di essere mogli fedeli e madri prolifiche, in grado di dar vita ad una nuova generazione di soldati per il Reich. Soltanto dopo il disastroso epilogo dell’assedio di Stalingrado egli accettò a malincuore di permettere l’utilizzo di manodopera femminile nelle fabbriche belliche e nel fronte interno, oltre che in ruoli ausiliari nelle FF.AA. per sostituire il crescente numero di uomini inviati al fronte orientale. L’arma dove il contributo femminile fu più evidente e multiforme si rivelò da subito la Luftwaffe – essendo l’aviazione arma innovativa per eccellenza – dove la presenza di donne in possesso di titoli di studio e adeguate conoscenze tecniche fu bene accolta e assunse svariati aspetti. Non solo quello più noto e forse troppo riduttivo delle ausiliarie impiegate in lavori di ufficio nei vari comandi, ma anche nell’assistenza sanitaria, nelle previsioni meteo, nella complessa rete di sorveglianza radar e in ultimo persino nelle batterie contraeree della Flak. Ma a un numero più ristretto di donne fu concesso anche di volare. Nel Terzo Reich il brevetto di volo civile non era più un capriccio di lusso riservato ad un ristretto numero di abbienti come lo era stato ai tempi della Repubblica di Weimar. Già prima dello scoppio della guerra esistevano molte scuole di pilotaggio per aerei da turismo operanti sotto l’egida del partito nazista (N.S.D.A.P.), della motorizzazione paramilitare (N.S.K.K.), del dopolavoro (K.D.F), aperte anche alle donne. Centinaia di pilote tedesche furono militarizzate col grado di sottufficiale e – pur vedendosi preclusa la possibilità di partecipare direttamente ai combattimenti – negli ultimi due anni del conflitto furono impiegate nel 1° stormo trasporto velivoli o Flugzeuguberfuhrungsgeschwader 1, nel trasferimento in volo dei nuovi aerei dalle grandi fabbriche sotterranee ai diversi reparti operativi al fronte. Era una attività questa non priva di rischi, visto che ormai la supremazia aerea nei cieli della Germania era definitivamente passata in mano agli Alleati e nel 1944/45 molte donne persero la vita nell’adempimento del loro dovere, precipitando per guasti meccanici o abbattute da aerei nemici. Una delle più note di tali donne pilote fu Beate Uhnse, che nel secondo dopoguerra diede vita alla omonima catena di porno shop, la prima e più nota della Repubblica Federale Tedesca. Ma ad un livello ancora più elitario, sopra le donne pilota c’erano senz’altro le spericolate pilote collaudatrici, assimilate agli ufficiali piloti della LW e divenute rapidamente vere e proprie superstar della propaganda bellica. Non è dunque per caso se nel 1943 Hitler estese anche alle donne la possibilità di venire insignite della Croce di Cavaliere di seconda classe (E.K.II), la celebre decorazione concessa ai militari germanici di ogni ordine e grado protagonisti di atti di valore in combattimento e sino ad allora ovviamente riservata agli uomini. Ben due delle prime quattro donne insignite – Hanna Reitsch e Melitta Schiller – erano esperte pilote collaudatrici, entrambe assimilate al grado militare di Flugkapitan. (*) Per estrazione sociale, ideologia politica, personalità, nonché per la sorte loro riservata dal destino, la Reitsch e la Schiller erano quanto di più distante si potesse immaginare. Proletaria, bavarese, ambiziosissima, nazista convinta fino all’ultimo (tranne un poco convincente mea culpa dopo la guerra), la prima si era prestata ben volentieri alla macchina propagandistica di Goebbels, divenendo rapidamente conosciutissima tra amici e avversari del regime. Borghese, prussiana e di idee liberali, la seconda fu invece sino alla morte sempre molto schiva e riservata. Certamente però Melitta aveva due buoni motivi per tenere un basso profilo sui media del Terzo Reich. Sposata dal 1937 al fratello maggiore di Klaus von Stauffenberg, era la cognata del futuro attentatore di Hitler e aveva assunto col matrimonio il titolo nobiliare di Contessa von Stauffenberg, cosa che le costò assai cara nel 1944 dopo il fallimento della nota “Operazione Valchiria”. Ma oltre a ciò la giovane donna nascondeva a tutti un segreto di famiglia se possibile ancora più oscuro e pericoloso: suo padre era ebreo. Lei stessa e i suoi fratelli in quanto per metà ebrei, se smascherati come tali, sarebbero ricaduti in pieno prima nelle maglie della legislazione antiebraica di Norimberga e poi nella sciagurata “soluzione finale del problema ebraico” prospettata durante la riunione del Wannsee. In definitiva possiamo affermare che se Hanna Reitsch continuò a lavorare lealmente fino all’ultimo per la vittoria del nazionalsocialismo, Melitta Schiller fece lo stesso, ma solo nel tentativo di salvare i propri cari e ciò che restava della Germania dall’allucinante crepuscolo degli dei vagheggiato da Hitler. Le circostanze di questo sforzo immane nel quale la giovane donna perse la vita nell’aprile 1945 – rischiando oltretutto di cadere nell’oblio – meritano dunque di essere narrate approfonditamente.
