Saluti a tutti..
Sono un veterano di guerra reduce di stalingrado.
Leva 1920 - Lavoro in Germania in 4 Forum per la ricerca di dispersi in Russia - Ho scritto le mie memorie in Italiano e in tedesco. Alla vostra richesta sono pronto, se potete capire il mio italiano, a rispondere alle vostre domande.
Arturo il Veterano


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Cari lettori,
questo primo delle mie racconti,sono come lo vede io non pretende da voi a pensare a lo stesso modo
Grazia Arturo.

Perché Adolf Hitler. Perchè non si arrendevano i Soldati Tedeschi.
La storia della Guerra di trentadue anni 1914 - 1945

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Per le generazioni del dopo guerra, e quasi impossibile a comprendere perché i Soldati tedeschi non si arrendevano e combattevano fino l'ultimo respiro e preferivano la Morte alla prigione. Ci domandano, non avete visti che la guerra era persa, perché non vi siete arresi?Sì lo avevamo visto, ma arrendersi non era possibile. Erevamo soldati e dovevamo eseguire l'ordine. Questa domanda si debba fare a nostri Superori, da lori riceviamo l'ordine. Loro avevano la potenza dell'ordine e la faccolta in caso di rifiuto usare l'Arma. Negli ultimi anni della guerra l'applicavano anche. Ogne Soldato sapeva se si arrende al nemico, il padre o uno della famiglia veniva messo in prigione. Cosa accadeva ai Soldati che cadevano in prigionia lo sa anche la ultima persona.

Noi l'unita che si ritiravano dal combattimento da Budapest verso l'Austria, combattevamo con estrema resistenza contro i Russi per dare gli inglesi che erano dietro le nostre spalle di avanzare per
Salvare le donne e bambine dalla violentazione dei soldati russi. Dopo la morte di Hitler si dicevano, dobbiamo resistere perché gli Inglesi ci danno vivere e armi e assieme buttare i Bolgiovichi indietro. Purtroppo gli americani non vedevano il pericolo del comunismo per l'Europa.
Chiedevano la totale capitolazione di tutte le truppe tedeschi. Cosi miglia di Soldati tedeschi crepavano e morivano di fame in prigionia russa e americana. Facevano quello che ci avevano promesso. Percio combattevamo fino all'ultimo. Meglio morti che vivere da schiavi.

Lì americani consegnavano i Soldati Tedeschi ai russi. Nella Russia venivano fucilati o condannati per lunghi anni a lavori sforzati. Ex Prigionieri Ucraini e Kosacki che avevano fatto l'amicizia con i Tedeschi, come tutti i Soldati dell'Armata del Generale Swastow, nonostante gli americani sapevano che in Russia gli aspettava la Morte. Tante di loro si toglievano la vita su la Nave di trasporto o saltavano nel mare. Io stesso combattevo nei cosi chiamata Fortezza delle Alpi fino all'ultimo giorno. Per non essere consegnato ai Russi mi recava in Italia. Spero che con i miei racconti posso dare una spiegazione perché non ci siamo arresi.

Questo sarebbe un racconto di uno spavento senza fine. Adesso cercherò di ritornare all'inizio di questa tremenda guerra, che e stato fatto per togliere la concorrenza e la potenza del Germania per sempre. Questa guerra durava con un'interruzione 32 Anni dall'1914 all'1945.e finiva con la cancellazione della Prussica, del senso tedesco e l'uccopazione del Germania per 100 anni cosi come lo avevano promesso. Oggi nel 2006, sono già* passati 66 anni, e i soldati tedeschi possano di nuovo combattere e morire per l'interesse dell'america.

Nell'1914 iniziava la cosi chiamata guerra mondiale. Tutto il mondo contro la Germania.Perchè tutto il mondo?Perché tutto il mondo ballava secondo il fischietto dall'america e l'Ingliterra perché si trovavano tutti sotto l'influenza di lori. La Germania con i sue 80 milioni d'abitanti volevano mescolare nella politica mondiale, e questo non potevano tollerare. Non esisteva ancora un Hitler, ma un imperatore tedesco, che era alleato con l'Austria - Ungaria.Amazzavano l'erede al trono dell'Austria a Sarajewo, e cosi potevano iniziare la guerra contro la Germania - Austria.L'Italia che faceva parte dell'alleanza del sud,ed era neutrale. Ma nell'1915 dichiarava all'Austria -Germania la guerra. Per questo tradimento promettevano all'Italia parte del Tirolo,Trieste,Pola e Dalmazia. L'unico fedele alleato rimaneva la Turchia. Loro perdevano con Austria e la Germania la guerra contro tutto il mondo. Esausto e dissanguato dettavano i vincitori alla Germania #8211; Austria un trattato di pace. L' Austria perdeva il Sudtirolo, e tutto il territorio del Balcano.Dal Germania era dato parte della Prussica al Polonia. Il territorio intorno di Danzica era dichiarato stato libero sotto protezione della Polonia. La Polonia cercava anche prendersi parte dell'alta sclesia. La zona del Reno e la zona industriale della Rhur,occupavano i Francesi. Donne e Bambini morivano di fame,
Perché gli occupanti prendevano tutto e bloccavano l'importazione di generi alimentari. Quasi tutto era proibito per la popolazione. In tutto erano ancora le inquietudini politiche. I Comunisti volevano il potere,e occupavano certe province. Quasi ogni secondo era senza lavoro,era una miseria senza fine. I partiti erano uno contro l'altro,non era possibile governare il paese. In oltre era il costo delle riparazioni e danni della guerra che doveva pagare il Germania.

In questo periodo di miseria e disperazione arrivava il Nazionalsozialismo con Adolf Hitler.Il suo programma sembrava promettente e dava nuova speranza alla gente, e dava al popolo tormentato dalla fame e la disperazione nuova speranza a vivere. La vita migliorava. Con la creazione del servizio di lavoro, la creazione della Wehrmacht, sparivano molti disoccupati della strada. La costruzione delle Autostrade, nuove fabbriche, e la industria del riarmamento, procurava benessere e lavoro. Erevamo contenti e peno di speranze. Si volevamo che il Germania diventasse nuovamente forte,per liberarsi
Dalla dittatura dei nemici.Si vedevamo in Hitler il liberatore dalla miseria,e dalla fame. Si eravamo educato all'amore della patria. Andavamo combattere contro la Russia, credendo di dover difendere
L'Europa dall'invasione dello Stalinismo. Nella guerra non esiste l'umanità*, la guerra e sempre una cosa disumana.

Dai crimini fatti in Germania e dietro al fronte, noi Soldati combattenti non sapevamo niente. Quando nell'1942 vedevamo che vincere questa guerra era impossibile, non esisteva più un retrocedere. Dei nostri nemici eravamo gia condannato alla morte. Ci rimaneva soltanto la possibilità* a combattere per allungare la nostra vita, od ottenere condizione migliori. Anche fra i Tedeschi erano dei traditori e sabotatori. Cercavano con la collaborazione con il nemico di salvare la propria testa. Prima erano i più fanatici Nazi, dopo si dichiaravano per il più grande oppositore.

L'ultima speranza di Hitler era di lanciare con la V. 2. La bomba atomica sull'ingliterra. All'fallimento di questo Hitler diceva, che il popolo Tedesco non si meritava la vincita. Nell' 1945 gli Americani arrivavano al cento Atomico tedesco, finivano la bomba Atomica e la lanciavano in Japone. Come sarebbe finito la guerra, se Hitler riuscisse ad eseguire il suo piano diabolico?A questo si riferiscano le parole di Hitler: La previdenza mi perdona le ultime 24 ore di questo gigante lotta dei popoli.

