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Discussione: Operazione Husky

  1. #71
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    Re: Operazione Husky

    Grazie per le risposte di cocis49 ed MPCOUGARS. Preciso che le perdite canadesi del 10 luglio furono di 7 caduti e 25 feriti, senza contare le perdite dei due battaglioni di royal marines aggregati (8 caduti e non ricordo quanti feriti). Nei rapporti e nei testi che ho letto, di provenienza canadese, si scrive che il primo scontro serio affrontato da quelle truppe fu a Grammichele il 15 luglio. Ecco, qui di seguito, il brano tratto da mio romanzo-diario "La cresta a coltello" che parla di quell'episodio:
    La battaglia di Grammichele. La 1^ divisione di fanteria canadese avanza sulla SS 124 con avanguardia il reggimento "Hastings e Principe Edoardo" del tenente colonnello Bruce Sutcliffe. I soldati delle quattro compagnie del reggimento provengono dalle due omonime contee a sud del lago Ontario, in un mondo di rocce, alberi e acqua. I fanti canadesi, dopo quasi un mese di vita sedentaria di bordo, non sono più avvezzi alla fatica, ma hanno marciato a piedi per quattro giorni sotto una calura brutale, dopo la scaramuccia del 10 luglio durante lo sbarco sulle spiagge di Capo Passero. Con un tremendo sforzo hanno percorso un centinaio di chilometri, sopportando un sole rovente ed una polvere densa e palpabile. Ieri sono arrivati gli automezzi, così, finalmente, gli uomini viaggiano motorizzati, riposando le loro membra affaticate ed indolenzite. E` una calda giornata tropicale, ma ai soldati appare piacevole, non più costretti ad andare a piedi sotto il peso dello zaino e del fucile.
    La colonna ha in avanti una parte di uno squadrone di Sherman del reggimento "Three Rivers" e la compagnia "Baker". Seguono le compagnie "Able", "Charlie" e "Dog", a bordo di una fila eterogenea di mezzi di trasporto, compresi i cingolati. Ai lati della strada bianca e tortuosa si ergono aride colline e, lontano a nord, si nota alto il cono dell`Etna o Mongibello. Nei campi biondi di grano gruppetti di anziani e rugosi contadini alzano le schiene e danno un`occhiata distratta alla colonna militare straniera, piegandosi subito dopo per continuare il gravoso lavoro.
    L`atmosfera è esaltante e i soldati sono ansiosi di entrare in azione dopo quasi quattro anni di faticoso addestramento. Improvvisamente, intorno alle 8, all`altezza del bivio per Mineo e sotto un singolo albero, la testa della colonna si arresta per osservare cosa c`è dentro quel nuvolone di polvere che si avvicina da nord. Ora s`intravede la sagoma sconosciuta di un camion che marcia a velocità sostenuta e frena quando sta per finire sul carro armato di testa. Quando la polvere si dirada, saltano dalla cabina del camion due spaventatissimi soldati tedeschi con le mani ben alzate e gli occhi sgranati per il panico. I due poveretti hanno letto male la loro cartina sbagliando strada.
    Presi i due prigionieri, la colonna continua la sua marcia, giungendo in una vasta e piatta pianura, da cui, alla fine di essa, si vede un costone irregolare, sulla cui cresta si erge un villaggio che appare abbandonato. Nella pianura deserta e priva di presenza umana tutto sembra immobile. Solo due grandi rapaci, forse due poiane, volteggiano nel cielo terso.
    Dai bastioni di Grammichele il maggiore Hahm osserva col suo binocolo Zeiss quel reparto motocorazzato nemico che imprudentemente e sfidando le regole della guerra avanza nella vasta conca, senza mandare avanti alcun reparto esplorante. La colonna si snoda per un chilometro e mezzo e l`ufficiale tedesco si sfrega le mani, convinto della riuscita della trappola e della distruzione di quei novellini. Hahm, in ottemperanza all`ordine del XVI Corpo d`Armata ricevuto con tele n° 01/9280/op alle 3,30 della notte appena trascorsa, si sta ritirando sulla SS 124 verso Piazza Armerina, per schierarsi sull`alto corso del torrente Gornalunga. Il gruppo di combattimento Hahm ha lasciato indietro una retroguardia formata da una compagnia di fanteria, da una batteria da 88 mm e dalla 7^ compagnia del reggimento panzer, schierata sulle colline di Grammichele, con l`ordine di ritardare l`avanzata nemica.
