Risultati da 1 a 1 di 1

Discussione: Marconi e il raggio della morte

Visualizzazione Elencata

Messaggio precedente Messaggio precedente   Nuovo messaggio Nuovo messaggio
  1. #1
    Collaboratore L'avatar di Il Cav.
    Data Registrazione
    Jan 2012
    Messaggi
    4,908

    Marconi e il raggio della morte

    PREMESSA
    Affrontando l’ argomento “raggio della morte” riguardo al quale il vero, il verosimile e le leggende metropolitane sono avvolte in maniera forse inestricabile, nella presente discussione ho ritenuto necessario usare una certa cautela. Pertanto ho utilizzato il carattere tipografico usuale (Times New Roman) per le notizie di fonte certa; il corsivo per le ipotesi; il grassetto per evidenziare punti di contatto con la vicenda del “Gabinetto RS/33”.
    _____________________________
    UNA NOTTE SUL LAGO
    Il 20 Marzo 1945 nell’isoletta di Trimellone, sul lago di Garda, di fronte a Gargnano, Benito Mussolini ormai consapevole dell’ approssimarsi della sconfitta e apparentemente disinteressato alla sua sorte, si lasciò andare ad un lungo soliloquio-intervista alla presenza dell’ amico giornalista Ivanoe Fossati, affrontando senza infingimenti gli argomenti più spinosi degli ultimi anni: l’ asse italo-tedesco, le leggi razziali, l’ entrata in guerra nonostante l’ impreparazione dell’ esercito, l’ armistizio e la guerra civile, le armi segrete naziste. Incidentalmente svelò anche l’ esistenza di un “raggio della morte” realizzato a metà degli anni ‘30 da Guglielmo Marconi, pronuziando queste parole:
    “È vero, sulla strada di Ostia, ad Acilia, Marconi ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette, dei camion. L’esperimento fu ripetuto sulla strada di Anzio. Ad Orbetello, apparecchi radiocomandati furono incendiati ad oltre duemila metri d’altezza.”
    Il Duce affermò che gli studi in proposito furono improvvisamente interrotti, su indicazione di Pio XI°, che aveva convinto Marconi della intrinseca pericolosità di una tale arma. E’ noto che dopo aver ottenuto nel 1929 l’annullamento del suo primo matrimonio dalla Sacra Rota - fatto che rappresentò un evento clamoroso per l’opinione pubblica dell’ epoca - Marconi, già fervente patriota, combattente nella 1^ g.m. e aderente della prima ora al partito fascista, oltre a tornare apertamente alla fede cattolica con punte quasi di bigottismo, dimostrò sempre filiale riconoscenza e totale disponibilità nei confronti di Papa Pio XI°, tanto da impegnarsi personalmente nella progettazione e nella realizzazione della prima stazione radio vaticana nell’ aprile del 1933. Da parte sua il Pontefice, sempre interessato agli sviluppi più recenti della scienza e della tecnica, veniva regolarmente informato degli esperimenti portati avanti dallo scenziato. Solo l’ improvvisa morte del grande inventore troncò i molti infruttuosi tentativi di Mussolini di convincerlo a riprendere, per amor di patria, gli esperimenti sul “raggio”. Il testo stenografico del colloquio di Trimellone fu rielaborato successivamente in forma di memoriale da Fossati ed apparve sulla stampa soltanto alla fine del 1945. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, inizialmente le clamorose notizie sul “raggio della morte” non destarono eccessivo interesse e finirono confuse nel gran calderone della memorialistica postbellica. Qualche antifascista definì quelle dichiarazioni “propaganda delirante di un tiranno” attribuendole addirittura alla grave malattia venerea contratta in gioventù da Mussolini durante il suo soggiorno in Svizzera.
    Le ragioni del disinteresse erano molteplici. Prima di tutto la censura militare alleata dell’ AMGOT non finì con la fine del conflitto, ma continuò a influenzare pesantemente i media italiani sino al rimpatrio delle truppe di occupazione angloamericane (nel 1947, a seguito del trattato di pace impostoci a seguito del cosiddetto armistizio lungo). Inoltre, subito dopo il 25 aprile del ‘45, la cosiddetta stampa libera si gettò a capofitto nella cronaca nera (rigorosamente proibita durante il ventennio quando per ordine superiore in Italia non esistevano fame, disoccupazione, prostituzione, criminalità, non c’ erano drammi della gelosia, nessuno si suicidava e l’ immagine del popolo italiano dettata dal Minculpop - Ministero della Cultura Popolare - era univoca: tutti eroi, poeti, santi e navigatori, tutti legati indissolubilmente al Capo, tutti votati al sacrificio, tutti frugali nelle abitudini, tutti di spiccate tendenze belliciste e con mascella predappiescamente volitiva). La lunga guerra appena conclusasi aveva dimostrato quanto tali immagini di propaganda fossero tragicamente lontane dalla vera indole degli italiani. Infine, il fatto che i memoriali giornalistici nel secondo dopoguerra erano diventati strumento di lotta politica. Non tanto fra i due partiti maggioritari, che avevano un qualche seguito nella popolazione (PCI e DC), ma soprattutto fra la pletora di partitini privi di rappresentanza e legittimazione, sorti come funghi nel meridione dal disordine e dalla confusione di una nazione definitivamente sepolta dalle macerie, materiali e morali. Costoro sgomitavano indecorosamente pur di arraffare porzioni di privilegi e potere, nel tentativo di sopravvivere alla normalizzazione che prima o poi - in un senso o nell’ altro - sarebbe arrivata, allineando anche l’ Italia ad una delle due potenze mondiali ideologicamente e militarmente contrapposte. In quella confusione non solo fu preso molto sul serio l’ U.Q. del commediografo Guglielmo Giannini, ma trovarono seguaci anche il “Partito della Vitella” che chiedeva bistecche a pranzo e cena gratis per tutti gli italiani a spese dello Stato (reazione isterica ai lunghi anni di razionamento) o l’ iniziativa di quel parlamentare che propose di inserire in Costituzione l’ obbligo per i treni di arrivare in orario, con la formula: “La Repubblica garantisce la regolarità dei trasporti secondo l’ accluso orario delle FF.SS.”(ma quello dei collegamenti nord-sud era realmente un problema drammatico per la popolazione, visti i danni alle infrastrutture provocati dalla guerra). E quando i goliardi bolognesi scrissero sui muri di quell’ Università: “VIVA IL MOVIMENTO PERISTALTICO GIOVANILE!” un esponente delle forze dell’ ordine avvisò la Prefettura dell’ esistenza di un nuovo partito politico non autorizzato. Ogni giorno sui giornali apparivano nuovi memoriali di generali, ammiragli, politici e diplomatici che si attaccavano, si difendevano, polemizzavano fra loro secondo le convenienze del caso e i nostri connazionali vi si abbeveravano ampiamente. Quando “le loro eccellenze” ebbero terminato, apparve una seconda ondata di memorialisti. Stavolta si trattava però di personaggi il più delle volte umili e sconosciuti. Ufficiali, burocrati, sacerdoti, medici, cuochi, maggiordomi, camerieri, barbieri, autisti, sarti, attendenti, fino all’ ultimo piantone di Villa Feltrinelli, chiunque avesse seppur da lontano e per pochi istanti incrociato il proprio destino con quello del Duce della RSI, venne travolto dalla imperiosa necessità di render nota la sua “verità” su questo o quell’ evento, dalle pagine dei rotocalchi a grande tiratura. Per la maggior parte erano poveretti senza alcuna colpa, che privati dei loro beni e impossibilitati a lavorare perché incarcerati o epurati, firmavano gran castronerie scritte da altri per raggranellare quattro soldi e sopravvivere finchè la bufera si fosse placata. Giovannino Guareschi pubblicò al riguardo una ironica vignetta nella quale a offrire l’ ennesimo memoriale era addirittura… il cavallo di Badoglio! Imperava allora il “vento del nord” imposto dai partigiani, e intellettuali dalla veneranda canizie (tesserati del P.N.F. o collaboratori dell’ O.V.R.A. quando gli imberbi ragazzi di Salò non erano ancor nati) accusavano la dittatura mussoliniana di ogni nequizia, dimenticando di aver essi stessi – al più tardi nel 1936 – esaltato il Fascismo come continuazione e coronamento del Risorgimento. Figurarsi se poteva esserci interesse per il “raggio della morte” di Marconi in tempi come quelli.
    Resta però il fatto che nei documenti del “Gabinetto RS/33” pubblicati negli anni ’90, Guglielmo Marconi è indicato più volte apertamente come il presidente di quella struttura, costituita nel 1933 per studiare i fenomeni ufologici in seguito alla caduta di un UFO nella pianura padana. Analogamente a quanto fatto alla fine degli anni ’40 con il “Majestic 12” statunitense, il RS/33 si componeva di una sezione studi preposta a studiare il caso, composta dai più eminenti scenziati dell’ epoca, di una sezione militare destinata a fronteggiare gli OVNI (Oggetti Volanti Non Identificati), qualora si fossero dimostrati ostili nonchè di un braccio operativo di italici “Men in black” reclutato fra gli agenti dell’ O.V.R.A. operanti a livello provinciale in stretta collaborazione con le Prefetture del Regno. Tutti costoro erano impegnati da un giuramento alla massima segretezza, sotto pena di gravissime ritorsioni. Ma il solo Guglielmo Marconi veniva ricevuto dal Duce informalmente e senza preavviso, per riferire sull’ attività del “RS/33”. Sul Gabinetto “RS/33” si veda anche la discussione (…)
    __________________________________________________



