Premetto che questo studio sui codici dell'elmetto mod.33 si basa sulla osservazione da me condotta per anni su molti esemplari di elmetto 33. Documenti su questi codici ad oggi non sono conosciuti o perche' ancora non reperiti o perche' andati persi.
Sulla falda posteriore dell'elmetto 33 generalmente e' presente un codice alfanumerico composto cioe' da una o due lettere seguite da uno, due o tre numeri. E' da ritenersi pacifico che la sigla alfabetica corrisponda alla ditta produttrice mentre il numero corrisponda al lotto di produzione. I codici alfabetici presenti sulla falda posteriore dell'elmetto 33 ad oggi conosciuti sono questi:
S
SS
B
BB
M
MM
P
PP
F
AL
T
I (?)
SRM
MRM
RM-M
Accanto ad alcuni di questi codici (es.P, B) in varie circostanze e' stata riscontrata la presenza di una ancoretta, probabilmente parti di lotti di 33 destinati alla marina, dico parti perche' ad es. per il codice P1 si sono riscontrati codici P1 con ancoretta analogamente ad altri codici come il B (l'ancoretta poteva essere posta prima del codice o anche dopo).
L'unico codice identificato e' il B perche' l'identificazione risulta dalla testimonianza di un operaio che lavoro' nella fabbrica corrispondente (la Smalteria e Metallurgia Veneta s.p.a. di Bassano del Grappa). Per il resto le identificazioni si basano su ipotesi prive di riscontri documentali perche' non e' stata ancora "riesumata" alcuna documentazione che continua a giacere sepolta in attesa del suo scopritore o forse e' andata smarrita durante il corso delle vicende belliche.
Certezze si sono raggiunte per i codici SRM e MRM riscontrati generalmente su elmetti della marina, quindi lotti di 33 destinati alla sola marina dai fabbricanti S ed M per la RM ovvero Regia Marina, donde la composizione del codice dove spesso si vede benissimo il distacco delle lettere S ed M dal gruppo RM. Per l'altro codice, davvero raro a trovarsi, RM-M ritengo, vista appunto la sua estrema rarita', si tratti del codice iniziale del fabbricante M per contrassegnare i suoi primi lotti destinati alla marina. Si tratta dei maggiori fornitori di 33 per la Marina.
Per il codice P, si e' ipotizzata la Pignone di Firenze. Infatti timbri ad inchiostro della Pignone sono stati riscontrati sul rovescio delle cuffie. La Pignone aveva sede a Firenze e l'unico filmato sulla fabbricazione dei 33 e' ambientato proprio in una fabbrica di Firenze.
Mi chiedo poi se il codice I sia effettivamente una I o non piuttosto una T.
Le sigle alfabetiche di alcuni produttori come ad esempio proprio T, come anche M e B, presentano infatti delle varianti e non sono sempre uguali tra loro, cio' che potrebbe indurre a scambiare una T stilizzata per una I. Il codice T spesso presenta una base (un trattino piu' o meno lungo) e questo puo' generare l'impressione che si tratti di una I.
Per il codice T un insigne studioso (PS) ha formulato una interessante ipotesi, asserendo potrebbe trattarsi del codice usato dalle Acciaierie di Terni. Ed infatti l'uso della lettera T potrebbe essere plausibile visto che queste acciaierie storicamente venivano identificate coma "la Terni". Tuttavia, a mio avviso, i 33 con codice T non sono comuni e questo cozzerebbe nel ritenere plausibile il collegamento di T con la Terni visto che la Terni era una importante grande fabbrica nazionale e di sicuro il quantitativo di 33 che avrebbe prodotto sarebbe stato di certo ingente. Tuttavia potrebbe essere plausibile se limitiamo la produzione di T a un determinato periodo prebellico. Tra l'altro codici tendenzialmente alti di T (es.T 131) si sono riscontrati per la guerra civile spagnola ed e' plausibile quindi che T abbia prodotto solo in periodo prebellico. La scarsa sopravvivenza dei 33 con T potrebbe essere dovuta al fatto che buona parte dei 33 T e' rimasta in Spagna.
Oltre ai codici incisi nel metallo sono stati riscontrati rari codici a tampone (P) stampati all'interno del guscio, ora sulla falda ora al centro del coppo.
Non si e' compreso inoltre il perche' dei codici a doppie sigle (MM, SS, BB, PP). Sono sempre le stesse fabbriche? In questo caso le ragioni della doppia sigla sono contrattuali? Sono tecniche? Le doppie sigle identificano fabbriche diverse? In quest'ultimo caso perche' doppiare una sigla gia' utilizzata da un diverso produttore con rischi di confusioni o sviste? Il problema resta aperto ma a mio avviso dovrebbe trattarsi sempre delle medesime fabbriche. Le analisi stilistiche dei codici utilizzati lo confermano.
Se analizziamo il codice alfabetico S e quello SS si potra' notare la medesima corrispondenza stilistica delle S sia nel codice singolo che nel doppio. Noteremo che le S utilizzate sono un po', per cosi' dire, "quadrate" (nel senso che il disegno della S appare schiacciato) ed anno le punte "ad uncino" sia le superiori che le inferiori. Le prime rivolte verso il basso e le seconde verso l'alto. E' evidente allora, proprio per le medesime caratteristiche stilistiche delle S utilizzate sia per la S singola che per la S doppia, che il produttore S ed SS doveva essere il medesimo. Solo un identico produttore puo' usare incisioni con le stesse caratteristiche grafiche. Questa identita' si riscontra nella generalita' dei codici S analizzati. Produttori diversi avrebbero usato codici con caratteristiche stilistiche generalmente differenti. Quindi dovrebbe trattarsi dei produttori M, S, B e P e ci si chiede: perche' solo questi produttori hanno usato la doppia sigla? Potrebbe ipotizzarsi anche che le doppie sigle vennero introdotte per le forniture da destinarsi al nuovo Stato della Repubblica Sociale. Come detto, il problema resta aperto.