    Il tenente colonnello Sutcliffe, coraggioso e generoso ma ancora inesperto, monta su un fuoristrada Rover osservando col suo binocolo il profilo dentellato di quel povero villaggio. E` sospettoso, ma non abbastanza da fermare la colonna ed inviare degli esploratori. La colonna canadese raggiunge il centro abitato. Il carro armato di testa svolta a destra, entrando nel corso principale. Accovacciati dietro lo scudo corazzato del cannone da 88, sette serventi tedeschi non riescono ad aspettare oltre e fanno partire un colpo. Il grosso proiettile perforante penetra lo Sherman di testa, attraversandolo da cima a fondo. Dal motore zampillano fiamme, mentre l`ufficiale in torretta spalanca il portello, facendo sovrumani sforzi per uscire. Il proiettile gli ha tranciato una gamba all`altezza del ginocchio, così i suoi sforzi risultano vani e le fiamme lo avvolgono, spegnendo le sue angosciose urla e la sua vita. Dietro lo Sherman in fiamme c`è il Bren Carrier del caporale Ernie Madden che, spinto dalla disperazione di quella visione infernale, lancia il suo piccolo corazzato verso il cannone. I tedeschi sono sorpresi mentre ricaricano e vengono schiacciati sul posto. Dalla cresta della collina aprono un fuoco serrato gli altri cannoni e diverse mitragliatrici sulla colonna canadese nella pianura sottostante. Sotto una pioggia di proiettili e di schegge il tenente colonnello Sutcliffe si rende conto che ha poche probabilità per disimpegnare i veicoli di testa. Forse l`unica possibilità di salvezza per il reggimento è la fuga verso oriente, abbandonando tutto ciò che non può essere salvato. Sutcliffe è un veterano del reggimento, ma non ha mai avuto un`esperienza al fronte, così gli manca la prontezza decisionale. Paradossalmente è proprio l`inesperienza del reggimento ad evitare una precipitosa ritirata, poiché gli uomini non si rendono conto della reale gravità del pericolo. Essi si sono trovati sotto il fuoco svariate volte solo nel corso di esercitazioni ed hanno ripetuto continuamente le manovre tattiche conseguenti. Ora, automaticamente, le attuano di nuovo, senza preoccuparsi del letale tiro nemico, come se si trattasse di un`ennesima manovra nelle campagne inglesi.
    Il maggiore Hahm osserva con preoccupazione la perfetta manovra di quei novellini. Non ha intenzione di farsi agganciare, dato che gli ordini sono solo di ritardare l`avanzata nemica. Così, il comandante germanico decide di ritirare le proprie truppe verso Caltagirone. Alle 11,40 Sutcliffe vede con gioia e soddisfazione che i mezzi tedeschi si ritirano precipitosamente. Sul campo rimangono alcuni corpi di caduti tedeschi, un panzer III e un panzer IV germanici, 12 carri, 3 autoblindo e numerosi camion canadesi, nonché 25 tra morti e feriti nordamericani.
    Finita la battaglia, i soldati canadesi si riposano nella torrida pianura sotto Grammichele. Quelli che entrano nel centro abitato notano della gente, soprattutto contadini, estremamente povera che abita in case che sono catapecchie o poco più. Comunque, la truppa fa una salutare pausa per recuperare le forze. Domani si ripartirà all`attacco. Nuovo obiettivo Caltagirone. Infatti, Montgomery, deluso nel suo piano di una veloce avanzata lungo la costa orientale, scrive al comandante del XXX corpo d`armata, il generale Oliver Leese:
    "Sulla destra, le operazioni si svolgono con una certa lentezza e tutti i rapporti indicano che il nemico si sta spostando verso est, dal settore Caltagirone-Enna e attraverso la piana di Catania, nel disperato tentativo di precluderci la strada verso gli aeroporti intorno a quest'ultima città . Poiché sulla destra siamo temporaneamente bloccati, è più che mai necessario avanzare sulla sinistra; procedete dunque alla massima velocità possibile verso Caltagirone, per puntare successivamente su Valguarnera-Enna-Leonforte. Porta avanti i canadesi a tutta forza!".
    A Vizzini si sono sentiti i rumori della battaglia di Grammichele, ma in paese tutto è tranquillo. La gente comincia ad uscire dai rifugi e dalle grotte. Torna dalle case di campagna per verificare i danni nelle abitazioni in paese. C`è la gioia di poter camminare nelle vie senza il rischio di essere colpiti da una granata o da una pallottola vagante. Nonostante la fame, la sporcizia, i disagi, il dolore per i caduti, per i feriti e per i prigionieri, l`allontanarsi della guerra insinua nei cuori delle persone una certa euforia.
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  2. #72
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    Re: Operazione Husky