Non condannate vostri padri,vostri nonni,lori erano soltanto i sacrificati di una politica pazzesca e sbagliata di un governo Nazionalsocialista. Non il popolo ha fallita, ma l'intelligenza. Lori come dicevano vedevano la conseguenza, ma per mancanza di coraggio non cambiavano la strada. Tanti pagavano per questa mancanza con la vita ma tanti anche si salvavano, e dopo la guerra appariva nuovamente nella politica. Oggi si vede nelle televisioni uomini che allora ci comandavano e fedele a Hitler ci davano ordine e ci mandavano a morire,ma oggi si volgano discolpare per il Lora
Ceca ubbidienza. Si poteva di tutti questi pazzeschi ordini e minacce scrivere un libro.
Vi dico, state ziti, e assumete vi la responsabilità* per gli errori fatti, e non lasciate vi usare per rapresentasione anti tedeschi nelle televisioni.

Novembre 2006.

Arthur Krueger.
Fante partecipante nei combattimenti in Polonia, Francia, Jugoslavia, Grecia, Russia, fino a Stalingrado, Italia, Budapest, e Austria.

Stalingrado:
La fine del reggimento di fanteria di Danzica.


A cura di Arthur Krüger
(8./120. IR(mot.)/60. ID(mot)

Introduzione

Caro lettore: mi chiamo Arthur Krüger e sono nato nella libera città* di Danzica il 12 giugno 1920. La nostra unità* fu fondata a Danzica nel giugno 1939 e ne condivisi i destini fino alla conclusione del dramma di Stalingrado.

A 86 anni ho deciso di affidare i miei peripezie e i miei ricordi ad uno scritto, dopo avere constatato che nessuno oggi conosce più la tedesca Danzica, né Königsberg, né la Prussia. à? mia ferma convinzione che trattare la storia di una divisione che ha combattuto a Stalingrado comporti di scrutare attentamente il passato e il quadro d'insieme di cui essa era parte.
Il nostro Kampfgruppe Eberhart, di stanza a Danzica - che in seguito avrebbe preso parte alla campagna di Polonia - fu trasferito al campo addestrativo di Groß-Born in Pomerania. I due reggimenti di polizia di Danzica divennero rispettivamente il 243° e il 244° reggimento di fanteria. Come terzo reggimento ci fu assegnato il 92° di Pomerania.
In quell'area ci addestrammo alla guerra contro i bunker e le fortificazioni.

Dalla Francia alla Grecia
Nel 1940 fummo mobilitati nel Saar e destinati alla zona di Saarbrücken. C'impadronimmo ben presto delle prime opere difensive francesi e presso Vorbach sfondammo la linea Maginot continuando poi a combattere fino ad Epinal. Nel cimitero di Vorbach presso Saarbrücken riposano i nostri compagni caduti. Terminate le operazioni in Francia facemmo ritorno al campo addestrativo di Groß-Born nell'attesa del nuovo schieramento.

Quelli del 243° reggimento che provenivano da Danzica furono spostati al 244°. Il resto del 243° fu assegnato ad un'altra unità*. Il 244° fu motorizzato divenendo il 120° mot. Anche il reggimento di Pomerania divenne a sua volta il 92° reggimento di fanteria motorizzata (92 mot).

Mentre le unità* appiedate potevano contare su tre reggimenti, quelle celeri motorizzate erano soltanto due. Il nostro addestramento si svolgeva ora a stretto contatto con le unità* corazzate. A questa fase di ristrutturazione e alle esercitazioni che la accompagnarono, fece seguito il trasferimento in Austria nella zona di Hollabrunn dove, sulle montagne del Semmering, ripetemmo le manovre muovendoci con i mezzi lungo le strade di montagna.

La nostra nuova unità* prese parte all'avanzata in Ungheria, in Romania e in Bulgaria. In Bulgaria ci acquartierammo nei dintorni di Sofia, Plovdiv, Pasardschik. Seguirono nuove esercitazioni sui monti d'Arabakonak. Ben presto giunse l'atteso ordine di marcia: "Avanzata in Jugoslavia". Incontrammo solo una modesta resistenza. Mentre la divisione attaccava in direzione di Belgrado, il nostro 120° reggimento motorizzato fu scorporato da essa ed assegnato ad una divisione corazzata con obiettivo la Grecia.

Così, il 14 aprile 1941, iniziava la nostra avventura in Grecia. Speravamo di essere impiegati fin da subito a fianco dei nostri camerati delle truppe corazzate, ma, purtroppo per noi, essi fecero tutto da soli, spazzando ogni resistenza e sospingendo dinanzi a sé gli inglesi.
Gli inglesi - che in realtà* erano australiani - cercavano di raggiungere in tutti i modi, le loro navi per fuggire via mare. Mentre si ritiravano facevano saltare i ponti e tutti i punti obbligati di passaggio, per questo ci capitava spesso di dover stare fermi per ore nell'attesa di un ripristino d'emergenza. I maggiori disagi toccavano, però agli autisti, che di notte dovevano guidare lungo strade d'alta montagna strette e sconnesse. Erano davvero prestazioni sovrumane che più tardi avrebbero meritato a tutti i conduttori d'automezzi e d'autocarri il distintivo d'autieri esperti.

Subimmo perdite e feriti solo una notte, quando un autocarro, intento ad affrontare una curva stretta, precipitò nel burrone sottostante.
Facemmo conoscenza di luoghi come Pflorina, Kozani, Kalabaka, Trikkala, Lamia, il passo del Termopili, il piccolo Olimpo, ma anche Atene e Corinto, dove liberammo 2000 prigionieri di guerra italiani.

Con la nostra colonna esplorante, di cui facevo parte, oltrepassammo il Canale di Corinto, in direzione Kalamata. Lungo la strada costiera facemmo prigionieri 25 inglesi, che di certo non avrebbero più raggiunto la loro nave e facemmo ritorno a Corinto per consegnarli. L'avanzata proseguì verso Sparta dove la guerra di Grecia per noi sarebbe terminata.
Fu schierato solo un Kampfgruppe che su barche da pescatori tragittò all'isola di Githera. Dovunque si girasse lo sguardo non c', era più ombra d'inglesi.
A Sparta ci fu concesso un po' di riposo: ci stendemmo al sole e non mancammo di gustare il vino greco. La popolazione aveva sentimenti amichevoli nei nostri riguardi e ci chiese di rimanere. Non voleva, infatti, che tornassero gli italiani. Correvano voci che avrebbero raggiunto l'Austria, e quindi la Manica, per l'invasione dell'Inghilterra, ma appena giunti in Austria ci fu comunicata la notizia che l'invasione era sospesa in quanto i russi stavano ammassando truppe ai confini preparandosi ad un attacco contro la Germania. Era il mese di giugno del 1941.
Fummo inviati al fronte orientale.

La campagna di Russia

Alla fine di giugno attaccammo in due ondate i russi sfondando d'impeto le loro posizioni. Era un tipo di guerra affatto nuovo per noi che si profilava. Per la prima volta apparvero carri russi che avevano dimensioni di una casa unifamiliare. Uno travolse il nostro cannone controcarro assieme al suo trattore schiacciandolo come fosse stato un giocattolo. Erano i carri Stalin. Solo più tardi, infatti, fecero la loro apparizione i carri T-34. Da allora tuttavia quel carro gigantesco scomparve.
I russi sparavano senza esitazione sia sui nostri soldati della sanità*, che erano disarmati, sia sui loro automezzi che pure si riconoscevano da lontano. Era diventato quasi impossibile soccorrere i compagni morti o feriti. Un giorno una parte della nostra sezione esplorante cadde in un'imboscata tesa dai russi. I compagni feriti, che non ce l'avevano fatta a sfuggire, dopo un nostro vittorioso contrattacco, li trovavamo trafitti con la loro stessa baionetta.
L'ordine di Stalin era: "Uccidete i tedeschi, colpiteli a morte ovunque essi si trovino" ("Smert nemeski Okupanti").