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    Melitta Schiller nasce il 9 gennaio 1903 nella città tedesca di Posen in Prussia Orientale, territorio oggi facente parte della Polonia. Suo padre è un ingegnere che progetta strade e ponti per le ferrovie imperiali, sua madre proviene da una famiglia della buona borghesia prussiana. L’interesse per le materie tecniche ereditato dal padre porta Melitta a trasferirsi in Baviera per frequentare tra il 1922 ed il 1927 l’università di Monaco, ottenendovi un diploma triennale in matematica. In quel triennio, parallelamente agli studi regolari, la giovane si avvicina all’aviazione frequentando un corso da pilota di alianti durante le gare di volo a vela della Wasserkuppe ed inizia a frequentare lezioni di meccanica del volo e aerodinamica, tanto da inserire tali materie come esami facoltativi nel proprio piano di studi. In quanto studentessa spera di poter essere ammessa nella Akademische Fliegergruppe, una associazione piloti da diporto da poco costituita nell’ambito delle società sportive universitarie tedesche come reazione al diktat alleato del 1919 che proibisce alla Germania l’addestramento di piloti e la ricostituzione di una propria aviazione. In quanto donna trova però le porte sbarrate, non solo a causa della misoginia allora imperante in ambiente aeronautico, ma anche per i neanche troppo mascherati obblighi militari ai quali sono vincolati i membri di quel sodalizio. Tuttavia ottiene da piloti amici di partecipare come osservatrice a vari voli di trasferimento notturni sui velivoli commerciali di varie compagnie aeree private operanti nei dintorni di Monaco. Le crescenti difficoltà economiche della famiglia Schiller, motivate dalla interminabile spirale inflattiva che in quel decennio scaraventa in povertà gran parte dei cittadini tedeschi, le impediscono di proseguire gli studi universitari e laurearsi in scienze aerodinamiche come avrebbe voluto. Nel 1927 la giovane neodiplomata si trasferisce a Berlino e viene subito assunta come ricercatrice allo Stabilimento aeronautico sperimentale tedesco (DVL), che allora è solo una piccola fabbrica di proprietà statale mediante la quale la Repubblica di Weimar tenta di aggirare il divieto di produrre e possedere velivoli militari (divieto che tra le altre cose costringe gli industriali aeronautici tedeschi a spostare la propria produzione su licenza oltreconfine, principalmente in Olanda, Svezia, Svizzera e Italia). Nel corso degli anni Melitta porta avanti ricerche teoriche e pratiche nel campo dell’aerodinamica, della propulsione a razzo, degli organi direzionali mobili e delle eliche. Per la casa editrice del DVL pubblica a suo nome quattro testi scientifici fondamentali sulla tecnica costruttiva delle eliche a passo variabile ed è co-autrice di numerosi testi su vari argomenti aeronautici in collaborazione con altri colleghi. Ed è solo grazie allo stipendio da ricercatrice che la giovane donna può permettersi di frequentare privatamente una scuola di volo ed ottenere il brevetto da pilota civile. Il suo addestramento inizia nel luglio 1929 sul campo di Staaken, dove prende lezioni la mattina presto prima di recarsi sul posto di lavoro. Nel settembre di quell’anno ottiene una prima abilitazione al volo a doppio comando con istruttore, mentre dalla primavera del 1930 le è finalmente permesso il volo singolo. In seguito sfruttando il proprio tempo libero e pagando le lezioni di tasca propria si addestra anche su velivoli terrestri e idrovolanti di vario tipo, ottenendo abilitazioni al volo acrobatico, al pilotaggio di alianti e al volo cieco strumentale diurno e notturno. All’inizio degli anni trenta l’inesausta passione per il volo e la necessità di approfittare di ogni occasione per migliorare le sue capacità di pilotaggio rischiano spesso di mettere Melitta in situazioni imbarazzanti e pericolose. Una volta, fresca allieva della scuola di volo, prende in prestito di sua iniziativa il prototipo di un nuovissimo caccia biplano allora in valutazione al DVL per una semplice gita di piacere nel fine settimana. Dopo un volo da Berlino a Colonia privo di eventi degni di nota, la donna fa