    Citazione Originariamente Scritto da mimmo anfora
    ma si deve raccontare ciò che fu la realtà*: tranne alcuni episodi, le truppe italiane cedettero soprattutto moralmente e dopo scarsa resistenza. A Vizzini. ad esempio, non ci fu neppure un caduto italiano, ma ci furono ben 700 prigionieri. Caddero, invece, una cinquantina di tedeschi, 45 britannici e 5 americani.
    Ciao Mimmo mi fa piacere che sei intervenuto integrando qto bel topic arricchendolo di notizie certe e approfondite e complimenti per il tuo libro
    Faccio i complimenti a Cocis per avere avuto il merito di fare un ottimo lavoro integrandolo con fatti per me inediti ed interessanti e se magari noi a volte non abbiamo notizie molto certe, capirai che non tutti abbiamo la tua fortuna o la possibilità* oltre che la passione di poter consultare certi libri o l'archivio dello Stato Maggiore dell'Esercito, per non parlare poi di alcuni che si improvvisano scrittori e riportando castronerie fanno disinformazione. Ma in qti casi l'intervento di gente come te ben venga perchè è sempre un' arricchimento culturale. Però perdonami su una cosa, non sono daccordo sui maggiori casi di scarsa resistenza italiana rispetto a quelli di resistenza. Molte battaglie lo insegnano e poi se dobbiamo dirla tutta anche i tedeschi non si comportarono bene. Il Faldella parla " dello scarso mordente dimostrato dalla divisione tedesca il 10 e l`11 luglio, che aveva causato profonda delusione sia al Comando della 6^ armata , sia al gen. Von Senger."
    Per gli italiani certamente se si fosse trattato di scarsa resistenza il Gen. Canadese Simmonds il 12 luglio non avrebbe concesso al Gen. D`Havet di conservare la pistola per il "riconoscimento del valore dei suoi reparti in combattimento e segno d`onore per tutta la divisione", e per non parlare dei numerosi casi di eroismo, cme ad es quello della med d`oro Ten. Vincenzo Barone caduto sulla spiaggia di Marzamemi così come tanti altri,il rogo del sughereto di bivio gigliotto vicino San Michele di Ganzaria dove pur di non arrendersi morirono arsi molti italiani, il Cap Pellegrini che dal bunker di Porta Marina in Gela con la sua mitragliatrice fermò per ben 4 ore il nemico sulla spiaggia, nemico che vigliaccamente lo pugnalò letteralmente alle spalle.
    Il Ten. Angelo Navari di Forte dei Marmi che fermo col suo carro Renault alle porte di Gela, appena il suo commilitone scese per rimetterlo in moto e venne ucciso, lui incurante di tutto il fuoco avversario che gli pioveva addosso, bombe a mano e raffiche di mitragliatrici, continuò l` irresistibile avanzata rompendo il fuoco avversario. Le vie, il Corso e la Piazza piene di soldati e mezzi all`improvviso si svuotarono. Si videro soldati americani correre per la discesa del Bastione " Come on, come on!..., Germany " .Era invece Angelo Navari che disorientò il nemico che credette di trovarsi di fronte all`imminente arrivo delle forze italo tedesche. Il Ten. Navari, erano le 08.30, fermatosi in Piazza Umberto I a pochi metri dal comando americano continuò nella sua azione scese ma fu crivellato di colpi.
    ( N.Vicino,La battaglia di Gela)
    Il Ten. Col. Darby, comandante dei rangers, si trovò di fronte questo carro che avanzava verso di lui sparando all`impazzata, incurante del fuoco di cui era oggetto dai suoi uomini. Afferrò un bazooka gli sparò contro un razzo, ma mancò il bersaglio. Ricaricò il bazooka e questa volta colpì in pieno il carro, immobilizzandolo. Il Ten. Navari continuò a far fuoco finchè un proiettile non perforò la corazza del veicolo, incendiandolo.( H. Pond ).
    Darby si guadagnò la Croce di Guerra per non aver esitato ad attaccare e a distruggere un carro armato italiano(Carlo D`Este, 1943 Lo sbarco in Sicilia)
    Il Ten. Col. Darby chiese l`intervento dell`artiglieria navale che non fece in tempo ad aggiustare il tiro che già* i carri entrarono in città*. Superati gli sbarramenti anticarro e addentrandosi per le vie della città* eliminavano i centri di fuoco che incontravano cercando di eliminare quelli annidati dentro le abitazioni " I carri sparavano senza fermarsi, facendo roteare le torrette e rovesciando proiettili su tutti i bersagli possibili, con un`audacia che destò l`ammirazione persino degli spericolati rangers" ( Hugh Pond )
    I Rangers di Darby quando i carri entrarono nelle strette vie di Gela fecero uso di bombe a mano e lanciarazzi. Alcuni combatterono da sopra i tetti delle case gettando grappoli di granate sui carri e quando due di loro rimasero senza granate , portarono dei blocchi da 8 kg di tritolo sul tetto di un edificio e li fecero cadere sui carri.( Carlo D`Este, 1943 Lo sbarco in Sicilia)
    Ed altri innumerevoli episodi ancora. Quindi secondo il mio modestissimo parere non credo che furono più gli atti di scarsa volontà* di resistenza rispetto a quelli di compimento del dovere fino in fondo.
    Cordialmente
    ... Oh si, credo che l'inferno di Satana sia nulla di fronte alla lotta sostenuta nella piana di Gela!
    T.Col. Dante Ugo Leonardi 34° rgt ftr Livorno[left:3plznhey][/left:3plznhey]