Era un ordine di assassinio! Il contrordine di Hitler recitava a sua volta: "Annichilire i russi è più importante di farli prigionieri". Constatammo che quel po' di umanità* che ancora era stata conservata nei combattimenti contro polacchi, francesi e inglesi, qui invece si era dissolta. Si combatteva e si avanzava. Con grandi perdite conquistammo Kiev, Poltawa, Tanganrog, Mariopol e Rostov.
Nella mia narrazione della battaglia intorno a Nepopetrowsk ho già* affrontato l'argomento "Italiani e Tedeschi", vi tornerò ancora una volta in appendice.
Nel frattempo sopraggiunse con grande anticipo l'inverno russo.

I russi ci attaccarono in forze per riconquistare Rostov, la porta del Caucaso, minacciando di accerchiarci. Fummo costretti a ritiraci da Rostov verso il fiume Mius, che sarebbe diventata la posizione invernale del successivo periodo 1941-1942. Quanto successe allora non potremo più dimenticarlo per tutta la vita. Non sarà* facile da descrivere.

In posizione sul Mius (dicembre 1941)

Ci venne ordinato prendere posizione di notte e in mezzo al nevischio. Il terreno era ghiacciato, duro come il sasso. I pionieri dovettero lavorare con l'esplosivo due notti di fila per scavare una buca nel terreno dotata di una copertura in legno per il nostro gruppo di 18 uomini.

Nel frattempo piazzai in posizione le mie due mitragliatrici pesanti. La temperatura precipitava sotto i 40 sotto zero, accompagnata da una tempesta di neve così forte da non potersi vedere avanti un metro. Le ciglia degli occhi gelarono. Per poter udire meglio, poiché non si vedeva nulla, apprestammo un posto avanzato davanti alla nostra posizione con cambio della guardia ogni mezz'ora. Di più non si poteva umanamente resistere senza il rischio di restare congelati.

Ogni soldato delle truppe motorizzate aveva in dotazione un abito invernale che indossava sopra l'equipaggiamento quando saliva sul cassone degli autocarri. Era questo indumento che ci permetteva di far fronte a quattro ore di guardia alla mitragliatrice pesante (S.M.G.). Ricordo che appena riuscivamo a liberare dalla neve un lato dell'arma, quell'altro era già* pieno di nuovo. Il nostro era un muoversi continuo, da una parte e dall'altra, che tuttavia ci impediva di congelare.

Il vettovagliamento non arrivava per giorni interi e altrettanto per i rifornimenti. Il liquido di raffreddamento e l'olio dei mezzi gelavano facendo blocco unico. Nessun motore si avviava più. Perfino la glisantina, che nelle locomotive si usava come additivo anticongelante, si era congelata. Mangiammo i nostri viveri di riserva. Dopo tre giorni arrivò finalmente il vettovagliamento rappresentato da una minestra al ghiaccio con fiocchi di mais e carne di cavallo, proveniente dai cavalli che soccombevano per la neve e per gli strapazzi. La razione per 18 uomini fu di cinque barattoli di salsicce in scatola con due gallette. Il tutto naturalmente ben duro e stecchito per il freddo. Per fortuna i rifornimenti migliorarono presto.

Ogni 10 giorni ci davano il cambio alternandoci con altri 10 giorni a riposo. Nelle case ucraine ci trattavano bene, spesso quasi come fossimo stati loro figli. Ci tenevano al caldo e curavano i nostri congelamenti. Ci pareva di trovarci a casa.

Trascorsi i 10 giorni si faceva ritorno alle nostre posizioni avanzate. Per giungervi facevamo un grande sforzo per vincere la tempesta di neve e la neve in cui si affondava, mentre il freddo feroce tagliava letteralmente il viso. Giungemmo così esausti nelle nostre trincee. Molti dei nostri compagni erano colpiti da congelamenti di secondo e terzo grado: per loro la guerra era finita.

A Natale ognuno di noi ricevette un mezzo pane e una razione di sanguinaccio e sigarette, queste ultime sempre scarsissime. Fu così per tutto l'inverno. Di notte arrivava il rancio caldo. Quando lo si ritirava si formava subito sopra uno strato di ghiaccio.

Nella nostra buca ci stringevamo tutti assieme per tenerci caldi a vicenda. Al momento del cambio di guardia la prima cosa da fare era scrollarsi da dosso la neve. La canna del fucile e tutto ciò che era in ferro non si poteva toccare senza guanti altrimenti la pelle gelava immediatamente. Anche i russi, nonostante i loro buoni indumenti da inverno, non se la passavano meglio. Ci lasciarono infatti relativamente in pace. Solo una volta, quando la visibilità* migliorò, una compagnia venne all'assalto guidata da un commissario che impugnava una pistola. I russi correvano incontro al fuoco delle nostre mitragliatrici tenendo le mani in tasca e il fucile sul dorso. I sopravvissuti si ritirano nuovamente sulle loro posizioni. L'inverno feroce forzò amici e nemici all'immobilità*.

Solo pochi di noi sopportarono senza danni quell'inverno spietato. La nostra dotazione di indumenti era quella del normale corredo invernale che ogni soldato indossava in patria, senza particolari indumenti per mimetizzarci nella neve. Lentamente i rifornimenti migliorarono e altrettanto lentamente sopravvenne il disgelo. Quanti però credevano che le cose sarebbero migliorate si ingannava. I mezzi si piantavano nel fango. Il cambio dalle nostre posizioni avveniva sempre di notte, mentre per raggiungere il posto arretrato dovevamo regolarmente percorrere una distanza fra i 5 e i 10 km. Le notti erano buie peste per cui l'orientamento risultava difficile.
Succedeva che i gruppi si muovessero in circolo ripresentandosi nella posizione (H.K.L) da cui erano partiti. La nostra sezione con le armi pesanti marciava sempre in coda ai gruppi e spesso in quelle notti scure accadeva che il sottufficiale Krüger si presentasse sul davanti dopo essere uscito da dietro. Nonostante la stanchezza i camerati canticchiavano allora in rima: "Il nostro comandante ha di nuovo perduto l'orientamento".

Era poi una mia caratteristica quella di riuscire a portare sempre fuori i soldati di 500 metri a sinistra dalla località* che si voleva raggiungere.
C'era un detto: "tutti gli uomini hanno una rigatura destrorsa". Ne seguiva che quello che teneva la sinistra esercitava una compensazione e doveva quindi andare più diritto. Io tenevo la sinistra.

Il maggiore problema della primavera era il terreno molle. I nostri stivali si piantavano nel fango e, quando accadeva al buio, era poi molto difficile ritrovarli. Eravamo allo stremo delle nostre forze. Prossimi all'esaurimento si era giunti a bere l'acqua di fusione dalle pozzanghere delle strade.

Le perdite per congelamento e malattie divennero molto elevate. Ricevemmo finalmente il cambio e arretrammo dietro le linee per recuperare le forze. Per avere superato quell'inverno terribile ci venne conferito l'ordine di inverno, che battezzammo subito l'ordine della carne congelata.

Nel frattempo ritornarono presso di noi i compagni che erano completamente guariti e quelli che erano andati in licenza. Avevamo sfortuna, Noi giovani e non sposati eravamo i più sfortunati: per noi non c'erano le licenze, quanto meno non in vista, perché Danzica non aveva ancora subito attacchi aerei di bombardamento. Eravamo tuttavia già* felicissimi di poterci lavare di nuovo, liberarci dai pidocchi e dormire finalmente la notte.

Con la popolazione ucraina avevamo un rapporto molto buono. Come dissi, stare con loro in quel periodo era come sentirsi a casa. Essi infatti potevano con noi esprimere nuovamente il loro pensiero in tutta libertà*, potevano pregare ed esporre senza pericolo le loro icone. Ci consideravano i liberatori dallo spietato regime stalinista. Purtroppo accadde che venissero profondamente delusi dalle truppe di occupazione che ci seguirono e dalle SS, che non si comportarono certo da liberatori.

Harkov

In vista della nuova azione venne effettuato un rimpasto del personale militare e a me fu rinnovato il mandato di comandante del gruppo lancia bombe.
E la nuova azione giunse: l'accerchiamento di Harkov. Credo fosse maggio del 1942. à? molto difficile invero, dopo così tanti anni, riuscire ancora a ricordare esattamente i mesi e i giorni. Per combattenti come noi, perennemente impegnati in azione, la differenza fra giorni e mesi era svanita: ben altri, infatti, erano i pensieri che occupavano la nostra mente. Coloro che si permettevano di tenere il diario non stavano esattamente sulla nostra linea del fuoco.

