Nell'autunno 1944 americani e tedeschi si affrontarono duramente nella foresta di Hurtgen,al confine tra Belgio e Germania; una tra le battaglie più sanguinose del secondo conflitto mondiale, definita da Ernest Hemingway una "Passchendaele con gli alberi distrutti". I costi furono alti. I Tedeschi avevano trasformato la foresta in una trappola mortale. La foresta si trovava in una zona di terreno accidentato con colline alte a volte 100 metri, e corsi d'acqua. Gli alberi erano alti fino a 30 metri, con il fogliame così fitto e interconnesso da oscurare il sole. Non esistevano strade asfaltate,ma solo strade sterrate e regolarmente ostruite con tronchi d'albero e mine. Esistevano anche trincee tagliafuoco che funzionavano da fossati anticarro. La linea di fortificazioni era formata da varie file di bunker a una distanza di circa 90 metri in larghezza e profondità l'uno dall'altro, in modo da assicurare la reciproca difesa. Artiglierie e mortai garantivano il supporto. I principali punti di resistenza erano difesi da campi minati, reticolati e trappole antiuomo. I Tedeschi bombardavano con proiettili che esplodevano all'urto con le cime degli alberi. Questo causava una grandine, letteralmente, di frammenti d'acciaio e schegge di legno, i quali investivano l'area sottostante. I sopravvissuti a questo trattamento scoprirono che l'unico modo di proteggersi allo scoperto era abbracciare un albero, così da esporre solo l'elmetto a questa pioggia mortale. L'ambiente peggiorò lo cose: il clima nella zona fu particolarmente umido. Nell'area della foresta, l'acqua stillava continuamente dagli alberi anche dopo che la pioggia smetteva.
Per dare un'idea dell'estrema difficoltà del luogo, un reggimento americano impiegò 4 giorni per avanzare di un chilometro e mezzo; unaltro 5 giorni. Più divisioni americane e tedesche furono gettate nel tritacarne di Hurtgen e decimate.
Domenica 8 novembre 2015 i gruppi GGARG eUltimo Fronte 1945 hanno cercato di ricordare quelle terribilivicende e gli uomini che le vissero.
Foto di Enrico Panichi,Roberto Cobianchi e Michele Ballarini.



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