    VI SON PIU’ COSE IN CIELO E IN TERRA…

    A distanza di pochi anni si ebbe però un improvviso ritorno di interesse sull’ argomento “raggio della morte”, per la concomitanza di due diverse circostanze. Nel biennio 1946/47 si ebbero sul Baltico e nei cieli dei paesi scandinavi limitrofi all’ U.R.S.S. continui e inspiegabili avvistamenti da parte di civili e militari. Gli oggetti in questione erano descritti di volta in volta come “sigari volanti”, “piatti volanti” , “tazze volanti”. L’ opinione allora prevalente era che si trattasse della sperimentazione da parte sovietica di armi segrete naziste, cadute in mano all’ Armata Rossa nel 1945 e assimilabili alle ben note V1 e V2. In quello stesso 1947 però, l’ imprenditore statunitense Kenneth Arnold, ai comandi del suo aereo da turismo, avvistò una formazione di sconosciuti oggetti discoidali, che subito la stampa americana battezzò “flying saucers”. L’ opinione pubblica mondiale inizò dunque a interessarsi ufficialmente del fenomeno UFO. Inoltre in Italia nel 1948/49, dopo le elezioni del 18 aprile vinte dalla Dc e la scelta di campo filoamericana attuata da De Gasperi, che comportava anche l’ adesione alla NATO e la ricostituzione di un efficace strumento militare dopo le forti limitazioni cui erano soggette ai sensi del trattato di pace, si iniziò a ridiscutere fra molte polemiche della guerra perduta. Uno dei punti del contendere che interessò maggiormente i nostri connazionali fu se la maggiore responsabilità della sconfitta fosse da attribuirsi alla catastrofica condotta bellica di generali incapaci e venduti o alla schiacciante superiorità dell’ industria angloamericana, capace di innovazioni tecnologiche contro le quali nulla avevamo da opporre. Il radar e la bomba atomica, solo per citarne un paio. Si tornò quindi a parlare delle ipotetiche armi segrete italiane e i giornali riesumarono anche l’ episodio del “raggio della morte”. Si assistette allora a una vera levata di scudi. La politica, i militari, l’ ambiente scientifico e le stesse figlie di Marconi, tutti si affrettarono a smentire le ipotesi giornalistiche. Secondo la versione ufficiale, lo scenziato dal 1934 aveva effettivamente portato avanti a Santa Marinella studi riservati, non su un ipotetico “raggio” ma bensì sul radar. Studi interrotti dalla morte, avvenuta il 20 luglio 1937.

    Le ripetute smentite non ebbero l’ effetto di por fine alle illazioni sul coinvolgimento di Guglielmo Marconi nella realizzazione di un “raggio della morte”, come testimoniano le notizie riproposte ciclicamente su giornali e riviste sino ai nostri giorni. E’ dunque ragionevole porsi con occhio non prevenuto dinanzi alle numerose testimonianze apparse negli anni, anche da fonti autorevoli seppur non molto note al grande pubblico.



    TESTIMONIANZE SCONCERTANTI
    Nel 1973 Donna Rachele, la vedova del Duce, nel libro autobiografico “Mussolini Privato” così descrisse l’ esperimento condotto verso la fine del mese di giugno 1936 sulla strada che da Roma conduceva ad Ostia.
    _____________________
    Verso la fine di Giugno di quello stesso anno, Benito Mussolini ebbe nuovamente la possibilità di cambiare il corso degli eventi: Guglielmo Marconi aveva messo a punto un’invenzione rivoluzionaria. Con l’aiuto di un raggio misterioso, poteva interrompere in circuito elettrico dei motori di qualsiasi tipo di veicolo, che funzionassero con un magnete. In altre parole, poteva fermare a distanza automobili e motociclette. Poteva abbattere anche gli aerei. Anche a me capitò, in quei giorni, di vivere una stranissima avventura. Ho parlato di proposito di “avventura vissuta” perché, senza volerlo, io stessa mi trovai ad assistere ad una prova del raggio mentre ero nella mia automobile. Quel giorno, a pranzo, avevo detto a Benito che nel pomeriggio mi sarei recata ad Ostia per controllare dei lavori che stavano facendo in una piccola proprietà agricola. Mio marito aveva sorriso e mi aveva risposto: “Trovati sull’autostrada Roma-Ostia fra le tre e le tre e mezza. Vedrai qualcosa che ti sorprenderà…”. Ero sola con l’autista, un poliziotto in borghese dei servizi di sicurezza. Durante la prima parte del percorso, tutto andò bene. Sull’autostrada, benché fosse in funzione già da parecchi anni (dal 1929 o dal 1930, credo), non c’era molto traffico: in quel periodo non tutti potevano permettersi un’automobile. Eravamo a circa metà strada, quando il motore si fermò. L’autista scese brontolando, e infilò la testa nel cofano della macchina. Frugò, avvitò, svitò, riavvitò, soffiò dentro certi tubi: niente da fare. Il motore non voleva ripartire. Un’altra automobile, che marciava nella nostra stessa direzione, si fermò poco più avanti. Il conducente scese e andò anche lui a mettere il naso nel motore. Poi, come succede dappertutto in casi simili, si mise a discutere col suo compagno di sventura, cioè col mio autista. Qualche centinaio di metri più avanti, ma nel senso contrario, altre automobili si erano fermate, e anche delle motociclette. Ero sempre più incuriosita e ripensai a quello che mi aveva detto mio marito a pranzo. Guardai l’orologio: erano le tre e dieci. A dir la verità, non ci capivo niente, ma una cosa era certa: attorno a noi, in entrambi i sensi dell’autostrada Roma-Ostia, per alcune centinaia di metri, tutto ciò che funzionava a motore era in panne. Chiamai l’autista e gli dissi: “Aspettiamo fino alle tre e mezza. Se l’auto non vorrà ripartire, chiameremo un meccanico”. “Ma, Eccellenza, sono solo le tre e un quarto! Perché dobbiamo aspettare fino alle tre e mezza, se riesco a trovare prima il guasto?”. “Certo… certo”. Alle tre e trentacinque gli chiesi di riprovare. Beninteso, il motore ripartì al primo colpo. Gli altri conducenti che si trovavano vicini a noi, vedendo la nostra automobile ripartire, fecero la stessa cosa: tutto funzionava come se niente fosse accaduto. La sera a cena, notando che mio marito mi osservava con un sorrisetto, gli raccontai la storia della panne collettiva. Infine mio marito disse: ” Questo pomeriggio hanno fatto un esperimento in alcuni punti dell’autostrada Roma-Ostia . Mi disse: “Sai, Rachele, questo pomeriggio hai assistito ad un esperimento segretissimo. È un’invenzione di Marconi che può dare all’Italia una potenza militare superiore a quella di tutti gli altri paesi del mondo. Il raggio – precisò – è ancora in fase sperimentale. Marconi sta continuando le ricerche. Come puoi bene immaginare, se riuscirà a realizzarla, l’Italia avrà in mano, in caso di guerra, un’arma tale da bloccare ogni movimento del nemico e praticamente renderci invincibili”. Mi mancava il respiro. Sapevo di cosa era capace Guglielmo Marconi. Quattro anni dopo eravamo in guerra. Il “raggio della morte” avrebbe potuto cambiare il nostro destino se l’Italia lo avesse posseduto. Ma, purtroppo, le cose si erano avviate per un’altra strada. Sua Santità Pio XI, terrificato da questa scoperta e dall’enorme portata che poteva avere, chiese a Marconi di non proseguire le ricerche e, se possibile, addirittura distruggere i risultati già acquisiti. Marconi, che era molto affezionato a Benito ed era un sincero fascista, gli aveva fedelmente riferito il colloquio con il Papa e gli aveva chiesto che posizione doveva prendere di fronte al caso di coscienza che si poneva alla sua fede di cattolico. Benito non voleva rendersi nemico il Papa della Conciliazione né andar contro agli scrupoli religiosi di Marconi. Inoltre il mondo era in cerca di pace e non di guerra e le ricerche di Marconi erano costosissime. Optò quindi per autorizzare la sospensione delle ricerche, ma non la distruzione della scoperta. L’anno dopo, il 1937, Marconi improvvisamente morì.

    ____________________________

    Pur con tutte le cautele del caso, questo testo, che pare confermare a distanza di anni le rivelazioni fatte da Mussolini a Fossati nel ’45, riveste importanza soprattutto per quanto affermato nelle ultime righe: <<sospensione delle ricerche ma non distruzione della scoperta>>. Secondo alcuni, progetto e prototipo del “raggio” sarebbero stati affidati da Marconi proprio a Pio XI° e si troverebbero ancor oggi custoditi in Vaticano.