rotta verso sud nonostante condizioni meteo in netto peggioramento, credendo di poter navigare a vista seguendo il corso del fiume Reno. Vola dentro una tempesta di neve a bassa quota seguendo i tralicci della linea elettrica e prende terra fortunosamente in quello che ritiene essere un aeroporto militare tedesco nei pressi della frontiera, ma mentre sta ancora rullando sulla pista di atterraggio, si accorge dal tricolore sulla palazzina comando e dal colore delle divise degli avieri che corrono vero di lei sul terreno innevato, di aver involontariamente sconfinato in Francia. Consapevole delle gravi ripercussioni politiche di un simile fatto ha appena il tempo di ridare gas al motore e decolla di nuovo in direzione est, per poi schiantarsi al suolo per mancanza di carburante in un prato sul lato tedesco del confine. L’incidente dettato dal suo giovanile entusiasmo ha come diretta conseguenza una multa salata e il temporaneo veto alla sua attività di volo decretato delle autorità. Frattanto Adolf Hitler ha vinto le elezioni politiche del 1933 e i nazisti al potere implementano rapidamente le prime leggi antiebraiche promulgate a Norimberga, che proibiscono agli israeliti tedeschi l’esercizio delle libere professioni e li allontanano da ogni tipo di impiego o carica pubblica di rilievo, aprendo le porte ad una loro graduale ma crescente emarginazione traumatica dal corpo vivo della nazione germanica (senza che la maggior parte del popolo se ne preoccupi troppo). Ma perfino i burocrati razzisti incaricati di applicare concretamente le deliranti teorie espresse nel Mein Kampf non hanno ben chiaro – almeno in quella prima fase iniziale – chi o cosa sia realmente un ebreo e in base a quali criteri debba venire identificato e come essere messo in condizione di non nuocere. In tale clima cupo ed incerto Melitta viene convocata con i suoi fratelli e sorelle nella casa di famiglia a Posen. L’anziano padre rivela loro di essere un ebreo e di aver a suo tempo corrotto un funzionario dell’anagrafe per nascondere le proprie origini, sostituendo i certificati di nascita autentici dei suoi genitori con altri perfettamente falsificati. La motivazione è essenzialmente economica, in quanto nella Germania guglielmina nonostante il razzismo strisciante, esisteva una certa benevola integrazione ed assimilazione dei sudditi israeliti voluta dal cancelliere Bismarck, ma talune carriere in ambito statale e parastatale restavano pur sempre precluse agli ebrei. Pertanto Herr Schiller pur di farsi strada nelle ferrovie ha scelto di ripudiare le proprie origini. Di conseguenza tutti i suoi figli sono ebrei per metà e come fuorilegge rischiano molto dinanzi alle leggi nazionalsocialiste. Il pericoloso segreto di famiglia viene gelosamente serbato, tanto che tutti i membri della famiglia Schiller (tranne Melitta) sopravvivono tranquillamente al conflitto, rettificando la loro situazione anagrafica solo molto dopo il 1945. Frattanto Melitta si mette maggiormente in luce come pilota e partecipa a molte gare e manifestazioni aeree organizzate dal regime per esaltare la rinascita dell’aviazione tedesca sotto l’egida del nazismo. In occasione dei Giochi Olimpici del 1936 partecipa alla Giornata dell’Aria nella capitale del Reich, decollando dall’aeroporto di Berlino-Tempelhof a bordo del primo prototipo del moderno e veloce monoplano monomotore Heinkel He 70 Blitz. In quello stesso anno però sceglie di dimettersi dalla ormai completamente nazificata DVL che come tutti gli impieghi statali obbliga ormai i propri dipendenti a comprovare la propria appartenenza alla razza ariana accludendo una dettagliata documentazione anagrafica degli antenati. La scelta di passare da un impiego statale ad uno in una ditta privata è probabilmente dovuto in parte al timore di venire smascherata come mezza ebrea, ma anche dalla possibilità di una rapida carriera in una realtà prestigiosa. Il suo nuovo datore di lavoro è infatti la Askania, una prestigiosa industria aeronautica tedesca a capitale privato che nella seconda metà degli anni trenta raggiunge grande notorietà producendo apparati di comunicazione radio e strumenti di navigazione aerea