Sul significato delle lettere e' mia opinione che tali lettere debbano avere a che fare con qualche dato delle ditte produttrici: o l'iniziale del nome della ditta o la localita' o altri riferimenti. Ad esempio B potrebbe avere a che fare con Bassano mentre P potrebbe essere proprio l'iniziale della Pignone. Si pensi anche al codice AL, forse una localita' di riferimento della ditta produttrice. Forse nella scelta del codice ci si baso' su questi riferimenti che avevano comunque un collegamento con la ditta produttrice. Così per fare degli esempi il codice AL potrebbe essere dell'ILVA e potrebbe riferirsi allo stabilimento di Novi Ligure che si trovava proprio in provincia di Alessandria (AL), la F potrebbe riferirsi alla FALCK mentre la S alla SISMA o alla SIAC. Tutte fabbriche operanti negli anni trenta e quaranta nel settore degli acciai.
Per le numerazioni e' un dato di fatto che possano crearsi vere e proprie progressioni numeriche con questi codici cosi' come e' un dato di fatto che le numerazioni si fermino tutte nell'area del numero 200, per la precisione non vanno oltre l'area del 260/270. Non sono mai stati riscontrati, infatti, codici con numerazione maggiore all'area del 260/270 o comunque a 4 cifre. Mai riscontrati infatti codici con numerazione es. 280, 301 o 1233. Questa circostanza fa ipotizzare che la produzione di elmetti per tutti i fabbricanti si sia arrestata nell'area di questo numero come se si trattasse di produzioni interrotte per gli eventi. Forse la produzione di 33 si interruppe con la fine della guerra e in epoca post nessuna di quelle fabbriche che usavano i codici ad oggi identificati, ha piu' prodotto elmetti? Questo potrebbe spiegare il perche' di codici bellici su elmi integralmente postbellici. Per postbellico, poi, dovremo intendere solo le livree e gli accessori e non il guscio nudo e crudo (salvo un unica eccezione a mio avviso). Quindi una situazione questa (codici bellici su 33 postbellici) dovuta allora al ricondizionamento di elmi bellici gia' completi e all'utilizzo di gusci vergini gia' prodotti sempre in epoca bellica.
La testimonianza del dipendente della fabbrica B oltre ad aver identificato il codice B ci ha svelato che la parte numerica del codice corrisponde al lotto di produzione. Questa testimonianza ci ha anche svelato che per il fabbricante B ogni lotto di produzione era di circa 2.000 esemplari. Tenendo per fermo questo dato e il dato riferito prima, ovvero della innegabile progressione numerica che queste numerazioni consentono di fare, e' del tutto logico ritenere che ogni numerazione corrisponda a un lotto di produzione e man mano che avanza il tempo la parte numerica vada aumentando (es. P1, P2, P3 etc.). Tra l'altro i codici dei 33 utilizzati durante la guerra di Spagna confermerebbero questa ipotesi. Si tratta, infatti, generalmente di codici bassi. Tuttavia sono stati riscontrati codici alti con caratteristiche prebelliche (es. P 230, P 236 etc.), questa circostanza induce a formulare determinate ipotesi ovvero, dato per fermo a mio avviso che la numerazione sia progressiva, dobbiamo ritenere che la produzione di determinati fabbricanti (es.P, B) fosse gia' ingente negli anni 30? Questo potrebbe spiegare la presenza di grigioverde prebellico su codici alti. Oppure dobbiamo ritenere che si utilizzassero scorte di grigioverde prebellico anche durante la guerra, imputandosi questa necessita' alle particolari condizioni dell'Italia (es. bombardamenti con distruzione di fabbriche e attrezzature, mancati approvvigionamenti per interruzioni delle vie di trasporto, etc.)?
Degno di nota lo strano codice che compare sul libro del Bosi: T000. E' l'unico codice con questa numerazione che conosco. Che spiegazione dare a quest'ultimo? Un codice di fine produzione o un errore? Molto significativa pero' e' la presenza di tre cifre (000) quasi ad indicare un quantitativo massimo di produzione gia' noto all'origine (tre zeri e perche' non uno o due o quattro?). Potrebbe trattarsi anche di un lotto a se' prodotto appositamente da T in un determinato periodo.
Non solo ma si consideri che sono stati riscontrati anche elmetti senza alcun codice. Il Bosi ha riscontrato su alcuni 33 il codice abraso senza darsene una plausibile spiegazione. In realta' ho riscontri diretti di 33 bellici opportunamente ricondizionati in epoca post dalla Pignone che provvide preliminarmente a cancellare il codice. Non so se si tratta del medesimo codice della Pignone (P) o di altro codice, di certo la cancellatura del codice si imponeva per evitare che tali quantitativi affidati alla Pignone e ricondizionati da quest'ultima venissero ricollegati a lotti di altre fabbriche, almeno per i gusci, generando confusione. Questa la ragione della abrasione dei codici. Evidentemente per quelli riscontrati dal Bosi e' avvenuta la medesima cosa.
Qui una mia ipotesi su come, probabilmente, i codici dovevano funzionare:
http://www.milistory.net/forum/codic...e-vt22297.html