    <<Io mi sono ingannato e con me tutti quelli che mi hanno seguito. Io sarò tuttavia il primo a ritornare sui miei passi abbandonando le onde lunghe per le onde corte, sulle quali si svolgerà l’ avvenire delle radiocomunicazioni.>>
    Con queste parole Guglielmo Marconi nel 1934 annunciò l’ inizio di una nuova campagna di studi scientifici sulle onde corte, che portò avanti si può dire sino alla morte. Secondo la versione ufficiale grazie a quegli esperimenti, (effettuati parallelamente nella sede londinese della “Marconi” e nel centro radio di Torre Chiaruccia, non lontano da Santa Marinella) il grande scenziato avrebbe scoperto il principio di funzionamento del radar, sviluppandone un prototipo perfettamente funzionante. Molti nell’ ambiente scientifico internazionale, affermavano però che Marconi stesse progettando una misteriosa arma su richiesta di Benito Mussolini. La notizia si diffuse rapidamente sulla stampa anglosassone nel maggio del 1935 e fu solo blandamente smentita dallo scienziato italiano, che rilasciò appositamente una intervista al New York Herald, ampiamente ripresa dagli organi di stampa anglosassoni. In Italia intanto, si vociferava che in un pascolo dei castelli romani, dove lavoravano ricercatori dell’Università di Pisa, fosse trovato misteriosamente stecchito un intero gregge di pecore. Si disse poi che nella maremma toscana vennero fermati i motori di due aerei in volo e che altri due aeroplani senza piloti a bordo fossero esplosi in un impressionante bagliore di luce. Ma insomma Marconi stava lavorando al raggio della morte, al radar o a entrambi? Bisogna tenere presente che quel periodo era carico di tensioni politico-militari. Dopo l’ incidente ai pozzi di Ual-Ual, Mussolini si era deciso a invadere l’ Abissinia anche per motivi di prestigio nazionale e l’ Italia, alterando lo status-quo si era attirata l’ ostilità delle grandi potenze coloniali. Inghilterra, Francia e Belgio tramite la Società delle Nazioni tentarono prima l’ isolamento politico, poi lo strangolamento economico del nostro paese. Ma l’ effetto inatteso delle sanzioni fu di suscitare un profondo sentimento di orgoglio nazionale a livelli mai visti prima, che portò il consenso al regime fascista a livelli impensati in ogni strato della popolazione. La maggioranza degli italiani - fra essi anche moltissimi e notori antifascisti che in quell’ occasione espressero il loro sostegno al governo - ritenendo ingiusto che i più grandi stati colonialisti, padroni assoluti dei ¾ del mondo negassero un “posto al sole” ai nostri lavoratori, per una volta si comportarono di conseguenza col boicottaggio dei prodotti stranieri, l’ autarchia economica ed industriale, l’ oro alla patria, ecc. senza contare, dopo la dichiarazione di guerra, gli arruolamenti volontari di massa (anche fra gli italiani residenti all’ estero). Marconi, che come numerose altre personalità scrisse personalmente a Mussolini chiedendo di partire volontario, ne fu impedito non solo dall’ età avanzata e dal precario stato di salute, quanto dalla convinzione che fosse più utile per l’ Italia la continuazione dei suoi studi. Infatti la “Home Fleet”aveva passato lo stretto di Gibilterra incrociando minacciosamente in Mediterraneo e la prospettiva di uno scontro diretto non era da sottovalutarsi. Non pochi intellettuali e politici anglosassoni però – e Winston Churchill tra questi – si chiedevano se davvero valesse la pena scatenare un’ altra guerra mondiale per permettere a “Mr. Tafari”, ovvero al Negus, di continuare a mantenere in catene il suo popolo. Davanti alla prospettiva di un confronto militare a tutto campo con l’ Impero Britannico le nostre FF.AA. erano gravemente impreparate, con la maggior parte delle forze impegnate nell’ operazione etiopica, a grande distanza dalla madrepatria. Non stupisce dunque che attorno al 1935/36, le varie armi abbiano accarezzato soluzioni di emergenza, anche le più improbabili, fantasiose e non convenzionali pur di ridurre il gap tra le nostre forze e quelle del possibile avversario. A quell’ epoca risalgono i primi studi per un mitra moderno e funzionale (che sarebbe diventato il MAB 38A), mentre la Regia Marina realizzava in tutta fretta i primi siluri pilotati (prototipi dei “maiali” della 2^ g.m.) e per ordine di Italo Balbo, la Regia Aeronautica creava nel più assoluto riserbo una “squadriglia della morte” composta da piloti volontari disposti a schiantarsi con bombardieri carichi di esplosivo contro le navi inglesi (oltre dieci anni prima dei Kamikaze nipponici). In quel clima non è impensabile che ricerche pacifiche, come quelle portate avanti da Marconi, siano state dirottate verso scopi bellici.
    Il fatto poi che l’ improvviso passaggio di Marconi dallo studio delle onde lunghe a quelle corte avvenne a meno di un anno dalla creazione del “RS/33” ha portato alcuni ufologi a ipotizzare che l’ organismo segreto da lui presieduto, proprio studiando i rottami del disco volante precipitato nel 1933, avesse appurato che la fonte di energia e l’ apparato propulsore del velivolo fossero in qualche modo connessi alle onde elettromagnetiche. Dunque in quest’ ottica, il “raggio della morte” e lo stesso radar sarebbero frutto di una operazione di retroingegneria aliena. Ma si tratta, appunto solo di una ipotesi.
    __________________________________________________
    Lo scienziato, scrittore e divulgatore scientifico francese Jacques Bergier - meglio noto come coautore del libro “Il mattino dei maghi” insieme a Powels - così scriveva a proposito del raggio della morte in un suo libro, intitolato “Ai limiti del conosciuto” e pubblicato in Italia nel 1976 dagli Oscar Mondadori.
    _____________

    (…)
    Nei miei articoli pubblicati su <<L’ industrie française radio-életrique>>, nel 1936, predicevo esattamente l’ energia nucleare e il viaggio verso la luna per mezzo di razzi, ma ridevo a proposito della trasmissione di energia elettrica per radio. La guerra, intanto, si avvicinava. Gli assassini della Luftwaffe avevano fatto vedere a Guernica cosa sapevano fare: in tutta segretezza fu chiesto agli scienziati inglesi e francesi d’ inventare un raggio della morte che potesse abbattere gli aerei nemici. Questo non fu possibile ma gli stanziamenti militari servirono per mettere a punto dei raggi che permettessero almeno di individuare gli aerei. Sir Robert Watson-Watt in Inghilterra e Maurice Ponte in Francia inventarono il radar. La Gran Bretagna fu salvata e, un giorno del 1941, uno scienziato inglese sbarcava a New York con una valigia che conteneva il primo prototipo di un nuovo generatore di onde: il magnetrone a cavità. Il prototipo era composto semplicemente di un recipiente in cui era stato fatto il vuoto e dove era stato inserito un tamburo di revolver lungo il cui asse passava un filamento incandescente che emetteva elettroni. Le grandi scoperte, le invenzioni straordinarie cominciano sempre così, da un accostamento geniale. Nelle mani degli americani che potevano lavorare al riparo dalle bombe tedesche, il magnetrone a cavità prosperò e contribuì alla vittoria quanto la bomba atomica. Le onde potenti che emetteva permettevano di localizzare le navi e gli aerei nemici, di bombardare nell’ oscurità più totale obbiettivi mascherati.
    (…)
    ____________________
    Si tenga presente che nel 1946 Bergier, allora giovane e brillante scenziato, era stato coinvolto dai servizi segreti dell’ esercito francese nell’ operazione di recupero e sfruttamento di tecnologie naziste sia industriali che militari a favore della Francia, sull’ esempio di quanto già facevano americani e sovietici. Si interessò soprattuto alla formula per la creazione di benzina sintetica, tentando di replicarne i processi in laboratorio, servendosi di macchinari e materie prime di origine tedesca, requisiti nella Zona d’ occupazione francese. Non si tratta dunque del primo venuto riguardo alle armi segrete. Nel suo testo Bergier sembra considerare la scoperta del radar una conseguenza importante ma secondaria, quasi un sottoprodotto, degli studi condotti dagli anglo-francesi sul “raggio della morte” tra il 1937 e il 1939. Ma, volendo dargli credito viene spontaneo chiedersi se sia nato prima l’ uovo o la gallina. O per meglio dire, cosa potrebbe aver indotto le più alte autorità di quelle due nazioni ad impegnare tempo, risorse e tecnici nello studio del “raggio della morte”, se non la certezza che esso era fattibile ed un probabile nemico vi stava lavorando? E notoriamente solo Marconi vi stava lavorando e il probabile nemico eravamo noi! Visto che da lunga data gli anglofrancesi avevano una vasta e ramificata catena di spie sul territorio italiano e moltissimi referenti nell’ elite economica, politica e militare del nostro paese, non esclusi alcuni membri della Famiglia Reale, non è improbabile che qualcosa sugli esperimenti di Marconi sia davvero trapelato sino a Londra e Parigi. Inoltre è possibile, come vedremo in seguito, che i britannici fossero venuti in possesso di carte appartenenti a Marconi depositate a Londra, riguardanti il radar e forse il “raggio”.
    _____________________________
    Arnaldo Pozzi, fu uno dei più illustri clinici italiani, forse il migliore allievo del Prof. Frugoni e medico personale di numerose personalità italiane e straniere negli anni ‘30 e ‘40. Su espressa indicazione di Frugoni, fu scelto come medico personale da Benito Mussolini, avendo la possibilità di essere giornalmente a fianco del Duce in qualità di ufficiale medico, tra il novembre 1942 ed il luglio 1943. Riveste dunque una certa importanza la sua dettagliata e autorevole testimonianza sulle circostanze della agonia e morte di Guglielmo Marconi, che fu suo paziente con continuità per vari anni. I brani che seguono sono tratti dal testo originale molto più lungo, pubblicato in un libro di memorie nel secondo dopoguerra.
    (Arnaldo Pozzi - Come li ho visti io - Mondadori - Milano, 1947)
    __________________________________________________ _____