particolarmente affidabili, utilizzati nei voli transatlantici tra l’Europa e l’America, effettuati in quegli anni prima dai lussuosi ma lenti dirigibili Zeppelin e poi dai nuovissimi e veloci quadrimotori commerciali Condor. Per conto della Askania, Melitta nella sezione sperimentale della ditta, concepisce e realizza un innovativo pilota automatico destinato al celebre bombardiere in picchiata Junkers Ju 87, oltre a vari modelli di piccoli aerei bersaglio teleguidati, necessari alla pratica di tiro degli artiglieri contraerei in quel periodo di rapido riarmo ed espansione delle FF.AA. germaniche. Come riconoscimento per il suo lavoro Melitta viene equiparata al grado di Flugkapitan con decorrenza dal 8 ottobre 1937. E in quello stesso anno sposa un mite docente di storia, il Prof. Alexander Graf Schenk von Stauffenberg, fratello maggiore del futuro attentatore di Hitler. In seguito al matrimonio oltre al cognome assume il titolo nobiliare del marito venendo da allora ufficialmente identificata come Contessa von Stauffenberg. Nel 1938 a bordo di un aereo da turismo Klemm Kl 25 vince insieme alla sua navigatrice Hildegard Alt una gara di durata riservata a donne pilote, organizzata dalla federazione aeronautica tedesca. Nel settembre dello stesso anno, dopo la firma del Patto di Monaco da parte del premier britannico Chamberlain, in occasione della inaugurazione dell’aeroporto commerciale di Chigwell nell’Essex, a bordo del suo Klemm Kl 25 effettua un volo diretto dalla Germania alla Gran Bretagna attraversando il Canale della Manica senza scalo, accompagnata da un’altra pilota tedesca, Elly Beinhorn, ai comandi di un Messerschmitt Me 108 Taifun. Atterrate senza problemi a Chigwell, il giorno dopo le due donne si esibiscono in ripetuti voli dimostrativi dei rispettivi velivoli sulla verticale dell’aerodromo britannico, suscitando l’entusiasmo dei numerosi presenti. Appena un mese dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, nell’ottobre del 1939 Melitta viene trasferita come collaudatrice all’aeroporto militare di Rechlin, sede del Centro sperimentale della Luftwaffe. Anche nel nuovo incarico effettua voli di prova e analisi scientifiche ottenendo il plauso dei militari che si riferiscono a lei col titolo di pilota e ingegnere. Durante la permanenza a Rechlin sviluppa mirini e apparati di puntamento per bombardieri e bombardieri in picchiata, ha modo di pilotare vari modelli di aerei tra cui Ju 87, Ju 88, He 111, Fw 190 e Fieseler Storch. In particolare la sua abilità nell’effettuare picchiate col nuovo e velocissimo Messerschmitt Bf 109 le ottiene grande rispetto. Nel marzo 1942 viene trasferita alla Accademia tecnica della Luftwaffe (TAL) il centro di ricerca aerea più avanzato di tutta la Germania. Nel 1943 il suo contratto con la Askania viene annullato d’autorità dallo Stato Maggiore e di conseguenza Melitta nonostante il suo background familiare da allora lavora ufficialmente per il Terzo Reich, continuando a dividersi tra il volo e il tavolo da disegno. Nel novembre 1943 fa la spola tra Rechlin e l’ospedale militare di Wurzburg, dove è ricoverato il marito. Ma il mese successivo viene inviata a Stoccolma dal Ministro della Propaganda Goebbels, per una serie di conferenze volte ad influenzare in senso filotedesco la opinione pubblica svedese. Il 22 gennaio 1943 riceve la E.K.II insieme alla collega e rivale Hanna Reitsch. La rivista illustrata Adler dedica un servizio fotografico alla sua attività di pilota collaudatrice. Nel gennaio 1944 viene aperta a suo nome la pratica burocratica per ricevere anche la E.K.I, decorazione di grado superiore nel frattempo già concessa alla Reitsch. Nel maggio del 1944 Melitta viene messa a capo di un nuovo centro basato a Gatow che dietro la denominazione di facciata – Gruppo di ricerca sugli equipaggiamenti di volo speciali – nasconde lo sviluppo dell’innovativo Messerschmitt Me 262. Ma gli eventi prendono una piega inattesa il 20 luglio 1944. A causa dell’attentato ad Hitler perpetrato da suo cognato niente più E.K.I e niente collaudo del nuovo caccia a reazione. Il 25 luglio Melitta viene arrestata dalle SS e rinchiusa in una prigione di