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PRECEDENTI STORICI NELLA CULTURA AMERICANA
Nonostante sia un pensiero molto disturbante per l’americano medio – da sempre abituato a considerare se stesso come l’apice della civilizzazione e il suo paese come avanguardia del progresso e della modernità – un filo rosso lega i padri pellegrini sbarcati dalla Mayflower agli odierni serial killer: la pratica delle mutilazioni su cadaveri e l’utilizzo di parti del corpo come trofei-feticcio. Tali pratiche sono un retaggio della vita primitiva, quando la mutilazione rituale sia ai danni del nemico che della preda animale era intesa ad esaltare le doti di mascolinità, coraggio e abilità del guerriero/cacciatore agli occhi delle femmine della tribù. Molti studiosi ritengono però che sia un comportamento niente affatto episodico ma abbia un profondo legame con aspetti da lungo tempo rimossi e dimenticati della cultura popolare statunitense. Al riguardo mi limito a citare alcuni esempi.
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Nella biblioteca di Harvard sono custoditi quattro grossi tomi di argomento religioso rilegati in pelle umana, è tutto ciò che resta del pioniere Jonas Wright, scuoiato vivo dai guerrieri Wavuma nel lontano 1632. Il poveretto aveva avuto il torto di avventurarsi nei territori sacri della tribù, letteralmente rimettendoci la pelle. Furono però i pii confratelli della sua congregazione protestante a prendere la bizzarra iniziativa di conciarne la pelle ed usarla come rilegatura per bibbie e libri di preghiera, affinchè la memoria del defunto fosse eternata nella comunità dei fedeli.
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La pratica dello scotennamento (o scalpatura che dir si voglia), per decenni simbolo stesso della presunta ferocia dei “musi rossi” veicolata dai film hollywoodiani, in realtà fu introdotta presso i nativi americani dagli europei prima ancora della nascita degli Stati Uniti d’America. Durante le guerre franco-inglesi, della prima metà del settecento entrambe le parti in conflitto assoldarono nelle loro colonie nordamericane un numero crescente di “trappers” bianchi e guerrieri di varie tribù come guide e combattenti irregolari. Tali mercenari venivano pagati in base al numero dei nemici uccisi, così sull’esempio dei cacciatori di pellicce bianchi – abituati da sempre a scuoiare le loro prede – anche i nativi americani iniziarono a prendere gli scalpi ai morti come prove del “body count”. Soltanto in seguito tale usanza si diffuse a macchia d’olio tra le varie tribù, diventando pratica comune quasi cento anni dopo anche fra i nativi che non erano ancora venuti a diretto contatto con gli uomini bianchi.
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Il 21 agosto 1831 nella contea di Southampton, Virginia, un nero alfabetizzato e cristianizzato di nome Nat Turner capeggiò una violenta insurrezione di schiavi durante la quale furono trucidati oltre sessanta uomini, donne e bambini bianchi. Il giorno successivo i ribelli vennero dispersi o catturati da una posse di civili armati. Turner inizialmente si diede alla macchia, ma venne arrestato il 30 giugno dello stesso anno. Processato e condannato a morte con alcuni complici, il suo cadavere fu consegnato ai medici che lo scuoiarono e lo saponificarono. Secondo quanto riportato da W. S. Drewry, il padre del signor R. S. Barham possedeva un portamonete fatto con la pelle di Turner. Lo scheletro invece fu per molti anni in possesso di un certo dottor Massenberg, ma in seguito alla guerra civile se ne persero definitivamente le tracce.
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William Least Heath-Moon nel suo libro sulla colonizzazione del Kansas intitolato Prateria afferma che dopo la deportazione in una riserva dei pacifici indiani Kaw (nome che storpiato in Kansa finì per dare il nome a quel territorio), i coloni bianchi si diedero a saccheggiarne i cimiteri tribali alla ricerca di improbabili tesori nascosti. Il risultato fu la vasta diffusione in tutto lo stato del Kansas di oggetti d’artigianato realizzati a partire da resti umani sottratti alle sepolture, in particolare teschi indiani trasformati in tabacchiere.
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Per vendicare la morte di Custer a Little Bighorn, nel 1876 Buffalo Bill uccise e scotennò il capo indiano Mano Gialla, a suo dire nel corso di un leale duello all'arma bianca secondo le usanze dei nativi americani. Recenti studi smentiscono le dichiarazioni rilasciate all'epoca da William Cody, impegnato a costruirsi una menzognera aura di eroe del Far West, che avrebbe in seguito sfruttato prima come attore teatrale e poi come impresario del celeberrimo spettacolo itinerante. In realtà Mano gialla fu ucciso a tradimento, colpito alle spalle da un colpo di fucile mentre si era appartato dietro un cespuglio per un bisogno fisiologico. Il suo scalpo fu venduto da Cody al miglior offerente.