Sul fronte di Harkov combatteva l'armata russa del generale Schimischenko. In una serie di battaglie che comportarono gravi perdite da entrambe le parti, ci riuscì di chiudere in una sacca l'armata russa. Accerchiati sempre più strettamente, i russi si arrendevano in numero crescente, venendo verso di noi a migliaia con le mani alzate. Era un finimondo: Stuka, carri armati e tutto quello che poteva sparare, sparava nella sacca. Quindi toccò a noi di fare irruzione per bonificare il terreno dalle isole di resistenza. Eravamo tutti vecchi camerati abituati alla morte e a morire, ma quando ci capitò di camminare su montagne di morti e di feriti che urlavano, lo spettacolo era tale che ne restammo profondamente scossi.

Avevamo appreso che Schimischenko era stato evacuato in aereo dalla sacca su ordine di Stalin. Si vociferava pure del figlio di Stalin che, catturato, sarebbe finito in prigionia. Le nostre perdite tuttavia erano così elevate e noi così esausti che ci inviarono a riposare nelle retrovie per recuperare le forze. Molti di noi avevano contratto la febbre della Volinia, una specie di malaria, e si erano ammalati. Una malattia terribile. Fummo tutti vaccinati e dovemmo assumere tavolette di chinino. Per un po' di tempo fummo la riserva della divisione.

Alla fine di giugno eravamo di nuovo pronti per tornare in linea e presso Kalatsch sul Don ci mettemmo a caccia di russi. Il nostro compito era sfondare con i carri armati tagliando fuori il nemico dalle linee di rifornimento.
Ci eravamo spinti troppo lontano. La fanteria non reggeva più il nostro ritmo, per cui giunse l'ordine: "Unirsi". Ci fermammo pertanto in attesa di essere raggiunti dai rifornimenti di benzina e dalle truppe appiedate. Ovunque si volgesse lo sguardo non si scorgeva né una casa, né un albero, né un cespuglio. Eravamo in compagnia solo di alcuni dromedari che, almeno essi, non si erano ritirati.

Presto il collegamento venne ristabilito e con esso giunsero di nuovo benzina e vettovagliamento. Riprendemmo la via di Stalingrado. Ciò che ci sorprendeva non poco era la scomparsa dei T34, sostituiti invece da autocarri e corazzati americani. Avevamo avuto sentore che gli americani stavano approvvigionando i russi di materiale bellico via Vladivostock. Ai miei soldati accadde di catturare un piccolo cingolato americano che venne subito adattato al trasporto delle parti più pesanti del nostro lanciagranate.

Mentre le nostre forze iniziavano l'accerchiamento di Stalingrado a nord la 16a divisione corazzata sfondò le linee e giunse al Volga. Lì ci attestammo su quella che sarebbe diventata la cosiddetta posizione chiave nord da cui respingevamo tutti gli attacchi.

Battaglia per Stalingrado

La battaglia per Kalatsch e Stalingrado fu estremamente sanguinosa. Le nostre compagnie erano quasi tutte ridotte ad un organico di non più di 30-50 uomini, mentre la nostra linea principale di resistenza si presentava ormai piuttosto discontinua. Stavamo in trepida attesa del cambio. Quando i russi avanzavano ci sforzavamo di stare loro sotto tutto il possibile, spesso fino a soli 100 metri, per non essere colpiti dagli organi di Stalin (le katiusce, N.d.T.). Erano ordigni che devastavano entro un raggio dell'ordine dei 250 metri. Pur di colpirci i russi non esitavano un attimo a colpire anche le proprie truppe. Avevano inoltre degli ottimi cecchini per cui muoversi di giorno era puro suicidio.

Di notte scavavamo come matti per consolidare le nostre posizioni. La terra rimossa veniva versata nel telo tenda e distribuita dietro la posizione. Allo stesso tempo venivano fatte procedere in avanti verso le nostre linee munizioni e vettovagliamento. Un giorno arrivò un cambio isolato, costituito quasi completamente da inesperti quasi privi di adeguato addestramento. Per i loro errori dovetti più di una volta intervenire col mio gruppo di lanciagranate di 10 uomini a chiudere con rapidità* le brecce che la loro incapacità* apriva nello schieramento. Davanti alle nostre linee c'era un campo minato e, naturalmente, i russi. Del mio gruppo erano rimasti ancora quattro graduati, tutti veterani coi quali avevo condiviso a lungo le traversie della guerra. Essi erano perfettamente addestrati al tiro coi lanciagranate, aspetto che unito al livello ottimale di osservazione che eravamo riusciti a sviluppare ci metteva in grado di colpire il nemico ovunque.

Alla nostra sinistra c'era la postazione della 5a compagnia alla quale i miei lanciatori erano subordinati, mentre la destra era occupata dalle postazioni di un gruppo di mitragliatrici pesanti della mia compagnia. Ad un certo momento la compagnia fucilieri cominciò a lamentare dei caduti colpiti al capo da un cecchino russo. Essa pure era dotata di fucili a cannocchiale, ma i nuovi arrivi non li sapevano maneggiare bene per mancanza di addestramento. Mi feci perciò consegnare una di quelle armi e con essa provvidi in breve ad eliminare il cecchino.

Assieme al vettovagliamento un giorno fecero ritorno alla nostra posizione anche alcuni compagni provenienti dall'ospedale o dalla licenza. Questi ultimi col pensiero erano chiaramente ancora a casa e non prestavano la dovuta attenzione ai nostri moniti, quando li mettevamo in guardia: "Attenti, ci sono i cecchini. Giù, giù la testa". Non ebbero più occasione di venire in azione. Diventammo superstiziosi, al punto che fra noi si diceva: "Chi va in licenza poi muore". Ciononostante cercavamo di non farne una preoccupazione eccessiva. In ogni caso le licenze vennero bloccate.

I russi tentavano ripetutamente di saggiare con piccoli attacchi quanto ancora reggeva della nostra difesa. Quando si presentavano venivano regolarmente falciati dal fuoco delle nostre armi. Subito dopo si udivano le grida di aiuto dei moribondi che si facevano sempre più deboli fino a cessare del tutto. Quando alla mia posizione giunsero tre disertori, chiesi loro direttamente: "Ma perché non aiutate i vostri feriti?". Essi risposero: "Da noi vengono evacuati solo coloro ancora in grado di continuare a combattere. Chi può tornare indietro coi suoi mezzi viene soccorso, gli altri rimangono lì".

Dietro le posizioni russe udivamo tutte le notti un lontano lo sferragliare di cingoli di carri armati. Intuivamo che qualcosa di grosso stava per bollire in pentola. In breve tutto divenne chiaro: i russi avevano sfondato dai Romeni con forze poderose, il fronte italiano anch'esso vacillava.
A Kalatsch i russi avevano raggiunto il Don chiudendoci in una sacca. Non ci demmo troppo pensiero, alla nostra divisione era capitato più di una volta di finire in una sacca e ne era sempre uscita. Man mano che il tempo passava i rifornimenti e le munizioni divenivano sempre più scarse, facendo crescere in noi la debolezza e il senso di vuoto. I grandi strapazzi, la vita inumana che da troppo tempo stavamo conducendo ci avevano precocemente invecchiato.

Giovani di vent'anni morivano per lo sfinimento. Tormentati dal tifo e dai pidocchi, l'uscita da quell'inferno era assicurata solo ai feriti. L'augurio che ciascuno si faceva era di una morte senza dolore. Alcuni giungevano a ferirsi pur di essere evacuati, altri erano assaliti dal panico e saltavano fuori dalla posizione dove i cecchini altro non attendevano. Solo chi teneva i nervi a posto aveva qualche possibilità* di sopravvivere. Altri ancora disertavano e poi facevano ritorno. Forse credevano in quel modo di rompere l'accerchiamento. Venivano catturati, fucilati o inviati nelle compagnie di punizione.