    (…)
    Nel gennaio 1937, una sera, fui pregato di accorrere d’ urgenza a casa Marconi. Che cosa era accaduto? Mentre si disponeva a lasciare Palazzo Venezia, Marconi era stato colto da un attacco d’ angina. Senza accusare la minima sofferenza, soffocando con volontà d’ acciaio lo spasimo del suo male, egli riuscì ad attraversare il vastissimo salone del Mappamondo, scendere con l’ ascensore, salire in automobile e giungere alla sua abitazione.
    (…)
    La fine di gennaio e tutto febbraio 1937 passarono senza incidenti, tanto che potè prender parte ad alcune sedute notturne del Gran Consiglio, senza che l’ insolito ritardo nel coricarsi lo turbasse gran che.
    (…)
    Nel giugno 1937 Marconi accennò che doveva recarsi in Inghilterra. Le sue condizioni di salute erano ancora peggiorate, per cui, senza allarmarlo od aver l’ aria di ostacolarlo nei suoi progetti, cercai subito di fargli rinciare la partenza, ma egli insisteva dicendo che a Londra doveva ritirare con urgenza alcuni importanti documenti, depositati in un luogo solo a lui accessibile.
    (…)
    Io consigliavo il viaggio via mare, basandomi sulle comodità dell’ Elettra e sul fatto che in mare egli si sentiva sempre meglio che in terraferma.
    (…)
    La mia frase sembrò colpirlo ed in tono remissivo mi rispose che avevo ragione. E fu deciso per il viaggio via mare. Eravamo alla metà di luglio e la partenza fu fissata per la fine dello stesso mese. Le condizioni di salute di Marconi in questo periodo erano stazionarie: il professor Frugoni lo aveva visitato senza riscontrare alcun sintomo nuovo ed egli ogni giorno si recava all’ Accademia, al Consiglio delle Ricerche e negli uffici della “Compagnia Marconi”, per le sue abituali occupazioni. Il 17 luglio si era recato a Castel Gandolfo, residenza estiva del Pontefice, a pochi chilometri da Roma, per esser ricevuto in udienza privata da S.S. Pio XI°, che seguiva sempre con illuminato interesse gli studi e le applicazioni pratiche delle scoperte di Marconi. Il 18 luglio, una domenica, era passato senza avvenimenti notevoli. Il 19 luglio Marconi alle ore 18 doveva recarsi a un colloquio dal Capo del Governo a Palazzo Venezia ed era già pronto ad uscire di casa, quando improvvisamente – erano le 17, 30 – fu colto da un violento attacco di angina.
    (…)
    Dalle 22 alle 23 le condizioni di Marconi rimasero stazionarie.
    (…)
    Ad un certo momento pregò la suora di allontanarsi dalla camera e, rimasto solo con me, mormorò: <<Ora, Pozzi, le dirò alcune cose che lei non dovrà dire a nessuno, ma mi farà bene confidargliele>>, e lentamente, con voce appena percettibile, riposandosi di tanto in tanto, mi parlò per circa un’ ora. Suonò la mezzanotte.
    (…)
    L’ una, le due, le tre. Passavano così le prime ore del 20 luglio.
    (…)
    Egli era sempre cosciente, sempre padrone di sé.
    (…)
    Improvvisamente, alle 3,45 – era l’ ultima ora antelucana – Marconi mormorò: <<Pozzi, mi sento molto male…>> e prima ancora che lo potessimo soccorrere, una contrazione agitò il suo corpo ed egli spirò.
    ___________________
    Dal testo sono evidenti numerosi particolari, che suscitano inquietanti domande:
    1) Nel gennaio1937 Marconi (che soffriva di cuore già dalla fine degli anni ’20) è colpito da una crisi cardiaca uscendo da un incontro riservato col Duce a Palazzo Venezia. Fu forse causata dallo stress del colloquio con Mussolini, che in quel periodo tentava con tutti i mezzi di convincerlo a riprendere gli studi sul “raggio della morte” come lo stesso dittatore ricorderà a poi Trimellone?
    2) Nel giugno del 1937, Marconi intende recarsi a Londra, sede della “Marconi Company” per recuperare importanti documenti solo a lui accessibili. Gli importanti documenti concernevano gli studi che Marconi dal ’34 portava avanti sia a Santa Marinella che a Londra? E visto che lo scenziato decedendo improvvisamente non potè recuperarli, questi caddero in mano dei britannici, contribuendo allo sviluppo iniziale del radar da parte degli alleati?
    3) A metà luglio 1937 Marconi decide di partire via mare a fine mese per l’ Inghilterra.
    4) Il 17 luglio 1937 Marconi è ricevuto in udienza privata da Pio XI° a Castelgandolfo. Per rassicurare il Pontefice che presto sarebbe partito per Londra e una volta recuperati i documenti li avrebbe distrutti o consegnati al Vaticano?
    5) Il 19 luglio 1937 Marconi è colpito da un secondo attacco cardiaco, poche ore prima di esser ricevuto dal Duce. Fu causato dal timore dello scenziato di ricevere ulteriori pesanti pressioni da parte del dittatore riguardo al “raggio”?
    6) Alle ore 23 del 19 luglio Marconi (rimasto sempre lucido durante la lunga agonia) allontana la suora infermiera che lo assiste per fare a Pozzi una rivelazione in articulo mortis, sotto promessa del più assoluto segreto. Quale fu l’ argomento di tale importante rivelazione? Probabilmente qualcosa di attinente alla sfera personale, familiare o religiosa di Marconi. Ma Pozzi anche in seguito non rivelò mai nulla al riguardo, dunque non si può escludere che riguardasse proprio le ricerche sul “raggio della morte”.

    In ogni caso è singolare che, proprio dopo il decesso di un paziente d’ eccezione come Marconi, la carriera di Arnaldo Pozzi faccia un rapido balzo in avanti ed egli si trovi sempre più vicino all’ entourage mussoliniano. Il giovane medico, da semplice assistente di Frugoni, inizia ad occuparsi di pazienti importanti: personalità del regime, personaggi politici e intellettuali stranieri amici dell’ Italia. Diventa nel novembre 1942 il medico personale del Duce per curare la fantomatica ulcera, risvegliatasi dopo la disfatta di El Alamein. Frequentandolo con tale mansione, come ufficiale medico richiamato, Pozzi seguì Mussolini pressochè quotidianamente a Palazzo Venezia, a Villa Torlonia e in tutti i suoi spostamenti sino alla mattina del 25 luglio 1943. Pensiamoci un attimo. Sei un giovane medico al quale è stato affidato un paziente celebre e legatissimo al regime, ma quando quello ti muore letteralmente sotto gli occhi, invece di esserne penalizzato dal decesso, fai un carrierone? Davvero strano, o forse no…
    Se le confidenze che Marconi fece a Pozzi riguardavano altre attività top-secret connesse con il “RS/33”.

    Comunque, Guglielmo Marconi ebbe funerali solennissimi con la partecipazione delle più alte autorità civili, militari e religiose. Ma il vuoto che lasciava era enorme, proprio quando ci sarebbe stato molto bisogno di lui in un mondo che si avviava inesorabilmente verso il baratro della guerra. E ciò era evidente a tutti, tanto che nel giro di pochi mesi tutti i media italiani pubblicarono col massimo risalto la seguente velina ministeriale.
    ____________________
    IL GIORNO DI MARCONI
    Su proposta del Duce, il Consiglio dei ministri (19 ottobre 1937) ha approvato un disegno di legge che dichiara il 25 aprile, anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, giorno di solennità civile. Il provvedimento è inteso a tramandare ai posteri il nome di Guglielmo Marconi. I popoli di tutti i Continenti, di là dalle terre e dagli oceani, ravvicinati prodigiosamente fra di loro, in un immediato rapporto di pensiero e di idee, salutano in Guglielmo Marconi uno dei più alti benefattori dell’ umanità. L’ opera sua è una potente affermazione di quanto la civiltà del mondo deve al genio italiano. La data della sua nascita è da annoverare fra i giorni fausti della storia del nostro popolo.

