Era un'alleanza che ha portato all'Italia investimenti e tecnologie, in parole povere è inizato il passaggio da un'economia contadina medievale (di pura sussistenza) a un' economia industrale da stato moderno... per me è stato un abominio, ma erano altri tempi.

Due righe sull'argomento (scusate la lungezza).
1915 il regno d’Italia entra in guerra

Ideali o interessi?

Le interpretazioni dei motivi dell’entrata nella guerra mondiale del regno d’Italia sono tante e molto diverse a seconda dell’orientamento politico dello studioso.

Molti sostengono che il regno d’Italia entrò in guerra per ideali, per completare l’unità nazionale, la cosiddetta quarta guerra d’indipendenza.
Ma questo è solo un corollario della realtà.
Il regno d’Italia scese in campo solamente per interessi, e purtroppo per gli interessi di altri stati.

All’inizio del 1915, dopo solo cinque mesi di guerra, le perdite in vite umane dei contendenti erano state molto alte, per l’Austria Ungheria altissime. Negli stati in lotta moltissime donne entrarono nelle fabbriche o iniziarono a lavorare nei campi al posto degli uomini richiamati alle armi, ma in una guerra gigantesca, dalle connotazioni assolutamente impreviste, di fronte all’enorme consumo di materiali e di uomini, era necessario trovare nuove risorse e nuovi alleati, trovare altra carne da cannone da gettare nella fucina infernale.

Il regno d’Italia, che all’inizio delle ostilità si era dichiarato neutrale, era un alleato molto appetibile per i milioni di uomini che poteva gettare nella lotta, anche se il regno era poverissimo a causa dell’arretratezza tecnologica della sua economia e la conseguente miseria generale dei suoi abitanti, molti dei quali vivevano ben sotto il livello della pura sussistenza. Sia le potenze centrali sia le potenze dell’Intesa cercarono di conquistare l’alleanza con il regno d’Italia, promettendo conquiste territoriali e benefici economici.
La differenza principale tra le proposte consisteva nel fatto che, mentre le potenze centrali, principalmente l’Austria-Ungheria, mettevano sul piatto territori come Trieste e il Trentino che facevano parte da secoli del loro stato, le potenze dell’Intesa poteva promettere a cuor leggero qualsiasi cosa, Trieste, il Trentino, il Südtirol, l’Istria, la Dalmazia e possedimenti coloniali in Africa e in Asia, perché comunque erano territori degli avversari. E in ogni caso ogni promessa sarebbe stata mantenuta a guerra conclusa con esito vittorioso, in caso contrario… altro che vantaggi.
Il governo italiano nicchiava cercando di tenere il piede in due scarpe, perché lo stato di neutralità permetteva di commerciare con tutti, soprattutto di mantenere rapporti economici molto proficui con la Germania.
Da parte delle potenze dell’Intesa venne allora concertato nei confronti del regno d’Italia un pesante ricatto economico e sociale.
I diplomatici britannici fecero sapere al governo italiano che avrebbero dovuto sospendere sia le forniture di materie prime, come il ferro e il carbone, il petrolio dell’epoca, strangolando così la già gracile economia italiana, in quanto indispensabili per lo sforzo bellico di uno stato in guerra, sia le forniture di manufatti, soprattutto militari, verso uno stato potenzialmente avversario, esempio famoso le 20.000 mitragliatrici Vickers ordinate, pagate e mai consegnate.
I diplomatici russi, allo stesso modo e per gli stessi motivi, minacciarono di sospendere le forniture di grano.
In Italia non si coltivava abbastanza grano perché costava meno importarlo dall’impero degli Zar, e per questo motivo dall’inizio del secolo 7 milioni di Italiani, su 35 milioni di abitanti, erano stati costretti ad emigrare per non morire di fame.
Il governo francese ipotizzò il rientro forzato di quasi 500.000 emigranti italiani o italiani francesizzati, uomini, donne, vecchi e bambini, considerandoli cittadini di uno stato potenzialmente avversario e quindi indesiderabili, rientro che avrebbe provocato un cataclisma sociale e politico che lo stato italiano non avrebbe potuto sopportare.
Dalle casse francesi inoltre fiumi di denaro finirono nelle tasche di famosi personaggi italiani del mondo dello spettacolo e del giornalismo, come D’Annunzio che poté così saldare i tantissimi debiti contratti in Italia che lo avevano costretto all’esilio forzato a Parigi per evitare l’arresto e l’ignominiosa condanna, e come Mussolini che, da socialista e pacifista, divenne immediatamente interventista, lanciando i suoi strali guerreschi dalle pagine del Popolo d’Italia, il nuovissimo giornale di cui era direttore.
Per tutelare i grandi interessi commerciali italiani, la dichiarazione di guerra venne però consegnata solamente all’Austria-Ungheria e non alla Germania, alla quale le guerra venne dichiarata appena il 27 agosto del 1916 e solo in seguito alle fortissime pressioni da parte delle potenze dell’Intesa.
La mancanza dello stato di guerra non impedì comunque al comando supremo germanico di schierare i reparti dell’Alpenkorps bavarese a presidiare grandi tratti del fronte trentino, fronte impossibile da difendere per intero da parte delle scarse truppe austro-ungariche, e di inviare sommergibili con equipaggio germanico, sia pure battenti bandiera austro-ungarica, nel mar Mediterraneo a silurare anche le navi italiane oltre a quelle dell’Intesa.