  3. #73
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    Re: Operazione Husky

    Ciao Totino72. Ciò che dici è vero: furono molte le azioni valorose delle truppe italiane in Sicilia: basta pensare a ciò che fece la "Livorno" a Gela, i bersaglieri sul Naro, un battaglione dell'Aosta a Troina, ecc. Il mio giudizio negativo è però non sui singoli, ma sul complesso dell'organizzazione militare italiana in Sicilia che, indubbiamente, cedette nel morale, nella disciplina, nell'efficacia dei contrattacchi, nel sistema logistico, nella protezione antiaerea, ecc. La mia non è una critica storica, poiché in quel contesto ciò che accadde fu giustificato dal momento politico, dall'assoluta superiorità* del nemico, dalla stanchezza degli italiani per una guerra che durava da tre anni, dalle condizioni economiche e sociali, dall'inefficienza delle FF.AA., dall'esaurimento delle risorse, da un ingombrante alleato che pretendeva di decidere anche in casa altrui e che operava solo in funzione dei propri interessi.
    Ma analizziamo le grandi unità* una per una. Hai citato la 206^ costiera che, in effetti, dimostrò una certa combattività* a Fontane Bianche, Cassibile e sulla costa di Avola, ma che non reagì che in rari casi a Capo Passero, dove il XXX Corpo d'Armata britannico sbarcò con perdite irrisorie. Basta leggere le testimonianze dei militari britannici, i quali avrebbero l'interesse a far passare il nemico per tenace, che raccontano di uomini che cedevano facilmente, che fuggivano o che alzavano le mani. Nell'aeroporto di Pachino, ad esempio, fece fuoco un unico aviere che fu prontamente ucciso.
    La XVIII brg costiera si comportò nel complesso bene. La 207^ costiera cedette senza resistere in vari punti e l'artiglieria sabotò i cannoni appena vide il nemico. Le divisioni costiere 202^, 230^, 208^, il Comando Porto N, il 136° rgt e la XIX brg non spararono un colpo. La piazzaforte marittima di Siracusa-Augusta, il fulcro su cui si sarebbe dovuto appoggiare la difesa della Sicilia sud-orientale, si sciolse prima di vedere il nemico. La 213^ costiera si impegnò solo con un battaglione. Delle divisioni di manovra abbiamo detto dell'assoluto valore della "Livorno". La "Napoli", invece, ebbe un comportamento alterno: il 75° rgt contrattaccò con vigore verso Siracusa, ma cedette di schianto a Palazzolo; il 76° rgt, impiegato soprattutto nel territorio di Francofonte e Scordia, ebbe un numero di diserzioni impressionante. Nella relazione del col. Salerno, comandante di rgt, risultano dal 10 al 18 luglio le seguenti perdite (mancano i dati del 1° btg): morti 11, feriti 17, dispersi 1812. E' difficile parlare di valore per un reparto forte di 3.250 uomini che in 9 giorni di combattimenti ne perde oltre la metà* per diserzione, subendo un numero irrisorio di caduti e feriti.
    Le altre due divisioni mobili, l'Assietta e l'Aosta, schierate ad ovest, furono fatte ritirare verso i Nébrodi, ma, massacrate dall'aviazione tattica nemica, si sciolsero strada facendo. Ciò che rimase fu inserito nelle unità* germaniche, combattendo, a volte, con valore (soprattutto l'artiglieria), come a Troina. Come esempio di cedimento morale clamoroso si può citare l'episodio di un btg di CC.NN. della 17^ Legione dell'Assietta che, schierato a Mistretta, disertò in massa. Anche quando i reparti italiani opposero una certa resistenza, come il 75° rgt a Solarino, non c'era quell'estrema volontà* di sacrificio dimostrato in diverse occasioni in Russia o in Nordafrica. Un tenente della 69^ brg inglese combattente a Solarino affermò: i soldati italiani non si dimostrarono cattivi combattenti o pavidi, ma in essi mancava una forte volontà* di resistere, tanto che, prima che il nemico si avvicinasse troppo, essi alzavano le mani.
    Gli oltre 5 mila caduti italiani parlano di un sacrificio fatto col sangue, ma è fuor dii dubbio che l'istituzione FF.AA. cedette. Non c'erano le armi, non c'erano i mezzi, non c'erano le risorse, non c'era un'organizzazione efficiente, non c'era più la volontà* né dei capi né dei subalterni, non c'era l'appoggio materiale e morale della popolazione.
    La mia non è una critica gratuita agli italiani che, personalmente giustifico. Penso, infatti, che nell'estate del 1943 non valeva la pena morire per far rimanere in sella un governo che aveva portato il Paese verso la catastrofe con una guerra d'aggressione, con centinaia di migliaia di morti, di feriti, di prigionieri, con la popolazione civile alla fame e bombardata giornalmente, con il territorio nazionale invaso da vari eserciti. Un governo che aveva non solo mostrato un assoluto disprezzo della vita e della libertà* altrui aggredendo altri Paesi, ma dimostrando un assoluta incapacità* strategica ed una non dignitosa subalternità* alla Germania.
    Il sacrificio di quei soldati italiani in Sicilia avrebbe meritato una causa migliore.