    AL MARESCIALLO NON PIACEVA IL RADAR
    E’ un luogo comune il fatto che gli alleati possedessero il radar e gli italiani no. Era stato sperimentato ufficialmente da Marconi fino dal 1935 e l’ Italia avrebbe potuto disporre sin da allora dell’ importante strumento per intercettare il nemico, ma il prototipo e i progetti, depositati presso il CNR, uno dei tanti enti istituzionali presieduti dall’ eminente scenziato, dopo la sua morte rimasero a lungo a prendere polvere in qualche cantina nel disinteresse delle autorità. Nonostante la fase avanzata raggiunta dagli esperimenti di radiotelemetria e le buone possibilità tecnico-scientifiche della nostra industria bellica, la produzione industriale di apparati radar iniziò stentatamente, finchè solo alla fine del 1942 cominciarono ad essere disponibili i primi apparati radar di fabbricazione nazionale, prodotti dalle ditte Marelli, Safar, Galileo, Allocchio-Bacchini ed altre. Restando solo in campo navale, alla data dell’ armistizio (8/9/1943) solo 40 navi da guerra della Regia Marina erano equipaggiate con il radiotelemetro Gufo prodotto dalle Officine Galileo, senza contare pochi altri apparati similari di produzione germanica, forniti per valutazione dall’ alleato. Ma a quel punto erano, come dicono gli inglesi “too little, too late”. Eppure sull’ efficacia dei radar italiani non c’è da dubitare. Un altro prototipo, costruito da un ufficiale del Genio Navale seguendo i disegni di Marconi, era stato installato nel 1939 su una terrazza dell’ Accademia Navale di Livorno e dopo alcuni test di prova, lasciato abbandonato. Spesso gli allievi liberi dal servizio, lo attivavano per “giocarci” seguendo la rotta delle navi in transito. Nel 1940 al principio della guerra, il giorno che una squadra navale cannoneggiò inaspettatamente Genova, gli accademisti che “giocavano” con l’ apparato a Livorno, intercettarono regolarmente il tracciato del naviglio nemico all’ andata e al ritorno dalla incursione, nonostante la considerevole distanza. Ma quando cercarono di dare l’ allarme, faticarono molto a trovare un superiore che credesse loro. Generalmente questa grave inerzia nella adozione del radar e le sue conseguenze negative per le sorti del conflitto vengono pudicamente attribuite a “contrasti e rivalità” fra i vertici delle varie forze armate. Ma c’ è un altro importante fattore da considerare, cioè la responsabilità del CNR, l’ ente che aveva in consegna prototipo e progetti di Marconi. Lasciato il precedente incarico di governatore della Libia, nel novembre 1937 il Maresciallo d’ Italia Pietro Badoglio venne nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), andando a sostituire proprio il defunto Guglielmo Marconi. Badoglio mantenne la presidenza dell’ ente ininterrottamente sino al 1941, cumulandola con altri importanti incarichi civili e militari.
    Mussolini, scegliendo come successore di Marconi intendeva solamente garantire a Badoglio l’ ennesima sinecura e il relativo stipendio. Il personaggio (rozzo, intrigante, carrierista, avido, gretto, vanitoso, ambizioso e scaltrissimo) coniugava pregi e difetti del suo ambiente di provenienza, quello dei contadini poveri del Piemonte, tanto da esprimersi prevalentemente nel suo dialetto d’ origine piuttosto che in italiano anche parlando col Re, che quanto a questo non stava meglio di lui. Insomma era quanto di più distante dalla figura di scenziato che ci si aspetterebbe alla testa del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il meglio che si può dire della sua presidenza è che fu distratta e improvvida. Forse a convincere Badoglio a tenere in cantina il radiotelemetro, contribuì anche un fattore economico, ovvero, le bustarelle. Notoriamente, da tempo anche lui come altri alti gradi delle nostre FF.AA. era foraggiato da una grande industria torinese perché tutelasse gli interessi di quel monopolio nel campo degli armamenti a discapito delle necessità reali delle forze armate. Per chiudere un occhio sulle incapacità produttive della nota industria con un nome composto da quattro lettere (che ancora nel 1940 faceva uscire dalle catene di montaggio i patetici biplani di legno e tela CR 42 e gli inutili carri leggeri L3), riceveva sottobanco l’equivalente del già lauto stipendio da Maresciallo d’ Italia. Destinataria ultima della somma era la sua amante, una sedicente contessa polacca non esattamente specchio di virtù, ben nota all’ O.V.R.A. per essere la proprietaria di numerosi ospitali alberghetti nei dintorni della Stazione Termini. In generale l’ alto ufficiale tendeva a non sostenere progetti innovativi, se non poteva ottenerne un concreto e sostanzioso beneficio economico personale. Dopo l’ armistizio si vantò perfino pubblicamente di “aver fatto risparmiare molti milioni all’ erario” sabotando la sperimentazione di fucili semiautomatici per le truppe e proibendo la produzione di carri armati pesanti. Peccato che proprio i carri pesanti tedeschi lo fecero arrivare di gran carriera a Bari nel settembre 1943 lasciando nei guai molti milioni di italiani!

    Badoglio non seppe mai del coinvolgimento di Marconi nel “RS/33”, l’ uomo era troppo loquace ed ignorante per mantenere il silenzio su un organismo segreto operante ai massimi livelli. Oltretutto dopo la morte di Marconi il Gabinetto segreto si andava lentamente scindendo in due fazioni contrapposte: gli scenziati ed i militari. Se i primi sostenevano l’ ipotesi della provenienza aliena degli UFO, i secondi li consideravano nient’ altro che prototipi sperimentali di una delle potenze europee. Dopo la firma dell’ alleanza italo-tedesca, meglio nota come Asse, l’ attività del “RS/33” andò dunque scemando e ne risultò una progressiva germanizzazione della struttura. Non è forse un caso infatti che a partire dal 1938 si registrarono in varie città del Reich eventi che oggi definiremmo black-out elettromagnetici, del tutto simili a quello vissuto nel 1936 da Benito e Rachele Mussolini. Motori, impianti elettrici, batterie, apparati radio che inspiegabilmente “muoiono” per poi riaccendersi improvvisamente, oppure sovraccarichi enormi delle linee elettriche che mandano in corto gli impianti suscitando sconcerto e sorpresa fra i testimoni presenti. Tali fenomeni – bisogna ammettere – costituiscono una costante nelle tipologie di avvistamenti UFO, dagli anni ’50 ai nostri giorni. Se la cessione di tecnologie all’ alleato germanico fu un primo passo, il secondo fu lo sfruttamento delle stesse a uso esclusivo dell’ industria bellica tedesca, ritenuta non a torto molto più capace, progredita (e onesta) di quella italiana. Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale tutte le tematiche correlate agli UFO divennero competenza di una unità segreta dipendente dalle SS, che dopo l’ armistizio dell’ 8 settembre 1943 si impossessò dei resti del disco volante e dei corpi dei due piloti (conservati dagli italiani in un bunker sotterraneo sotto un hangar della Savoia Marchetti a Vergiate), trasferendo il tutto oltre Brennero.

    La vicenda del “raggio” di Marconi si interseca anche col momento culminante – e meno nobile – della Resistenza italiana. Fra i fermati dai partigiani a Dongo vi era anche un sedicente console spagnolo con la famiglia, tutti con documenti apparentemente regolari. Dopo un rapido interrogatorio il presunto diplomatico iberico venne però facilmente smascherato, dato che egli non parlava una parola di spagnolo. Scambiato erroneamente per uno dei figli di Mussolini, fu minacciato di morte dai partigiani. Confessò di essere Marcello Petacci, fratello dell’ amante del Duce (bisogna dire che fu l’ unico della famiglia Petacci a lucrare apertamente su quel legame, brigando per ottenere appalti per l’ esercito e trafficando in armi, ebbe anche legami molto stretti coi tedeschi prima e dopo l’ armistizio). Terrorizzato, tentò di avere salva la vita mostrando una valigia contenente “importanti progetti di armi segrete ideate da Marconi e realizzate dai nazisti”. Ma nonostante – o forse proprio a causa di ciò – venne sospinto sul lungolago di Dongo dagli uomini del Col. Valerio. Ma i gerarchi fascisti già allineati in attesa dell’ esecuzione, riconosciutolo, lo insultarono, chiedendo che non fosse ucciso insieme a loro. La sua fine fu sbrigativa. Dalla finestra il figlioletto lo vide cadere colpito a morte e ne ebbe un grave trauma psicologico, che lo segnò a vita. L’ importantissima valigia, come molte altre valigie in quei giorni, si volatilizzò e naturalmente nessuno ne seppe più nulla.
    ____________________


    IL RAGGIO DELLA MORTE NELL’ IMMAGINARIO POPOLARE

    Pur ufficialmente smentito da tutte le autorità , il raggio della morte entrò rapidamente nell’ immaginario collettivo e poi nella cultura popolare. E’ presente in svariati B-movies, in fumetti di Flash Gordon e Topolino, è oggetto di uno sketch comico di Walter Chiari trasmesso dalla Rai negli anni ‘60 e viene citato negli anni ‘70 da Woody Allen nel libro umoristico “Effetti collaterali”. A metà degli anni ‘90 parecchi episodi del fumetto bonelliano “Martin Mystere” sono dedicati al raggio della morte, a Marconi, Fermi, Majorana e alla retroingegneria aliena. Ma a mio parere la citazione forse più assurda – e certamente la più trash – è una serie televisiva in sei puntate, prodotta da Mediaset e andata in onda nel 1988 su Canale 5. Era intitolata “Big man” e il compianto Bud Spencer (all’ anagrafe Carlo Pedersoli) vi interpretava un investigatore assicurativo. Nell’ episodio intitolato “Boomerang” il protagonista indagava sul furto da un munitissimo (sic) poligono dell’ Esercito Italiano di una arma segreta capace di smaterializzare all’ istante uomini e cose. La produzione è fatta in economia e la trama, che riassumo brevemente, è risibile. L’ordigno, realizzato in base agli studi di Marconi, viene sperimentato con successo dal nostro esercito, ma dopo un colloquio telefonico tra un Papa dall’ accento polacco e un Presidente della Repubblica dall’ accento sardo, quest’ ultimo ritenendolo un pericolo per la pace mondiale ne ordina l’ immediata distruzione. L’ arma però viene trafugata da Zebra, un paranoico e fascistoide ufficiale dei servizi segreti militari deviati. Costui minaccia di usare il raggio contro il Presidente, smaterializzandolo a distanza, durante la lettura del tradizionale messaggio di fine anno a reti unificate, nella Sala degli Arazzi del Quirinale. Toccherà a Jack Clementi, interpretato da Bud Spencer sventare il ricatto, risolvendo la situazione dopo molte vicissitudini, anche grazie ad una giovane scenziata interpretata (ah, ah, ah…) da Isabel Russinova.
    ________________________________________

    Finora generalmente quando si parla del “raggio della morte” lo si attribuisce agli esperimenti di Marconi, ma potrebbe esserci stato un secondo congegno, affine o identico al primo, ideato da un altro grande genio italiano: Ettore Majorana.