Berlino in quanto parente di uno dei cospiratori. Durante la detenzione chiede e ottiene di poter battere a macchina un dettagliato rapporto sugli equipaggiamenti per il volo notturno che stava testando al momento dell’arresto e lo invia al suo superiore diretto, il feldmaresciallo Erich Milch, capo del reparto armi e materiali. Tale decisione si rivela giusta in quanto la evidenzia come persona insostituibile per lo sforzo bellico e si rivolge all’uomo giusto in grado di salvarla, dato che l’alto ufficiale è l’unico a conoscere le origini ebraiche di Melitta ed egli stesso è a sua volta per metà ebreo. (**) Il 2 settembre 1944 dopo ripetute pressioni dei vertici aeronautici sollecitati da Milch, viene rilasciata sulla parola e riprende il lavoro di collaudatrice, ma viene costretta dai nazisti a ripudiare il cognome del marito e a promettere di non avere contatti con gli altri membri della famiglia von Stauffenberg internati nei campi di sterminio. Appena 24 ore dopo la scarcerazione riprende ad effettuare voli di collaudo sui reattori. Nonostante il giuramento Melitta si spende senza risparmio per procurare al marito e agli altri membri della famiglia imprigionati cibo extra, indumenti caldi e notizie. Visita spesso gli orfanotrofi nazisti dove sono rinchiusi i bambini figli dei congiurati e in quei tempi di severo razionamento alimentare sfida apertamente la legge annonaria sfruttando ogni momento libero per cacciare di frodo intorno all’aeroporto di Gatow uccidendo conigli selvatici, preziosa fonte di carne fresca per i piccoli. (***) Nel marzo 1945 la casa di Melitta a Wurzburg viene distrutta da un bombardamento alleato, permettendole di concentrare tutte le sue energie nel tentativo di salvare la famiglia. Volando su un Fieseler Storch intorno ai campi dove sono rinchiusi tenta di dare una qualche forma di supporto e conforto morale ai suoi cari detenuti. In aprile il collasso del Terzo Reich appare ormai inevitabile e per sfuggire ai russi il centro sperimentale viene spostato a Weimar-Nohra, non lontano dal campo di Buchenwald, dove sono detenuti il marito e altri parenti di Melitta. Ma al suo arrivo la donna scopre con orrore che il lager è ormai vuoto e i prigionieri sono stati evacuati a piedi dai carcerieri in direzione sud. Determinata a salvare almeno suo marito Alexander, concepisce un piano rischioso coinvolgendo un ufficiale della Luftwaffe suo amico oltre che nipote di un altro dei congiurati, il tenente pilota Hubertus von Papen Koeningen. Con documenti falsificati che attribuiscono loro pieni poteri, i due decollano da Weimar gettandosi all’inseguimento della lunga colonna di deportati, facendo man mano tappa negli aeroporti di Magdeburgo, Pilsen e Marienbad per requisire velivoli e carburante. Ma ad un certo punto del viaggio il giovane von Papen Koeningen sceglie di continuare il tragitto via terra. Melitta incontra invece la morte in una assolata mattina di domenica 8 aprile 1945, mentre a bordo di un aereo da collegamento Bucker Bu 181 Bestmann sta sorvolando a bassa quota una linea ferroviaria lungo il Danubio, diretta verso Schonberg dove ritiene potrebbe trovarsi il marito. Il piccolo monomotore lento e disarmato viene attaccato alle spalle ed abbattuto con una sola raffica da un caccia americano non identificato. Il giorno dopo un cadavere di donna ignota recuperato dai soldati fra i rottami del velivolo sta per essere gettato in una fossa comune, ma viene identificato all’ultimo momento grazie al nastrino della E.K.II sulla tuta di volo e al cognome scritto all’interno del basco. Una ausiliaria della Luftwaffe impiegata come segretaria dal comandante dell’aeroporto militare di Straubing – poco distante dalla città di Schonberg – ottiene che la salma della Flugkapitan Melitta Schiller sia appropriatamente sepolta in una tomba singola. Mancano poche ore alla resa tedesca agli Alleati ma comunque alla presenza di ufficiali e allievi in alta uniforme della scuola di volo basico di Straubing un picchetto armato della Luftwaffe rende i solenni onori militari alla salma della coraggiosa collaudatrice, caduta nel tentativo di salvare i parenti dalla vendetta di Hitler.