  4. #74
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    Re: Operazione Husky

    sono tante le gesta eroiche italiane che non le puoi elencare tutte
    e purtroppo tante gesta eroiche sonosciute..
    dalla testimonianza di un anziano ex ombattente della piana disse
    non sapevamo quanti erano i nemici chi dieva ento chi mille e chi centinaia di migliaia
    so' solo che ovunque mi giravo vedevo nemici davanti lateralmente e dietro le nostre linee
    non potevamo aprire il fuoco su tutti i lati perche' avevamo timore di colpire i nostri compagni o alleati
    una confusione totale che i primi a scappare furono i tedeschi
    e noi conoscendo il loro valore pensammo che avessero ragione a mollare il tutto e che il nemico era molto di gran lunga superiore in forze ed armamento al nostro confronto
    ,,ma dopo la fine della guerra si scopri' che il nemico proveniente da tutti i lati non era niente che altro gruppi di para' aliantisti dispersi nella piana che x ritrovare il luogo a loro assegnato si sparpagliarono facendo credere a loro insaputa di essere tantissimi e mettere in subbuglio le difese che si trovarono a loro malgrado attonite da tutto quel caos
    chi combatte può anche perdere - chi non combatte ha già perso

  5. #75
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    Re: Operazione Husky

    Mimmo sono d`accordo con te su diverse cose, però non sfiorandomi minimamente l`idea di giustificare il comportamento arrendevole di certi reparti italiani, sarebbe interessante capire a cosa furono dovuti (tranne per il vile episodio di Augusta).La situazione logistica militare era quella e non c`era niente da fare se non prendere atto della reale inferiorità*. Sul carattere arrendevole si è detto tanto e sicuramente usciranno fuori sempre cose nuove, ma penso che bisognerebbe considerare anche l`elemento siciliano di molte truppe presenti sull`isola, e la netta inferiorità*, ma senza generalizzare troppo anche perché è sempre facile giudicare da una poltrona o da un bar o cmq in una situazione di tranquillità*. Per quel poco che so si riteneva che affidando la difesa dell`isola a molti siciliani si era sicuri della loro combattività* nel difenderla quando in realtà* erano preoccupati per le loro famiglie(i bombardamenti, la fame vera, i saccheggi e le violenze sulle donne tra cui quelle dei marocchini il cui maggior numero( si parla della maggior parte) dei caduti in quella campagna fu dovuto alla reazione dei civili a difesa della donne).Ma qta non è una giustificazione!
    Però bisogna pur riconoscere che siciliani erano tra l`altro anche i soldati del I btg del 5° rgt della Aosta che arrestarono per 5 gg gli americani a Troina, la cui battaglia a è ricordata da questi ultimi come tra le più dure se non addirittura la più dura combattuta in Sicilia. Siciliani erano anche gli uomini del I btg del 76° rgt Napoli che si distinse nei combattimenti nei pressi della Stazione di Sferro, quelli della 206^ costiera. Qto un esempio per dire che non si può generalizzare. Mentre sul crollo morale di alcune truppe penso che anche li bisognerebbe capire senza voler giustificarlo perché era tutto un continuo evolversi di situazioni diverse.Un esempio è quello dei soldati delle divisioni costiere che in gruppi di 30 35 uomini dovevano controllare 1 o 2 km di costa e difenderlo da attacchi nemici molto superiori.Ritornando ai canadesi come sai la 1^ divisione canadese con 16.000 uomini sbarcò su un fronte di soli 8 km difesa da soli 250 fanti che attaccati dal bombardamento aereo navale, dai carri armati e dalla fanteria causarono 75 perdite ai canadesi(Faldella), e non penso che furono poche qte perdite se restiamo nelle proporzioni. In più aggiungendoci le carenze di armi controcarro, delle artiglierie prive di quella gittata capace di ingaggiare scontri con la flotta, i bunker privi di quelle caratteristiche necessarie per resistere ai grossi calibri, penso che in tali situazioni qualunque esercito sarebbe crollato moralmente.
    Una curiosità*, ti risulta vero che i "bei ragazzi" come erano definiti i canadesi del 48° Highlanders per la cura che dedicavano alla loro persona, rimanendo privi della loro roba personale a causa del non riuscito sbarco dei mezzi che la trasportavano, furono tra le truppe più lacere sporche e barbute della divisione? a proposito di qto c'è una foto che posto
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  6. #76
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    Re: Operazione Husky