    In quella fucina di grandi scenziati che fu la scuola romana di fisica, operò un gruppo di lavoro composto di ingegni elevatissimi, poi conosciuti come “i ragazzi di via Panisperna”. Ma se i Fermi, i Segrè, gli Amaldi, furono solo brillantissimi scenziati, a Majorana – il più giovane e promettente del gruppo – toccò in sorte d’ essere un autentico genio. Come lo stesso Fermi riconobbe più volte, le sue capacità mentali superavano gli altri di molte spanne, e non era infrequente che complessi problemi teorici che richiedevano al gruppo mesi di intenso studio e incertezze fossero da lui risolti con rapidità e naturalezza estrema, quasi gli venissero da un’ improvvisa illuminazione. A parere di tutti i suoi colleghi, nessuno avrebbe potuto prevedere gli sviluppi delle sue ricerche e a quali scoperte avrebbero condotto suoi studi se il giovane fisico non fosse misteriosamente svanito nel nulla. Certo Majorana era un genio ma come tutti i geni era tormentato. E sempre più immerso in calcoli e ipotesi teoriche della cui utilità pratica quanti gli erano vicini non potevano avere idea. Della sua improvvisa scomparsa (maldestramente mascherata da tentativo di suicidio per sviarne le ricerche) si riempirono le cronache dei giornali, ancora sotto il fascismo e vieppiù dopo il 1945, quando si ipotizzò che lo scenziato avesse previsto le conseguenze nefaste dell’ applicazione militare dell’ energia atomica ben prima di Hiroshima e Nagasaki. Al “Caso Majorana” si interessarono a più riprese scienziati, giornalisti, scrittori e intellettuali – uno fra tutti Leonardo Sciascia – con risultati contrastanti. Secondo alcuni il giovane e brillante docente di fisica teorica all’ Università di Napoli si sarebbe tolto la vita per una delusione d’ amore o a causa della depressione, “male oscuro” che forse traeva origine da un evento luttuoso della sua famiglia d’ origine. Altri sostenevano che in preda a una crisi mistica, si fosse ritirato nella clausura di qualche convento. In anni recenti si disse che con la mente sconvolta e ignaro della sua vera identità, fosse finito sulla strada vivendo da barbone. Alcuni spettatori della trasmissione televisiva “Chi l’ ha visto” ritennero persino di poterlo identificare nell’ uomo-cane, bizzarra figura di homeless siciliano, morto alla fine degli anni ’70. Quello smemorato accattone, in apparenza rozzo, ma capace di eseguire complicati calcoli mnemonici e risolvere equazioni di grado elevatissimo senza sforzo apparente, non era però Majorana, su cui continuarono a fiorire le ipotesi più fantasiose. Fuggito in Urss come Pontecorvo? Rapito dai nazisti per sfruttarne le conoscenze scientifiche? Vittima di “abduction” da parte degli alieni? A farsi un giro in rete si trova di tutto. Ultima in ordine di tempo la teoria che lo vede emigrato sotto falso nome in qualche stato sudamericano, protetto dalla CIA, dal Vaticano o addirittura da Odessa (ci sarebbe anche la foto di un presunto Majorana insieme ad Eichmann, nel 1950). Tutto ciò fa parte indubbiamente di un certo folklore, ma c’ è un’ altra circostanza che è necessario valutare seriamente.
    Anche dopo il trasferimento a Napoli, i legami tra Fermi e Majorana non si interruppero, anzi il primo era solito rivolgersi all’ amico – ben conoscendone le capacità – per sottoporgli con la massima riservatezza e in via epistolare quesiti scientifici di eccezionale complessità, che Ettore risolveva con relativa facilità, considerandoli alla stregua di passatempo divertenti, come faremmo noi con le parole crociate o il sudoku. Su questo aspetto, nonostante nel periodo napoletano la timidezza e la riservatezza di Majorana avessero raggiunto i limiti del patologico, concordano le testimonianze di allievi, colleghi e familiari. Lo stesso Fermi nel secondo dopoguerra accennò alla cosa, ma in modo molto vago e riduttivo, sminuendola ad un semplice gioco di intelligenza, una “sfida mentale” a distanza, tra due scenziati amici.
    Ma se i quesiti che Fermi sottoponeva a Majorana fossero stati ben più importanti? Se – almeno in parte - avessero avuto origine dall’ ambiente dell’ “RS/33”? Sia Fermi che Majorana lavoravano in ambito universitario, avevano prestato giuramento di fedeltà e riservatezza. Entrambi erano iscritti al Partito. Fermi – sino alle leggi razziali del 1938 che lo coinvolsero personalmente spingendolo ad espatriare – era stato un pupillo del regime. Guarda caso anche la scomparsa di Majorana avvenne nel 1938, anno delle nostre prime rivelazioni sulle tecnologie UFO all’ alleato germanico. Comunque nulla di strano che l’ “RS/33” esternalizzasse le ricerche su singoli aspetti della questione ufologica utilizzando, pur fra mille cautele, le migliori menti scientifiche allora a disposizione. C’ è un fatto concreto provato storicamente a suffragare questa ipotesi, l’ amicizia che legò alcuni dei “ragazzi di via Panisperna” ad Aldo Franco Pessina, che se non un vero e proprio agente dell’ “RS/33”, ne fu perlomeno assiduo collaboratore.
    Di Aldo Franco Pessina e la sua possibile “vicinanza” al Gabinetto RS/33 abbiamo già parlato in una occasione precedente e rinviamo chi fosse interessato alla discussione (…)
    Ci limitiamo a riportare alcuni dati biografici dal libro “La via degli ostelli” pubblicato nel 2009 dall’ editore Rubbettino.
    Il milanese A. F. Pessina (classe 1907) studia fisica pura all’ Università di Pavia tra il 1925 e il 1930. Entra in contatto con la cosidetta “scuola di Roma” ovvero con quelli che saranno in seguito conosciuti come “i ragazzi di via Panisperna” stringendo amicizia con i più promettenti di loro: Fermi, Segrè e Majorana. I primi due espatrieranno negli Usa, il terzo e più giovane, scomparirà nel nulla. Nel 1932 Pessina insegna all’ Istituto Radiotecnico di Milano, porta avanti esperimenti di televisione e scrive su riviste e giornali italiani (“L’ Ambrosiano”, “Le grandi firme”, “Le Vie d’ Italia”) ricevendo positivi apprezzamenti dalla critica. Di famiglia facoltosa, non ha in quegli anni necessità di lavorare, dunque si dedica a molteplici attività, è sciatore, rocciatore, escursionista, esploratore, ottiene il permesso di recarsi nel Sahara libico (allora zona militare preclusa ai civili), dove con una carovana di cammelli e moderne attrezzature scientifiche, tenta di ritrovare la pista romana che collegava il Mediterraneo con l’ Etiopia partendo da Leptis Magna, ma è costretto a interrompere la spedizione al confine. Nel 1932/33 collabora con “Posto Zero” alla prima stazione radio privata milanese, non controllata dall’ Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, dunque considerata abusiva e subito chiusa dalle autorità. Nel 1935 però è la stessa E.I.A.R. a mandare in onda da Milano la sua radio-commedia fantascientifica a puntate “Nocchieri dell’ etere”, che suscita fra gli ascoltatori una psicosi tipo Orson Welles. Nell’ agosto del 1937 percorre il Danubio in canoa, da Vienna a Budapest in solitaria. E’ in quella occasione che scopre il mondo degli Ostelli della Gioventù, entrando in contatto con dirigenti inglesi e tedeschi di quella Federazione Internazionale. Nel 1937/38 compie frequenti viaggi all’ estero e pubblica articoli per vari quotidiani italiani e per il T.C.I. propugnando la creazione di ostelli anche in Italia. Come quasi tutti i suoi coetanei Pessina è stato iscritto al P.N.F. ma le circostanze della sua presa di distanze dal fascismo restano nebulose. In una sua autobiografia redatta nel dopoguerra sostenne di aver stracciato la tessera a 17 anni, per reazione al delitto Matteotti, ma altri documenti lo indicano come iscritto al partito e membro del G.U.F. ancora durante il periodo universitario e il servizio militare. Per essere un “signor nessuno” senza appoggi importanti e senza tessere in tasca è però sorprendentemente vicino alle gerarchie fasciste. Più volte viene convocato da Starece e Pavolini ma rifiuta di essere cooptato nella gerarchia della G.I.L. e di vestirne l’ uniforme. Comunque il governo fascista intende sfruttarne le competenze e il “civile” Pessina si aggrega alla delegazione della G.I.L. alla conferenza dell’ Hitler Jugend a Norimberga nel 1938 e alla Triennale di Milano nel 1940. Imprigionato per imprecisati motivi nel febbraio/aprile del 1941, è al confino politico a Castrovillari tra l’ aprile 1941 e l’ aprile 1942. Richiamato alle armi, Pessina (che aveva prestato servizio di prima nomina come ufficiale degli Alpini) partecipa all’ occupazione della Corsica con la 225^ Divisione Costiera. Dopo l’ armistizio dell’ 8 settembre 1943, la g.u. è trasferita in Sardegna, dove Pessina, ufficiale del Regio Esercito, presta servizio ad Alghero come consulente tecnico per le FF.AA. alleate. Preso in carico dagli americani è urgentemente trasferito sul continente, prima a Salerno e poi a Cava dei Tirreni. Il 10 dicembre 1944 è trasferito all’ 8^ Armata britannica e presta servizio a Roma presso la Commissione Alleata di Controllo (il governo ombra alleato dell’ Italia meridionale) fino al febbraio 1946. Ottiene il congedo circa due anni dopo la data in cui avrebbe avuto diritto, dato che le autorità alleate lo avevano trattenuto in servizio, dichiarandolo insostituibile. Viene da chiedersi se per capacità militari o per le sue conoscenze di fisico. Guarda caso il settore nel quale operò era quello della “War Material Disposal Sub-Commission” organismo preposto allo stoccaggio e custodia del materiale bellico presente in territorio italiano, alla raccolta e catalogazione delle armi tedesche rimaste sui campi di battaglia e allo studio delle tecnologie avanzate di origine nemica. Tornato alla vita civile, tramite la Sub-Commission riceve il supporto di alte autorità italiane, vaticane e alleate: Umberto di Savoia, Monsignor Montini, Alcide De Gasperi, l’ Ammiraglio Stone, persino Pio XII°. L’ A.I.G. nasce nel 1946, ma già nel 1948 è riconosciuto come Ente morale.