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Il criminologo francese Stéphane Bourgoin nel suo libro La follia dei mostri, dedicato ai serial killer statunitensi, riporta come nella tradizione yankee fosse ben radicato e relativamente comune prendersi macabri souvenir dai corpi dei nemici Le giubbe blu toglievano abitualmente gli scalpi ai nativi americani uccisi e ne facevano commercio dato che tali manufatti erano assai richiesti. Alla metà dell’ottocento giacche di daino adorne di scalpi indiani erano vendute nelle città della costa atlantica a prezzi stratosferici. Esisteva anche un florido commercio di teschi indiani, venduti a studenti in medicina, antropologi o istituzioni universitarie.
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Quanto ai fuorilegge del Far West – sia fossero giustiziati dopo regolare processo o linciati dalla folla – si conciava abitualmente la loro pelle per farne degli stivali e si usavano i loro crani come calamai. Uno dei casi più noti è quello del bandito George Parrott, noto anche come “Big Nose George” per le dimensioni eccezionali del suo naso. Condannato a morte nel 1881 per varie rapine ai treni e omicidi perpetrati in territorio del Wyoming nel 1878, nell’imminenza dell’esecuzione tentò di fuggire dal carcere della città di Rawlins, ma venne catturato e impiccato a un palo telegrafico dalla folla inferocita. Dopo il linciaggio il suo cadavere venne reclamato “nell’interesse della scienza” da due medici del luogo, tali Osborne e Maghee. Il dottor Maghee si limitò, con l’aiuto della sua giovane assistente, a segare il cranio del bandito per misurare peso e dimensioni del cervello, a caccia di elementi fisiologici che ne determinassero l’indole criminale secondo le teorie dell’italiano Cesare Lombroso. Il dottor Osborne invece si spinse oltre, perpetrando sul corpo pratiche assai poco scientifiche. Anzitutto realizzò un calco in gesso del volto, dal quale ottenne la maschera mortuaria di Parrott. Poi, rimossa chirurgicamente la pelle delle cosce e del torace (capezzoli inclusi), la spedì ad una conceria di Denver chiedendo che venisse utilizzata per realizzare un paio di scarpe e una borsa da medico. Quando un anno dopo si fu stancato di giocare coi poveri resti conservati sotto sale in un barile di whisky, il bizzarro Osborne li seppellì nel giardino dietro il suo studio medico, dove rimasero dimenticati per molti anni. Indossando orgogliosamente le sue scarpe in pelle umana, il buon dottore si rese protagonista di una vera e propria scalata sociale. Nell’arco di pochi anni divenne presidente della banca locale, il più ricco allevatore di bestiame del Wyoming, il primo Governatore dello Stato per il partito democratico e infine, assistente Segretario di Stato del Presidente Wilson. Nel 1950 il barile e il suo macabro contenuto tornarono alla luce nel corso degli scavi per le fondamenta di un palazzo e indagini giornalistiche consentirono di localizzare anche la calotta cranica mancante. Le scarpe in pelle umana, il cranio e la maschera mortuaria sono esposti al Carbon Country Museum di Rawlins, Wyoming. La calotta cranica è invece conservata all’Union Pacific Railroad Museum di Council Bluffs, Iowa.
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Tra il 1882 e il 1968 nel sud degli Stati Uniti vi furono 4743 linciaggi motivati dall’odio razziale, la maggior parte ai danni di afroamericani, ma anche di immigrati cinesi, slavi e italiani. Come la studiosa Alessandra Lorini ha dimostrato nel suo saggio Cartoline dall’inferno le vittime della cosiddetta “Legge di Lynch” – torturate a morte, impiccate o crivellate di colpi – spesso venivano smembrate e ridotte a brandelli. Questi ultimi erano poi distribuiti per ricordo ai presenti. Ciò accadeva apertamente alla presenza di autorità locali conniventi e talvolta di fotografi pronti ad immortalare il risultato di tale gradevole passatempo. Ma è Gian Antonio Stella nel suo libro Negri, froci, giudei & Co. a citare uno dei casi più conosciuti, documentato nel museo Jim Crow della Ferris State University. Nel 1904 il nero Luther Holbarth e sua moglie furono catturati e messi a morte da una folla inferocita. Li legarono agli alberi costringendoli a mettere in mostra le mani, poi tagliarono loro un dito alla volta. Esaurite le dita, mozzarono loro anche le orecchie. Solo allora gli aguzzini, dopo aver accatastato legna e fascine, bruciarono vivi gli sventurati coniugi. I bravi concittadini si disputarono poi a suon di dollari il possesso di dita e orecchie come ambiti souvenir.



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