    Ottime integrazione Mimmo e Totino.
    Vi leggo con molto interesse.
    A quanto avete ben detto ho poco da aggiungere.
    In buona sostanza tutti e due confermate che il soldato italiano in Sicilia si comportò bene visto anche quanto poteva gettare in battaglia.
    Mi piace ricordare quanto il Morison disse a riguardo alla maggiore resistenza opposta all'avanzata della 7a armata che si verificò a Troina " La 15a divisione e la divisione Aosta, offrirono un'intrepida resistenza, contrattaccando almeno 24 volte" definendo quel fatto d'armi il più sanguinoso di tutta la campagna.
    luciano

  7. #77
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    Re: Operazione Husky

    ciao cocis
    su troina c'e' tanto da dire ma una cosa sola si esnte raccontare dalla popolazione di troina solo 2 postazioni di mg blocarono l'avanzata degli alleati in troina ho delle carte della battaglia nel mio bunker a giorni riordinero' il tutto e poi mettero' il tutto in evidenza gli italiani non si sono mai dimostrati vigliacchi o lavativi come si disse poi dopo la guerra mancarono le armi non il coraggio
    esempio di un sergente a gela che da solo fece x cento e poi pugnalato alle spalle da un soldato americano di colore (manco' poco al reimbarcarsi delle truppe alleate x il suo coraggio)
    chi combatte può anche perdere - chi non combatte ha già perso

  8. #78
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    Re: Operazione Husky

    Citazione Originariamente Scritto da MP cougars
    gli italiani non si sono mai dimostrati vigliacchi o lavativi come si disse poi dopo la guerra
    mancarono le armi non il coraggio
    esempio di un sergente a gela che da solo fece x cento e poi pugnalato alle spalle da un soldato americano di colore (manco' poco al reimbarcarsi delle truppe alleate x il suo coraggio)
    Scusami se mi inserisco MPCougars ma l`episodio del mitragliere pugnalato alle spalle mi è rimasto impresso.Grazie per aver citato l'episodio perchè mi dai lo spunto per parlarne per quel poco che so.
    Il cap. magg Cesare Pellegrini di Serravezza del 429° btg costiero sparando dal bunker di fronte Porta Marina in Gela bloccò per ben 4 ore sulla spiaggia falciandoli nel suo raggio d`azione gli americani che sbarcarono. Si sparava anche da un bunker nei pressi del giardino pubblico, ma l`episodio di Pellegrini è molto caro a Gela per il suo atto eroico e per il vile modo con cui fu ucciso!Vile per due motivi a mio parereer la pugnalata alla schiena e per l`abbandono dei compagni!
    Da un racconto in rete:
    "...Al Calvario ed a Porta Marina un sergente ed un caporale opponevano un' accanita resistenza agli americani che sbarcavano, facendo strage con le mitragliatrici.
    Il caporale di Porta Marina (Cesare Pellegrini) sparava senza preoccuparsi, perché sapeva che i suoi compagni erano ai suoi fianchi nella postazione; eppure è stato il contrario, in quanto i suoi sono fuggiti lasciandolo solo, mentre seduto sparava senza voltarsi. Gli americani osservando che il fuoco si vedeva soltanto da quella parte, hanno aggirato la postazione e lo hanno pugnalato alla schiena... "

    Dalla Battaglia di Gela di N. Vicino:
    Il cap. mag Cesare Pellegrini da dentro il fortino di Porta Marina sparò per poco più di 4 ore falciando sulla spiaggia gli americani i cui corpi si ammucchiarono inerti sospendendo le operazioni di sbarco nel suo raggio di azione, però scapparono i compagni lasciandolo solo, cosicché una pattuglia americana guidata da un graduato di colore aggirò il fortino.Una donna avrebbe voluto richiamare l`attenzione del cap. un`altra avrebbe voluto gridare ma rimasero terrorizzate, mentre un ragazzo che avrebbe voluto intervenire in soccorso ne fu impedito. Così qto graduato di colore penetrando all`interno lo pugnalò alle spalle!!!
    Ma l`eroico Pellegrini non morì subito in quanto che quei pochi temerari che dopo riuscirono a passare da lì lo videro aggrappato all`arma non ancora morto, con la piastrina di riconoscimento a terra vicino alla mitragliatrice. Vi era all`interno anche la sua valigia aperta con delle lettere sparse dappertutto. La rigidità* cadaverica rese difficile la rimozione dell`arma con i resti mortali del Pellegrini.
    Un altro episodio da cui si vede l`ardimento con cui si batterono gli italiani accadde il 10 luglio sempre a Gela. Gli americani erano già* penetrati nell'abitato ed appostati agli angoli delle vie, mentre nei pressi del fortino del "Bastione" si combattè selvaggiamente anche all`arma bianca.Un fante colpito al ventre con la baionetta da un americano, pur tra gli spasimi della lancinante ferita, riuscì con molto ardore ad afferrare con le mani il collo del nemico fino a soffocarlo uccidendolo, ed entrambi rimasero inerti uno sull`altro. Questo è un esempio che merita molto!
    A Gela si combattè furiosamente anche da dentro le abitazioni, da sopra i tetti.Un es. lo cita il Pond: " Il soldato semplice Hoffmeister ricorda che faceva fuoco col Browning appoggiato all'anca mentre si precipitava dentro una casa per appostarsi a una finestra dalla quale poteva dominare tutta la strada. Un momento dopo, un altro soldato venne a inginocchiarsi accanto a lui; spararono a fianco a fianco per qualche minuto, poi Hoffmeister toccò col gomito il compagno e gli accennò di spostarsi davanti a un'altra finestra. L'altro ribattè parlando rapidamente in italiano e i due si fissarono sbalorditi, poi l'italiano lasciò cadere il fucile, Hoffmeister gli fracassò la testa col calcio del Browning e uscì in fretta e furia dalla casa, evidentemente occupata dal nemico. "
    Ciao
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  9. #79
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    Re: Operazione Husky