Credo fosse ormai la fine di novembre. Era passata mezzanotte e si sentivano sferragliare i cingoli dei carri. Arrivarono. Contai dieci T 34. Li lasciammo passare oltre la nostra posizione e quindi facemmo fuoco coi nostri pezzi controcarro. I carri erano seguiti a distanza dalla forza di un battaglione di soldati appiedati che tentarono di sfondare su un nostro fianco. Li lasciammo avvicinare finché non furono a tiro. Poi si sviluppò l'inferno. L'attacco si infranse nel nostro fuoco incrociato. I nostri carri, appoggiati dalla fanteria, intervennero coronando il successo del nostro contrassalto.

In quell'azione rimasi ferito alla testa e alla spalla, per cui fui evacuato a Gumrack in attesa di essere imbarcato su un aereo che però poteva decollare solo il mattino successivo. Ciò che accadde in quel frangente è indescrivibile. I feriti urlavano come folli. Tutti volevano partire e si attaccavano alle ali dell'aereo impedendogli di fatto di muoversi. Furono imbarcati per primi i feriti gravi e anch'io venni considerato tale, quando ormai avevo perso ogni speranza. A causa della nebbia un Ju 52 era caduto al mattino nel cratere di una bomba. Il pilota attendeva su un trattore che lo tirassero fuori. Nell'attesa iniziammo a parlare. Era un maresciallo, un ex-fante. Mi riferì fra l'altro che doveva trasportare solo feriti gravi, quindi tornò all'aereo per fare nuovamente ritorno a chiedermi se ero in grado di sparare con una mitragliatrice. "Naturalmente" risposi, "vengo da una compagnia di mitraglieri".
"Allora verrai con me sull'aereo come mitragliere di bordo". A ciò dovetti la mia salvezza da Stalingrado. Lo Junker si levò in volo e uscimmo indisturbati dalla sacca.

Dei miei compagni, coi quali fino a quel giorno avevo condiviso la sorte, nessuno sopravvisse a Stalingrado.
Gli altri, che ancora in gennaio erano a nord sulla linea principale di resistenza, vennero macinati dai cingoli dei carri. Solo tre delle salmerie caddero prigionieri. Il maresciallo capo, l'infermiere e il sottufficiale ai rifornimenti.

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Nota:
Altri miei ricordi a completamento del presente sono disponibili negli scritti seguenti:
Italiani e tedeschi alleati nella guerra 1939-1943.
L'asse Roma-Berlino 1936-1943.
Battaglie intorno a Rostov e sul Mius - Inverno 1941-1942.
Riflessioni sul mio servizio militare dal 1938 al 1945.
La mia storia di Stalingrado.
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Italiani e tedeschi alleati
Camerati in Guerra contro il comunismo 1939 - 1943


Ho letto e sentito parlare molto a proposito del rapporto e del comportamento fra i soldati italiani e tedeschi. Molte cose non sono mai raccontate. La colpa della tremenda disavventura dei bravi soldati italiani dopo l'armistizio non è da imputare a tedeschi o italiani, ma ai dirigenti italiani che mandarono i soldati con un armamento di trenta anni prima a combattere contro l'esercito russo armato con tecnologie più moderne e meglio addestrato Basti pensare ai carri armati T.34 russi e agli italiani che non avevano nulla per difendersi. Allo stesso modo mi ricordo della guerra in Polonia, quando la cavalleria polacca attaccava i nostri carriarmati.

In quello che sento e che leggo ho riscontrato molte cose che rispecchiano la realtà*, però mancano dei veri testimoni: soldati italiani e tedeschi che hanno combattuto assieme in prima linea. I racconti degli ufficiali e dei generali che stavano nei loro Bunker riscaldati e molte volte lontano dalla linea dei combattimenti non possono rappresentare realisticamente la guerra e il rapporto fra italiani e tedeschi.

Il fatto che manchino testimonianze è comprovato dalle difficoltà* e dagli anni di ricerca sono stati necessari al mio amico Carlo Balestra per trovare testimonianze per scrivere il libro Fratelli nella Notte. Il libro in origine doveva parlare dei Reduci della Russia, ma poiché ormai ne sono rimasti pochi, l'autore è stato costretto ad inserire racconti sulla guerra in Africa, Albania, Grecia e Jugoslavia.

Le stesse difficoltà* si trovano anche in Germania, ma non per la mancanza di testimoni ma per causa delle diffamazioni, umiliazioni e offese subite dai reduci da parte dei vincitori, dei compatrioti, e anche da parte dei loro stessi figli e nipoti. Cito solo come esempio l'Ausstellung: Die Verbrechen der Deutschen Wehrmacht. La mostra dei crimini dell'esercito tedesco).

Tutto questo mi ha spinto a scrivere la mia esperienza vissuta assieme con i Camerati Italiani in Grecia, Russia e in Italia. Vedo la mia esperienza come un dono da trasmettere agli altri e come un dovere. Nonostante i miei 85 anni mi sento obbligato a lasciare i miei ricordi di quella tremenda esperienza che è stata la seconda guerra mondiale alle prossime generazioni.

Nell'aprile del 1941 durante la guerra in Grecia, il nostro comando esploratori del 120° reggimento motorizzato occupava il canale di Corinto e liberava 2000 prigionieri Italiani. Gli alleati italiana ci facevano una calda accoglienza e ci abbracciavano gridando: "Evviva Hitler e Mussoline, evviva l'asse Roma-Berlino. Questo secondo mi era sintomo di un'amicizia indimenticabile e di un'alleanza sentita anche dai soldati oltre che un'alleanza scritta solo sulla carta.

La nostra divisione motorisata. 60.panzergrenatire nell'estate del 1941 in Russia combatteva sempre aggregata ad una divisione Carriarmati nel sud dell'Ucraina. Noi eravamo sempre in contatto con le Truppe Italiane che hanno partecipato ai duri combattimenti per la presa di Kiev, Pasarcick, Mariopol, Tangarock e alla gran battaglia per traversare il fiume Nepper presso la città* di Niepropitrowsk.

Voglio dare atto dell'eroico combattimento dei Soldati Italiani in questa battaglia e vorrei dare una spiegazione più dettagliata sul perchè la nostra Divisione ha molto da ringraziare questi bravi camerati italiani?
Nella battaglia di Nepropetrowsk per la presa della città*, la nostra divisione 60 MOT era in prima linea la con il reggimento 120 MOT in maggior parte formato da volontari dell'ex città* libera di Danzica. Lo stemma della divisione era costituito dalle due croci dello stemma di Danzica. Arrivando al fiume e vedendo che il ponte era in parte ancora intatto, attraversavamo il fiume e formavamo dall'altra parte una testa di ponte. Sull'altro lato del fiume trovavamo l'accanita difesa delle truppe russe. L'artiglieria russa cominciava a concentrare il fuoco sul ponte. Nella parte della città* controllata dal nostro esercito gli osservatori russi dirigevano il fuoco sul ponte. Il passaggio da una parte all'altra era quindi interrotto e non era più possibile portare via i nostri feriti né tantomeno era possibile avere rifornimenti di munizioni e viveri. Fortunatamente arrivavano i nostri salvatori: i bravi camerati italiani. Mi sembra che si trattava di un gruppo di pontieri della Divisione Celere. Dopo poco tempo e sotto un fuoco infernale riparavano il ponte distrutto e così passavano le nostre prime vetture con munizioni e viveri che ritornando portavano indietro i tanti feriti. Approfittando della notte sul ponte passavano l'artiglieria leggera e le armi pesanti. L'ordine per noi era di resistere ad ogni costo. A nord sul fiume traversava nel frattempo la famosa divisione Gespenster che veniva poi in nostro aiuto. Questa divisione corazzata era famosa e molto temuta dai russi perche appariva alle loro spalle come uno spirito. Abbiamo resistito fino all'arrivo delle truppe che ci hanno dato il cambio. Le nostre perdite erano superiori al 60%. Senza il sacrificio di questi eroi Italiani, nessuno di noi sarebbe ritornato da quella parte del fiume. Ancora oggi vedo nella mia memoria il camposanto vicino al fiume, dove sono stati sepolti quei bravi soldati. Purtroppo in tutti questi anni non ho mai sentito parlare di loro, forse perché appartenevano alla Celere.