    ___

    (*)
    Le altre due donne tedesche insignite nella stessa occasione, alle quali però l’ambita decorazione venne attribuita soltanto a titolo postumo, erano due infermiere della Croce Rossa Tedesca (D.R.K.) seviziate e trucidate l’anno prima al fronte orientale da partigiani sovietici che avevano fatto deragliare un treno ospedale.

    (**)
    Quella di Erich Milch fu una figura complessa, ambigua e tragica allo stesso tempo. Già eroico pilota da caccia durante la Grande Guerra ed in seguito ingegnere aeronautico, venne richiamato in servizio dall’antico commilitone Goering alla metà degli anni trenta col grado di generale, rivestendo un ruolo cruciale nella creazione della aviazione militare nazista. Come capo dell’ufficio armamenti e materiali della Luftwaffe, era responsabile della sperimentazione e adozione in servizio dei nuovi modelli di velivoli da combattimento. Educato nella religione protestante, ma considerato dai nazisti ebreo per metà in quanto aveva due nonni israeliti, Milch fu uno dei primi ufficiali ad essere nominato ariano onorario da Hitler, in quanto indispensabile allo sforzo bellico. Condivise tale peculiare forma di protezione con migliaia di altri militari tedeschi di origine ebraica, le cui pratiche di arianizzazione per meriti eccezionali vennero esaminate e autorizzate da un apposito ufficio del Reich, attivo fino all’ultimo giorno di guerra. Tecnico efficiente e preparato, nel corso del secondo conflitto mondiale fu sempre ligio ai suoi doveri militari e si deve in gran parte a lui l’adozione a partire dal 1943 degli innovativi aerei a reazione, superando le resistenze dei burocrati più tradizionalisti, che all’interno dell’arma aerea tedesca sostenevano la innata superiorità dei velivoli ad elica. La fedeltà canina dimostrata fino all’ultimo ad Hermann Goering non era solo gratitudine verso l’ambizioso Maresciallo del Reich che lo aveva messo al riparo dalle conseguenze nefaste della soluzione finale. Infatti Milch aveva anche un figlio adolescente affetto dalla sindrome di Down e la maniera migliore per proteggerlo dalla violenta campagna di eutanasia eugenetica implementata dalle SS col nome in codice Aktion T 4 (che tra il 1939 ed il 1941 costò la vita ad oltre centomila cittadini tedeschi con disabilità fisiche e mentali) era quella di obbedire ciecamente agli ordini superiori contribuendo allo forzo bellico nazista. Nominato feldmaresciallo per meriti di guerra, nell’aprile 1945 lasciò Berlino per sfuggire ai sovietici trasferendosi con la famiglia nella zona di Amburgo. Una volta catturato dagli alleati, per ironia della sorte Milch fu accusato di crimini di guerra come ufficiale più alto in grado in quell’estremo lembo del Reich, in quanto solo marginalmente coinvolto nell’affondamento del lussuoso piroscafo tedesco Cap Arcona, prima trasformato dalle SS in lager galleggiante per migliaia di deportati ebrei sopravvissuti alle marce della morte e poi affondato – forse per sbaglio – con il suo dolente carico umano dai razzi dei cacciabombardieri Typhoon della R.A.F. britannica.

    (***)
    Il 14 agosto 1944, contestualmente alla istituzione del Tribunale del Popolo presieduto dal giudice nazista Roland Freisler per perseguire i congiurati del 20 luglio, Hitler e Himmler decisero personalmente il destino dei parenti dei traditori condannati a morte. I civili furono direttamente rinchiusi in campi di sterminio. I militari degradati a soldati semplici e trasferiti nelle unità 999, speciali reparti punitivi della Wehrmacht composti da comunisti e criminali comuni impiegati in missioni senza ritorno. I minori di età inferiore ai sedici anni furono invece strappati alle famiglie e affidati ad orfanotrofi statali per ricevere una corretta educazione nazista. A tale scopo il generale delle Waffen-SS Franz Breithaupt fu ufficialmente nominato loro tutore legale, incaricato di assisterli materialmente e provvedere alle spese necessarie al loro mantenimento attingendo dai fondi espropriati ai giustiziati.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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