    La figura che ne viene fuori è quella di un individuo a metà strada tra lo scienziato e l’ avventuriero, ben introdotto nelle stanze del potere ma anche negli ambienti scientifici, senza una precisa riconoscibilità politica, con una robusta esperienza tecnica nel campo della fisica teorica, della radio e della televisione (ricordiamo che il primo apparecchio televisivo commerciale italiano fu prodotto solo nel 1939, dalla SAFAR). Ma al contempo dagli interessi molteplici e variegati, in grado di dissimulare pubblicamente l’ attività in campo ufologico (il mestiere di giornalista e quello di scrittore di fantascienza sembrano essere stati molto popolari tra gli uomini “RS/33” negli anni trenta). L’ arresto e il confino all’ inizio degli anni ‘40 corrispondono guarda caso, alla fase di germanizzazione della ricerca UFO, quando molti esponenti dell’ “RS/33” entrarono in quiescenza, rifiutando di collaborare con i nazisti o si avvicinarono all’ antifascismo. Può essere solo una coincidenza o forse no. Comunque troppe coincidenze in questa storia! Delle sue vicende militari dopo l’ armistizio, quando era un insignificante ufficialetto dell’ esercito italiano,
    desta interesse la corsa di americani e britannici per accaparrarselo, inserendolo nella struttura della Sub-Commission, probabilmente per le sue conoscenze di fisica. Perfino l’ attività per la quale è generalmente oggi ricordato, la creazione nel dopoguerra degli ostelli della gioventù dell’ A.I.G. è stata grandemente facilitata dall’ appoggio statunitense, capace di aprire molte porte dei “potenti” dell’ epoca.

    In ogni caso era il tipo di persona che un ipotetico ufficio reclutamento dell’ “RS/33” non avrebbe avuto esitazioni a cooptare…