Secondo me avevamo un buon rapporto con le truppe italiane che combattevano con noi in prima linea. Noi conoscevamo i loro punti deboli e li abbiamo aiutati dove e quando era possibile. Dopo queste grandi battaglie, fra cui quella di Charkow, andavano in riposo per riorganizzarci nelle retrovie. Nelle retrovie avevo tempo di vedere e di parlare con i soldati italiani.
Nelle retrovie ho notato i primi contrasti dei soldati di prima linea con le truppe dei rifornimenti e dell'assistenza. Da parte italiana ho notato un po' d'invidia nei nostri confronti. Gli alleati italiani vedevano che i soldati tedeschi avevano un'assistenza, di un trattamento e anche di un armamento migliore. Loro dovevano andare a piedi, mentre noi eravamo trasportati con le macchine. Quando tornavamo dal fronte distrutti e stanchi a causa delle tremende battaglie, prendevamo i migliori quartieri per dare ai nostri soldati il modo di riprendersi e riposarsi dai grandi strapazzi, infatti, tante volte eravamo stati in prima linea mesi senza aver visto acqua sapone per non parlare di un letto per dormire.

Mettevamo i nostri soldati in piccoli gruppi nelle case, anche per lasciare abbastanza posto per gli abitanti delle case. Noi vivevamo con loro come una famiglia per i 10-15 giorni che c'erano concessi per riprendersi. Questa per gli italiani era un'altra ragione d'invidia, i posti migliori erano per i tedeschi, mentre gli italiani erano costretti in posti tipo caserma. In alcune case occupate per breve tempo c'erano anche delle belle donne, alcune delle quali avevano già* fatto amicizia con i soldati italiani e quindi la presenza dei tedeschi dava fastidio. La sera del primo giorno di riposo nelle retrovie arrivava da me il mio capogruppo spaventato e mi diceva: "Sergente venga subito nella nostra camera perché ci sono quattro italiani che ci minacciano con delle bombe a mano.". Andavo dove mi era stato indicato e con il mio poco italiano ho spiegato la situazione e ho detto loro che in 10-15 giorni sarebbero andati via e che non avremmo portato via le loro donne. Una stretta di mano e loro sono andati in pace. Tante volte ho visto che i più grandi malintesi erano creati a causa d'incomprensioni linguistiche. Ricordo che un soldato mi affermava che ci avevano mandato in Russia per portare la cultura ed io replicavo che la cultura dovevamo impararla da loro. Infatti, in Russia erano obbligatori 10 anni di scuola mentre noi in montagna e nei paesini avevamo fatto a stento la quinta elementare. I russi avevano una buona cultura generale, e non erano come i nostri politici volevano farci credere, vale a dire una specie d'esseri umani inferiori.

Tutti i soldati ricevevano ogni 10 giorni dieci marchi. Tutti soldati tedeschi e alleati impegnati nella zona di combattimento dalla prima linea fino a 100 Km dal fronte prendevano due marchi il giorno extra. Un italiano mi affermava che loro prendevano invece solo un marco e mezzo a causa di spese non meglio indicate. Io non so se era vero o no, ma ho visto tante altre cose indegne che i poveri soldati italiani hanno dovuto subire.

I miei soldati sul mercato nero compravano merce italiana venduta ai trafficanti russi: scarponi nuovi da montagna, grappa e altre cose utili. Gli scarponi, per noi gente di pianura, erano belli e poiché avevamo denaro in abbondanza e in prima linea non c'era niente da comprare a parte il piombo che, però lo mandavano gratis e in gran quantità* i russi. Per questo motivo anch'io mi sono fatto portare un paio di scarponi dai miei soldati e li ho messi al primo ritorno al fronte. A causa del caldo dovuto ai piedi e allo sfregamento del camminare si scioglieva la neve sulle scarpe e la pelle s'imbeveva come una spugna. Se invece si stava fermi la pelle imbevuta, ghiacciava e si spaccava esponendo il piede al freddo; mi facevo riportare allora i miei stivali tedeschi e buttavo via gli scarponi. I poveri soldati italiani della Fanteria e gli Alpini nel 1943 con un freddo oltre i 40° sotto zero facevano la ritirata dal Don con questo tipo di scarpe. Tante altre cose dovrebbero essere raccontate, ma la verità* fa male, e perciò sarà* sempre nascosta.

In questa tremenda guerra sono accadute tante cose che possono apparire incredibili a coloro che non si sono trovati sul posto. Bisogna conoscere le ragioni di certi fatti che sono accaduti. Tanti reduci della tragica ritirata verso Nicolaigewka hanno affermato che se sono ritornati vivi da questa ritirata devono ringraziare i carri armati tedeschi, mentre sento altri reduci dire che i soldati tedeschi hanno rubato la benzina. Se vogliamo chiamare cosi questo "furto", dobbiamo altresì riconoscere che era necessario per far funzionare i Panzer tedeschi che hanno garantito sia la protezione che le comunicazioni per il ritiro. Se non ci fossero stati i Panzer tedeschi dalla sacca, non sarebbe uscito nessuno: né italiani né tedeschi.
Questo per fa capire a tutti che in certe situazioni in guerra abbiamo dovuto prendere determinate decisioni per salvare vite umane. In caso di fallimento saremmo andati davanti al tribunale di guerra. Dopo la mia miracolosa uscita alla fine di novembre 1942 da Stalingrado, ritornavo alla fine di dicembre di nuovo in Russia. Millerowo era il posto di raccolta, dove mi presentavo per essere assegnato ad una nuova unità*. Al fronte, poco lontano, non si sapeva più dove era l'amico e il nemico. Tutti questi sbandati formavano gruppi d'intervento per tamponare le falle della difesa. I responsabili davano a me, sottufficiale pluridecorato, il comando di 30 soldati e due sergenti con il compito di cercare contatto con il nemico e resistere. Abbiamo resistito e combattuto per dieci giorni senza aver contatto con altri reparti e senza viveri. Il nostro gruppo si era ridotto a 15 uomini, quando eravamo riusciti a raggiungere di nuovo la linea di difesa. Quando mi presentavo a ricevere i viveri destinati al mio gruppo, ne chiedevo in più per non rimanerne privo. L'impiegato militare deputato alla distribuzione mi denunciava e voleva portarmi davanti al tribunale di guerra. Per fortuna il mio comandante, uno dei pochi usciti da Stalingrado, ha fermato la pratica.

Un altro caso accade durante il crollo del fronte sul Donn, quando privi di truppe corazzate e d'artiglieria eravamo obbligati a tamponare i buchi nella difesa con qualsiasi mezzo. In quel caso Carristi Soldati e Ufficiali che non potevano più raggiungere le loro unità* a Stalingrado, andavano nelle officine a rubare i Panzer che non avevano padroni. Essi facevano questo solo per dare a noi soldati un appoggio forte in quella situazione disperata.

Credo non si debba sempre cercare di incolpare agli altri. Tutti i soldati hanno fatto il loro dovere e se dei colpevoli ci sono, vanno ricercati nei politici dei rispettivi governi, tanto per gli italiani come per i tedeschi. Quando la guerra è finita ci hanno lasciato cadere come una patata bollente, abbandonandoci ad un triste destino di miseria e di fame. Ancora oggi si ripetono tristemente le stesse cose per i soldati d'oggi impegnati in varie guerre che, almeno sulla carta, sono sempre per la pace e per la democrazia. Tanti soldati di tutte le guerre sia in combattimento o a causa d'armi infette hanno perso la salute e ritornati alla vita normale sono stati abbandonati a se stessi.