    Ciao MP cougars grazie per l'intervento che citando il fatto del soldato pugnalato (ricordavo molto ma molto vagamente) ha fatto sì, che Totino ci potesse raccontare molto bene questa triste storia onorando così il cap.magg. Cesare Pellegrini.
    Ottima integrazione.
    luciano

  10. #80
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    Re: Operazione Husky

    Ciao Totino72. Dalle relazioni dei comandanti delle grandi unità* italiane risulta che la 206^ aveva il 60/70% di siciliani, la Napoli ne aveva i 2/3 e l`Aosta era nelle condizioni della Napoli. Livorno e Assieta erano in gran parte formati da continentali. Il I/76° che citi era già* stato falcidiato dalle diserzioni di siciliani quando affrontò la battaglia di Sferro, tanto che lo stesso comandante del 76° (col. Salerno) nella sua relazione cerca di spiegare le motivazioni che hanno condotto i militari originari dell`isola a scappare. Lo stesso aveva subito la div. Aosta prima di schierarsi sui Nebrodi. A mio parere, più che un fatto caratteriale come disse Salerno, la motivazione principale di questo fenomeno fu la vicinanza della casa e il fatto che il soldato siciliano vedeva con i suoi occhi la sofferenza dei suoi conterranei.
    Facendo un`analogia con un altro sbarco in Sicilia, quello del 1860 di Garibaldi, io penso che l`esercito italiano fece una delle peggiori campagne della sua storia, con la disgregazione di numerose unità*, così come l`esercito borbonico che, malgrado il comportamento valoroso di alcune unità* (come 8° cacciatori a Calatafimi, la brg esteri a Palermo e la brg Bosco a Milazzo), nel complesso ebbe una disfatta.
    Riguardo alla volontà* combattiva del singolo militare italiano, vi posso dire che, dopo aver intervistato numerosi combattenti di quella campagna, per la maggior parte mi hanno comunicato che non credevano per nulla alla causa che servivano e che aspettavano solo l`occasione propizia di tornare a casa o di arrendersi. Vi invio due giudizi sul soldato italiano in Sicilia, uno di un ufficiale inglese, l`altro di un sottufficiale tedesco.
    Ten. David Fenner, 6° btg Durham della 151° brg ftr, combattente a Solarino contro il 75° rgt ftr, una delle unità* italiane che si sono battute: "Gli italiani avevano dimostrato di non essere vigliacchi né cattivi soldati, e diversi carri armati leggeri avevano sferrato attacchi di una certa audacia. Ma la sua impressione fu che la stragrande maggioranza degli italiani combattesse fino a quando il nemico non si avvicinava troppo e che, a quel punto crollasse, finendo per arrendersi".
    Serg. Reinhold Pabel, kampfgruppe Schmalz,, schierato a S. Maria di Licodia: "I nostri alleati italiani avevano perso completamente quel poco di disciplina e di decisione che avevano all`inizio. A faro, il punto di imbarco per il continente, gli ithakas, come li chiamavamo noi, presero d`assalto alla rinfusa le navi reperibili, e molti gettarono via le armi. ... I guerrieri di Mussolini andavano benissimo per le parate come se fossero mascherate o operette, e molti di loro sapevano suonare meravigliosamente la chitarra. Ma di fronte ad una situazione difficile, che richiedeva coraggiosa tenacia e disciplina, si poteva, di regola, star sicuri che ne sarebbero usciti buoni secondi. Negli ultimi mesi i nostri alleati erano diventati ancora più apatici ed indolenti, e non lo nascondevano. Verso la fine non si sforzavano neppure di nascondere la loro completa ostilità* nei nostri riguardi, sentimento, del resto, da noi condiviso. Era una situazione grottesca. Mentre rispettavamo i nostri nemici angloamericani, non potevamo fare a meno di considerare i nostri alleati con rassegnato disprezzo. Ci veniva spesso la voglia di scatenare una piccola guerra con i nostri compagni d`arme. Non ci facevamo scrupolo di liberare i loro autocarri o il loro equipaggiamento quando ne avevamo bisogno".