Un pensiero Arthur Kruger - Maresciallo di Fanteria Leva 1920 (Feltre, lì 25 ottobre 2005).

Memorie di episodi vissuti.
Guerra in Polonia, Francia, Grecia, Russia, Italia e Ungheria.


Al primo settembre ore 5 1939 noi le truppe della polizia di Danzica attaccavamo.
Al confine fra Danzica e la Polonia, le truppe della Polonia che cercavano di entrare nel Territorio dello Stato Libero di Danzica. Io ero telefonista, e il mio compito era di tenere il Collocamento fra il nostro gruppo e il comando della Compagnia.
Era notte buia, e mancava il collocamento.Una Granata aveva rotto il filo.Dall'apparecchio Prendevo il filo in mano e correvo lungo il filo indietro.Un bel momento m'inciampai Sull'una cosa. Accendeva la mia lampadina, e vedevo un Soldato morto che mancava la metà* della testa.Spaventato, era il primo Soldato morto che vedevo.Riparavo in fretta.
La linea correva come se avesse il Diavolo adosso indietro.

1940 la preparazione per attaccare, la Linea Maginot.
La prima fase era l'Attacco alle prè fortificazioni.Ero al comando di un Mortaio pesante.
Dovevamo traversare un forte fuoco di sbarramento dell'Artiglieria Francese.Non era Possibile ad avvanzare.All'arrivo delle nostre Stuka (Sturzkampfbomber Bombardieri in Caduta) che bombardavano i Bunker Francesi, l'Artiglieria smetteva di sparare.
Cosi traversavano la Magino ed entravamo nei boschi delle Vogesen.Io in testa al mio Gruppo di Mortaio avanzavamo al bordo della strada, in una curva passavo davanti.
Un portaordine in bicicletta mi faceva quasi cadere.Gridavo sei matto, e lui colpito Da un Proiettile nella Testa cadeva per terra.Negli alberi erano apostati Tiratori scelti.
Io ero in testa del gruppo, e cosi il portaordini ha preso il proiettile che era destinato A me.

Dopo la fine della campagna in Francia, la nostra Divisione e stata motorizzata.
Entravamo nei Balcani.In Ungheria e Romania. eravamo molto meravigliati vedendo che gli uomini avevano Stivali mentre le donne nell'inverno freddo con la neve andavano.
scalze. In Bulgaria ero nel comando avanzato.Dato i miei vent'anni mi piacevano le belle ragazze.A Pasarschik ho fatto amicizia con una bellissima Bambina.La dicevo In bulgaro: As mio bitschen.( Ti amo ) Ma purtroppo per la cultura e la religione nonp oteva uscire con uno straniero.Cosi mi dovevo accontentare di uscire anche assieme con suo padre.

Entravamo in Jugoslavia, nella Serbia.Facevo parte del gruppo esploratore motorizzato.
Vedevamo che i Serbi non avevano tanta voglia di combattere.Si arrendevano davanti a noi l'intero comando di una Divisione con il loro Generale.

Dalla Serbia a Descardia Elason, entravamo in Grecia.Le Truppe Greche si arrendevano.
Mentre gli inglesi facevano saltare tutte i ponti in ritirata affrettata.Cosi i nostri Panzer, dovevano aspettare le riabilitazione da parte del Genio Militare.In certi momenti la nostra colonna avanzava in una giornata appena 5 Km.
Un Greco affarista vedendo la colonna ferma davanti alla sua casa gridava: soldati tu tricco, tracco, tu venire fare amore.Sono rimasto incoriusito andavo vedere cosa era quel Bordello inprovisato.Ho visto sua figlia quatordicenne a prestarsi ei Soldati.
Il padre avendo sentito dei Soldati dire la parola ficki, ficki, Tu ficki pagare un Drachme.La colonna andava avanti, e cosi lo spettacolo finiva.
Noi Esploratori con le nostre vetture passavamo davanti a tutti. L'ordine era di vedere dove si trovano lì retro linee degli Inglesi.Ma loro si erano gia imbarcati sulle loro Navi.
Al canale di Corinto, che e stato preso dei nostri Paracadutisti, liberavamo 2000 Prigionieri Italiani.Era una gran festa.Ci abbracciavamo e gli italiani gridavano: e viva Hitler e Mussolini e ci scambiavamo i distintivi.

La Guerra in Russia.Il tremendo inverno 1941 nelle posizioni in Ukraina dietro il Fiume Mius.Il terreno congelato fino un metro di profondità*.Temperatura 40-45 gradi.
Forza vento 12.Non andava più niente.La glisantina nelle Locomotive, l'olio nei Motori congelato.Le tremende nevicate impedivano la Vista.Per diversi giorni eravamo senza rifornimenti.L'unica cosa che camminava ancora erano i Cavalli e i Soldati.
I Russi spinti dai commissari ci attaccavano con il Fucile in spalle e le mani nelle tasche.
Le perdite per il congelamento era il 70% Per quell'inverno c'e stata conferita la Medaglia per l'inverno 1941-42.Vulgo chiamata Medaglia della carne congelata.
In primavera avanti verso Nieppropetrowsk.La gran battaglia per la testa di ponte sul Fiume Niepper.Al nostro Fianco i bravi Bersalieri della Cellere.Con un grande Eroismo sotto un tremendo bombardamento dell'Artiglieria riparavano i lori specialisti, il ponte.
Era il loro merito che i Russi non riuscivano a buttarci indietro nel fiume.

Avanti verso Scharkow.La gran battaglia per accerchiare, l'Armata di Schimischenko L'armata è stata circondata e completamente distrutta.Il Generale Schimischenko per Ordine di Stalin era uscito con un Aereo.Ma in compenso prendevamo il figlio di Stalin.

Dopo un po' di riposo, avanti verso il Donn e Stalingrado.Noi i Panzergranatieri combattevamo sempre insieme con i carriarmati. Traversavamo le linee del nemico per tagliarlo nelle spalle le vie di rifornimento.Cosi traversavano il Donn e entravamo nella Steppa di Stalingrado.Qui ci dovevamo fermare.Perchè la Fanteria a piedi che doveva raggiungerci, era rimasto indietro al Donn.Mandavamo indietro le nostri camion per trasportarli nelle nostre linee.Dovevamo anche aspettare il rifornimento di benzina.In Tanto nella Steppa ci facevano la compagnia i Cameli che non erano fedeli a Stalin, e non si erano ritirati.

Sistemato tutto, si avanzava verso Stalingrado.Qui trovavamo i russi con macchine armamenti e Panzer Americani.Noi sentivamo che gli Americani li fornivano traverso il porto di Vladivostock con il loro armamento.

Con l'apoggio con i Panzer della 16.Divisione sfondevamo la linia nemica e ragiungevamo nord est il Wolga.La nostra divisione andava qui in posizione di sbarramento a nord est di Stalingrado.I cosi chiamata Nordriegelstellung.Mentre le altre Divisioni combattevano per la conquista di Stalingrado noi difendevamo le nostre posizioni fino alla fine.
Nei combattimenti, io rimanevo ferito e portato con l'Aereo fuori di Stalingrado, i miei Camerati combattevano fino all'ultimo uomo. Nell'ultimo attacco dei Russi nel gennaio 1943 venivano schiaciati dai cingoli dei Panzer Russi.Per la mancanza di viveri e le enormi
Strapazzi dei mesi passati non avevano più la forza ad uscirare del lori buchi.
La vera storia di quel dramma non può più raccontare nessuno, perchè non ci sono sopravissuti.

Arthur Krüger (Gennaio 1975).