    Il militare tedesco, così come la maggior parte di quel popolo più propenso a marciare e ad obbedire che a riflettere sulle motivazioni, non riusciva a capire l`atteggiamento del soldato italiano che, a mio parere, è comprensibilissimo: nell`estate del 1943 era molto più immorale uccidere e morire per un governo che aveva dichiarato guerra contemporaneamente alle più grandi potenze mondiali (oltre ad un`altra decina di Paesi) che tornare nella propria famiglia a costo di disertare o arrendersi. Il popolo tedesco seguì il suo Fuehrer fino alla totale catastrofe, quello italiano no, e fece bene.
    Hai detto bene, Totino: giudicare dalla propria poltrona, come quando si guarda un film di guerra di John Wayne o di Rambo, è molto più facile. I soldati italiani nell`estate del `43 si trovarono a decidere se morire per il Duce e il Re (o meglio per Hitler), magari lasciando diversi disgraziati orfani, o tornare a casa dalla famiglia. Questo dopo aver vissuto fronti come i Balcani, o la Russia o l`Africa, dove avevano superaro immensi sacrifici e visto morire tanti compagni, magari spappolati o dopo mille sofferenze. Se si sono defilati generali ed ammiragli (vedi Pavesi e Leonardi), re e ministri (vedi Vittorio Emanuele e Badoglio), non vedo perché non avrebbe dovuto disertare un fantaccino.
    Io, grazie a Dio, non ho visto la guerra, ma ne ho vissuto in prima persona un assaggio, cioè la guerra di mafia. Negli anni `80 ero carabiniere in Aspromonte, dove le cosche De Stefano e Condello si scannavano senza ritegno, paralizzando la società* civile. Ogni tanto ci scappava anche il morto innocente: il poliziotto, il carabiniere, il commerciante, il parente del nemico, ecc. Io, giovane ventenne, malgrado militassi in un`arma che lottava per una causa sacrosanta (la lotta al crimine organizzato), di fronte ai morti, di fronte al sangue, di fronte al volto sconfortato e terrorizzato dei parenti, avevo un grande desiderio di tornare a casa, di ritrovare la pace.
    Relativamente alle perdite canadesi, Faldella, probabilmente, confonde le cifre, prendendo quelle dell`intero XXX C.A.. Dai rapporti canadesi e dagli elenchi dei sepolti nei sacrari del Commowealth in Sicilia, risultano 7 caduti e 25 feriti canadesi; 8 caduti dei royal marines aggregati alla 1^ div. cnd; 7 caduti della 51^ div. (con la 231^ aggregata). In totale, dunque 22 caduti, a cui aggiungendo una cinquantina di feriti si arriva alle circa 75 perdite di cui parli. Considerato che il D-Day il XXX C.A. sbarcò oltre 50 mila uomini, si può affermare che le perdite furono molto basse. Inoltre, devo precisare che la maggior parte delle perdite inflitte alla 1^ div. cnd non sono state causate dai costieri, ma dal contrattacco del gruppo tattico "Sud" della Napoli, di stanza ad Ispica, e formato da un btg di CC.NN., un gruppo d`artiglieria, una cp mitraglieri, una cp mortai da 81 e un plotone c/c, con una forza di almeno 1.300 uomini.
    Riguardo ai "bei ragazzi", ti scrivo cosa ho letto sul testo "Sicilia!" di Hugh Pond:
    "In nove giorni i fanti canadesi avevano percorso oltre duecentoventi chilometri lungo sentieri sassosi o attraverso campi disseminati di massi, con un caldo allucinante, imprecando contro il polverone che li avvolgeva ogni qualvolta passava accanto a loro un mezzo cingolato o un camion di munizioni. ... Erano stanchi, coi piedi sbucciati, e i loro commenti erano velenosi. Quelli che avevano sofferto più di tutti erano gli uomini del 48° Highlanders canadese, noti comunemente come i "Bei Ragazzi", per la cura che avevano della propria persona. Il mezzo da sbarco che portava tutta la loro roba personale si era allontanato a tutta velocità* dalla spiaggia non appena avevano incominciato a sparargli addosso e non era più tornato. La conseguenza fu che, alla fine della campagna, i "Bei Ragazzi" erano l`unità* più barbuta, lacera e sporca di tutta la divisione".
    Ciao da Mimmo

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