Il mio discorso per la inaugorosazione del Monomento all' Imigranto a Feltre

Autorità*, Signore e Signori, cari Ex Emigranti,
Ci siamo riuniti davanti a questo magnifico monumento per ricordare tutti i Feltrini che per generazioni partivano dalla Stazione incontro all'incognito in paesi lontani, per cercare un lavoro, un pezzo di pane che la patria non poteva dargli.
Questo monumento rappresenta i Feltrini che si giravano con le lacrime negli occhi per vedere ancora l'ultima volta la loro Feltre.
Pensiamo a tutti quelli che andavano oltre mare, e non hanno mai più avuto la fortuna di rivedere o ritornare nella loro cara Feltre.
Solamente negli ultimi 50 anni dopo la seconda Guerra e anche grazie alla ricostruzione dell'Europa è stato possibile trovare lavoro più vicino a casa, e cosi i feltrini, e non solo, emigravano verso paesi più vicini: Svizzera, Francia, Belgio, Olanda, e Germania.
Dopo 30-40 anni d'enorme sacrificio e di duro e faticoso lavoro tornavano in parte a Feltre.Tanti avevano imparato un buon mestiere e investivano i loro risparmi nel Paese. Anche grazie a loro In pochi anni una zona depressa di montagna è diventata una zona di benessere.
Esorto i giovani a ricordare che per il loro benessere attuale devono ringraziare i loro nonni e i lori genitori, infatti, con i loro grandi sacrifici essi hanno reso possibile l'attuale stato di prosperità* e tranquillità*.
Vi ringrazio per il vostro gentile ascolto.

Amore per la Patria, Orgoglio nazionale, Tradizioni.

E' possibile che un popolo possa esistere senza queste caratteristiche? E' possibile che figli e nipoti sono diventati cosi cechi e creduloni, prestino fede in tutto quello che i nemici pubblicano d'istigazioni ed esagerazioni. Come possano una generazione di guerra e i lori padri e nonni venir cosi diffamati, che non hanno fatto altro che difendere la loro patria fino all'ultimo respiro.
Perchè all'estero il giudizio nei Soldati della Deutsche Wehrmacht è diverso e non è come nella propria patria? Voglio solo ripetere le parole di uno storico Swedese: "#8230;ai soldati tedeschi abbiamo da ringraziare, che i bolschowicki non sono riusciti ad occupare tutta l'Europa#8230;".
Sono un prussiano dell'est, nato nel 1920 nella Città* libera di Danzica. La pressione dei Polacchi contro Danzica aumentava sempre. Il boicottaggio contro il porto di Danzica e la costruzione del porto polaco di Gedingen portava miseria e disoccupazione per la popolazione di Danzica.
I polacchi non si sono accontentati del territorio della Prussia che i vincitori gli avevano assegnato nel 1918, volevano gia allora tutta la Prussica che hanno poi ottenuto nel 1945.
Per sfuggire alla disoccupazione, mi arruolavo nel 1938 come volontario ad Insterburg Prussia Orientale per fare le istruzioni militari. Potendo poi ritornare, ed essere dopo ammesso nella Polizia di Danzica. Non ho mai consegnato il mio passaporto di Danzica, lo possiedo ancor oggi. Cosi ero fino al 1945 cittadino di Danzica, non ho mai fatto parte di un'organizzazione politica, e non sono stato nella gioventù hitleriana, non conosco odio e disprezzo contro altre razze. Sono solo contro le diffamazioni, esagerazioni e le generalizzazioni.
Una pesante colpa hanno i politici che dal 1939 al 1945 hanno caricato sulle spalle del popolo tedesco quegli orrori. Nessuno ha un dubbio su questo. Noi tutti abbiamo per questo molto sofferto, e paghiamo ancora oggi. Ma tutto questo deve avere anche una fine, anche per i vincitori del 1945.
E tutti i popoli che partecipano da 60 anni alle guerre crudeli e disumane contro popolazione innocenti non hanno nulla imparato dal passato?
Che cosa era per loro lo sterminio degli Indiani in America? La schiavitù dei negri? Gli inglesi in India e in Africa? ecc...Che cosa che cosa era la guerra in Vietnam, Korea, in Afganistan contro le truppe russe? Americani in Afganistan contro gli afgani? I bombardamenti contro i Serbi nei Balcani? Lo stesso gioco ancor oggi nell'Irack? Per domani gia in programma l'Iran! Che cosa e la sporca guerra fra Israele e i Palestinesi? Tutto sotto il motto: "Per la liberta e la democrazia".

Chi è senza colpa lancia la prima pietra !

Com'era la situazione allora nel lontano 1942 fino al 1945. Noi vecchi fanti vedevamo il comportamento nel retro linee della Gestapo e delle SS (non confondiamole con le WafenSS truppe specializzate di guerra in prima linea). La simpatia da noi conquistata presso la popolazione Ucraina loro Gestapo e SS la distruggevano. Rinforzi, vestiti invernali e altro che c'erano stati promessi non arrivavano mai. Per noi c'era solamente la possibilità* di finire la guerra e dopo liberarsi di questo governo fanatico. Questi erano i pensieri di molti vecchi combattenti, purtroppo arrendersi o capitolare era come uccidersi. Che cosa di bestiale ci avevano promesso i vincitori, la divisione della Germania fra di loro, tutti gli uomini tedeschi saranno castrati, radunati in campi di lavoro forzati per ricostruire quello che avevano distrutto. L'industria sarà* smontata ed esportata come bottino di guerra, la Germania nel futuro potrà* essere solo un paese agricolo.
Non e qui possibile elencare tutte le promesse che ci faceva il presidente Rosvelt e Ira Ilenberg e altri tutti i giorni. Per noi non restava altro che vendere la nostra vita al prezzo più alto possibile.
Tante donne, bambini, vecchi e soldati si toglievano per causa di queste promesse la vita. Una sofferenza senza fine. I tedeschi rieducati fino ad oggi non hanno il coraggio di parlare. Un tedesco che aveva il coraggio a parlare dai disumani bombardamenti di Dresda e confrontarlo con l'Hollekaust veniva dagli stessi tedeschi maledetto.
Che cosa era successo a Dresda?Era super affollato con migliaia di profughi che cercavano a Dresda la salvezza davanti alla soldatesca russa in maggior parte donne bambini malati e feriti. Su questo grandissimo numero di corpi umani bombardavano gli Inglesi con bombe al fosforo, senza pausa, la città* e anche le strade bruciavano non era possibile di uscirne. Nei rifugi per il gran caldo mancava l'ossigeno e alla gente gli si spaccavano i polmoni, quelli che cercavano di salvarsi nei prati erano attaccati dagli aerei e mitragliati.
E tutto questo non e un crimine? E' certo che agli ebrei è stata fatto una grande ingiustizia, ma non sono gli altri anche esseri umani? Come in tutte le cose a pagare deve essere sempre l'uomo semplice, l'uomo della strada. Cosi anche per i poveri ebrei che dovevano soffrire e morire, mentre ricchi avevano oro, denaro e amicizia e si compravano la liberta e incassano ancora oggi per i poveri che hanno dovuto lasciare la vita. Anche gli ebrei devono decidersi se sono tedeschi di religione ebraica o straneri. Si vede cosi che tanti ebrei sono ritornati in Germania a fine guerra e altri dopo essere stati in terra d'Israele sono ritornati nuovamente. Questo dimostra che in Germania vivono bene e più sicuri. Perchè allora continuare con i pregiudizi e l'istigazione.
Christiani ed Ebrei hanno lo stesso pericolo e lo stesso nemico, l'islam. Se non combatteremo assieme contro questo pericolo, allora non avremo più nel prossimo secolo in Germania in Europa né Christiani n'Ebrei. L'islam dice per noi lavora il tempo. Voi diventerete convertiti all'islam che vogliate o no. L'invasione è in corso a pieno ritmo. La Germania diventerà* uno stato multietnico islamico come i Balcani. L'umanità* non ha imparato niente dal passato. Noi la generazione dell'ultima gran guerra nella nostra lunga vita abbiamo visto nel mondo cosi tante sofferenze e ingiustizie.
Alla fine di questa nostra vita vorremo solo ancora vedere un po' di luce della pace per quelli che vengono dopo.

Arhur Krüger classe 1920 (Feltre, Italia 31 Gennaio 2005).