    LA MACCHINA DI MAJORANA
    In quest’ ottica assumono una nuova luce anche le stravaganti dichiarazioni rese da Rolando Pelizza, sedicente allievo di Majorana nonché custode dei suoi segreti scientifici. Secondo il Pelizza, il fisico siciliano avrebbe vissuto in un convento, sviluppando una prodigiosa “macchina” in grado di fornire energia illimitata. Un ordigno stranamente simile al “raggio della morte” di Marconi, come si evince dal testo dell’ articolo a firma Rino Di Stefano, pubblicato da “Il Giornale” il 14/04/2015 .
    ____________
    "Majorana visse in un convento del Sud Italia. Ecco le prove"
    Foto mai viste e lettere inedite del genio della fisica scomparso nel 1938 aprono nuovi e clamorosi scenari Rolando Pelizza, che fu suo allievo: "Si nascose grazie al Vaticano"
    _____
    Sciascia aveva ragione: Ettore Majorana non sarebbe morto suicida, né tanto meno sarebbe fuggito in Venezuela. Lo scienziato scomparso nel nulla il 27 marzo del 1938 a poco più di 31 anni, mentre era docente di Fisica teorica presso l'università di Napoli, non si sarebbe mai mosso dall'Italia. Per essere più precisi, avrebbe chiesto e ottenuto di essere ospitato in un convento del Sud Italia, dove sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni.
    A rivelare questa nuova verità su uno dei più grandi geni che l'Italia abbia mai avuto, è Rolando Pelizza, 77 anni, l'uomo che da sempre sostiene di essere stato l'allievo di Majorana e di averlo aiutato a costruire una macchina in grado di annichilire la materia, producendo quantità infinite di energia a costo zero.
    Pelizza, però, non si limita a raccontare la sua storia. Questa volta tira fuori delle prove concrete, e cioè lettere e foto, che dimostrerebbero, al di là di ogni ragionevole dubbio, che in effetti avrebbe realmente conosciuto e frequentato colui che, ancora oggi, chiama il «suo maestro». Le foto sono due: la prima risale ai primi anni Cinquanta, la seconda agli anni Sessanta. La somiglianza con il giovane Majorana è impressionante. La più importante delle lettere risale al 26 febbraio del 1964, quando in una missiva di sette facciate, lo scienziato scomparso riconosce al suo allievo il merito di aver terminato cum laude il ciclo delle lezioni che egli gli ha impartito. La lettera ha un riscontro concreto. In data 28 gennaio 2015 è stata affidata alla dottoressa Sala Chantal, grafologa specializzata in ambito peritale/giudiziario, con ufficio a Pavia, la quale, paragonando la calligrafia degli scritti lasciati a suo tempo da Majorana con il testo della lettera stessa, ha effettuato una completa perizia calligrafica di 23 pagine, conclusa con le seguenti parole: «Detta lettera è sicuramente stata vergata dalla mano del sig. Majorana Ettore». «Dal 1° maggio 1958 al 26 febbraio 1964 sono stato allievo di Ettore Majorana - racconta Rolando Pelizza - e negli anni successivi sono stato suo collaboratore nella realizzazione del progetto di costruzione della macchina produttrice di antiparticelle. Posso affermare senza tema di smentita che Ettore Majorana non è morto nel 1938: l'ho conosciuto e frequentato e mi ha insegnato la "sua matematica" e la "sua fisica" e poi mi ha accompagnato con i suoi insegnamenti per molti anni. Per onestà intellettuale, voglio affermare che la paternità dello studio che sta alla base della macchina è opera esclusiva di Majorana».
    Prendendo dunque per buona e corretta la perizia della dottoressa Chantal, esaminiamo che cosa c'è scritto in quella lettera del 1964. Tanto per cominciare, il testo inizia con una dichiarazione che non lascia dubbi circa il ruolo di allievo che avrebbe avuto Pelizza. Singolare che, per evitare di dire dove si trovi, la lettera si apra con l'intestazione «Italia, 26-2-1964». Questo espediente verrà usato anche nelle altre lettere.
    «Caro Rolando - scrive il presunto Majorana - Ti ricordi il nostro primo incontro, avvenuto il 1° maggio 1958? Ne è passato di tempo. Oggi si può dire terminato il periodo delle mie lezioni. Ti promuovo a pieni voti, sia in fisica sia in matematica. Come ben sai, quanto hai appreso va molto oltre le attuali conoscenze; per tanto non misurarti con nessuno, perché potresti scoprirti. Anche se qualcuno conoscendoti, ti provocherà, tu ascolta e fingi di non capire; so bene che questo sarà molto difficile, ma credimi: se, dopo aver sentito quello che ti dirò, accetterai di realizzare la macchina, dovrai fare questo e molto di più. Ora sei sicuramente pronto per affrontare il compito di realizzare la macchina; conosci perfettamente ogni particolare, hai appreso dettagliatamente la formula necessaria per il funzionamento della stessa; ora ti consegno disegni e dati per il montaggio. Solo una cosa ti chiedo: devi essere molto prudente. Disegni e dati non sono tanto importanti; la formula, invece, va ben custodita. Per nessun motivo deve cadere in mano di altre persone: sarebbe la fine, di sicuro».
    A rendere ancora più verosimile il tono della lettera, sono le raccomandazioni che il professore rivolge al suo studente, in vista della realizzazione della macchina. Il mondo è quello che è, per cui lo invita alla prudenza: «Prima di decidere se accettare o meno il compito di realizzarla, devi sapere bene a cosa andrai incontro - avverte -. Almeno questo è il mio parere, ricordalo bene. Nonostante il mio desiderio di vedere questa macchina realizzata sia immenso (per il bene dell'umanità, che purtroppo sta andando incontro ad un terribile disastro a causa del nefasto impiego delle varie scoperte), voglio che tu rifletta prima di decidere: da questo dipenderà la tua esistenza. Se, ultimata la macchina, sarai scoperto prima della sua presentazione, secondo i dettagli che più oltre ti fornirò, sarai sicuramente in pericolo di vita; potrai essere vittima di un sequestro, come minimo, ma ci potranno essere molte altre gravi ripercussioni. Se dopo tutto questo, deciderai di realizzarla comunque, te ne sarò eternamente grato e sono contento di aver intuito subito che tu eri la persona giusta».
    Passati gli avvertimenti, il professore elenca nel dettaglio le precauzioni da prendere. Ed è molto scrupoloso nel farlo: «Dopo la riuscita del primo esperimento - spiega - dovrai predisporre vari dossier da depositare in luoghi ed a persone varie di piena fiducia. Dovrai costituire una fondazione alla memoria dei tuoi cari (in questo modo non solleverai sospetti). Di questa fondazione, tu sarai il fondatore e il presidente, mentre nel consiglio dovrai cercare di inserire nomi conosciuti e di fiducia; dovranno essere persone di varie categorie, ad esempio: un avvocato, un medico, uno psicologo, un professore di storia dell'arte, ed altre professioni; io ti farò avere il nome di uno o più fisici. Dovrai organizzare almeno due o tre convegni differenti. Poi, un convegno di Fisica sull'argomento che io proporrò al fisico, o forse più fisici, del consiglio. Nel frattempo, dovrai presentare la macchina che hai realizzato, adducendo di aver effettuato il lavoro con la collaborazione dei sopra citati fisici (o fisico?). Penserò io ad informare questi ultimi su come comportarsi al momento opportuno. Poi presenterai il piano d'azione da intraprendere successivamente. La macchina sarà presentata solo dopo la realizzazione della seconda fase, che consiste nel riscaldamento della materia, una fonte inesauribile di energia sotto forma di calore».
    A leggere la lettera si evince che il Majorana che si nasconde in convento non è poi così lontano dal mondo come sembrerebbe. A quanto pare, continua a tenere contatti con l'esterno e comunica con altri fisici che lo conoscono bene. Il professore continua ricordando all'allievo il giuramento fatto e gli ricorda che, al momento, la macchina è ancora in fase sperimentale. «Tieni sempre presente il giuramento che abbiamo fatto - ammonisce - per nessun motivo, anche a costo della vita, sarà ceduta come strumento bellico, ma dovrà essere usata esclusivamente al fine di migliorare la nostra esistenza».
    Il professore non manca di mettere in guardia l'allievo dalle conseguenze che potrebbero aspettarlo: «Non pensare che siano manie mie - mette le mani avanti -. Se verrai scoperto prima del tempo, cosa che spero tanto non succeda, tutto quanto detto finora, che ora può sembrare paranoico, è solo la minima parte del reale pericolo a cui andrai incontro. Investimento: so benissimo che provieni da una famiglia benestante, però pensaci bene. Sai quanto materiale pregiato serve per una sola macchina. Inoltre, prevedi che certamente ne andranno distrutte parecchie e dalla loro distruzione non ricaverai nulla, perché nulla rimane se non circa il quattro per mille, del materiale, ecc. Verificherai bene di quanto puoi disporre: è preferibile non iniziare che rimanere senza nulla e di conseguenza non poter terminare, per te e soprattutto per la tua famiglia, che andrebbe incontro a problemi molto seri. Avrei ancora molte altre cose da aggiungere per sconsigliarti di accettare, ma credo che bastino quelle dette, PENSACI BENE.
    In attesa della tua decisione. Tuo amico e maestro, Ettore».
    C'è da dire che, con un alto grado di preveggenza, il professore ha anticipato tutto ciò che è realmente accaduto a Pelizza nel corso degli anni. Infatti, dal 1976, anno in cui egli fece gli esperimenti che il professor Ezio Clementel, presidente del Cnen e ordinario di Fisica presso l'università di Bologna, gli commissionò per incarico del governo italiano, i guai di Pelizza non hanno avuto fine. A quel tempo era presidente del Consiglio Giulio Andreotti, al suo terzo mandato governativo. Anche se l'esperimento andò bene, e la macchina dimostrò tutta la sua efficacia, Andreotti decise di rompere ogni rapporto con Pelizza quando seppe che il governo americano, allora presieduto da Gerald Ford, si stava interessando al caso. Il presidente Ford inviò in Italia il suo rappresentante personale, l'ingegner Mattew Tutino, per prendere contatti con Pelizza. Da notare che nella società di quest'ultimo, la Transpraesa, i servizi segreti italiani (per la precisione il Sid, Servizio informazioni difesa) avevano infiltrato due colonnelli dei carabinieri: Massimo Pugliese e Guido Giuliani. Nonostante il governo degli Stati Uniti avesse offerto un miliardo di dollari per entrare a far parte della società, Pelizza si rifiutò di collaborare con gli americani quando questi gli chiesero, a titolo di prova, di abbattere alcuni loro satelliti geostazionari. In altre parole, utilizzare la macchina come un'arma.
    Subito dopo fu la volta del governo belga. Venne chiamata Operazione Rematon e prevedeva che Pelizza, il cui interlocutore era il primo ministro Leo Tindemans, brevettasse e depositasse il brevetto della sua macchina in Belgio. L'accordo fallì quando nell'aeroporto militare di Braschaat, nei pressi di Bruxelles, i belgi chiesero a Pelizza di distruggere un carro armato. Ancora una volta, dunque, la macchina veniva interpretata come un'arma. Il risultato fu che Pelizza fece intenzionalmente implodere la sua macchina e pretese di essere riaccompagnato in Italia. Da allora la vita di Rolando Pelizza è trascorsa in modo molto movimentato, con l'emissione di tre mandati di cattura internazionali, tutti ritirati nel corso del tempo. Fece molto parlare l'accusa che nel 1984 gli rivolse il giudice Palermo per aver costruito illegalmente «un'arma da guerra chiamata il raggio della morte». Ma al processo Pelizza venne assolto con formula piena.
    Di lui parlarono spesso anche i giornali. Ecco, per esempio, un brano tratto da un articolo della rivista OP del 15 luglio 1981: «Come non definire "l'operazione Pelizza" un best seller della letteratura gialla internazionale? Purtroppo si tratta di una vicenda vissuta, di una storia tutta italiana iniziata nel 1976 e non ancora conclusa. Siamo in possesso di informazioni dettagliate, con tanto di nomi e date, che ci inducono a ritenere che quella che può essere catalogata come "l'operazione Pelizza" non è il parto di Le Carré o di Fleming e che la sua scoperta non è "la macchina per fare l'acqua calda" come qualcuno ha voluto dire».
    Ma ci fu anche chi lo attaccò duramente. Nel 1984, in una serie di articoli, La Repubblica definì Pelizza «fantasioso traffichino di provincia», paventando che dietro la presunta invenzione di quello che veniva definito «raggio della morte» ci fosse una colossale truffa. Ovviamente nessuno spiegava che, in presenza di un'eventuale truffa, ci dovesse essere anche un eventuale truffato. Ma il messaggio era comunque lanciato.
    Stanco di questa continua battaglia, adesso Pelizza ha deciso di vuotare il sacco. Ed ecco quindi le lettere e le foto di Majorana in convento: «Già nel 2001 il mio maestro mi aveva autorizzato a rendere pubblico il mio contatto con lui. Non l'ho fatto perché speravo di far conoscere questa verità in modo molto più morbido e graduale. Ma purtroppo non è stato possibile: troppe maldicenze e calunnie sono state messe in giro contro di me in questi anni. Adesso, dunque, ho deciso di dire tutto e di far conoscere la verità sulla sorte di Ettore Majorana».
    Una lettera illuminante, a questo proposito, è quella che Pelizza mostra con data 7 dicembre 2001. Gliela inviò, sostiene, il suo maestro proprio per autorizzarlo. «Da ora - si legge - se lo riterrai opportuno, sei libero di usare il mio nome, di divulgare i nostri rapporti, gli scritti e fotografie; se lo farai ti prego di rivelare i veri motivi che mi hanno spinto nel 1938 ad allontanarmi da tutti, per dedicarmi allo studio, nella speranza di arrivare in tempo e poter dimostrare al mondo scientifico che esistevano alternative importanti e senza pericoli. Purtroppo tu ben sai che non sono arrivato in tempo, pur avendo alternative migliori, che a tuttora non sono servite a nulla. Riservati l'ultimo segreto, dove e come mi hai conosciuto, il luogo e i fratelli che da sempre mi hanno segretamente ospitato».
    Pelizza, infatti, si rifiuta categoricamente di dire in quale convento Majorana sia stato ospitato per oltre mezzo secolo e dove, ancora oggi, sarebbe sepolto. «Il mio maestro non ha mai preso i voti - sostiene Pelizza -. Egli è stato ospitato in convento e lì, grazie alla protezione del Vaticano, è riuscito a vivere e a studiare per tanti anni, senza essere disturbato. Conoscevano la sua situazione e sapevano del suo dramma interiore, che rispettavano. Comunque, so che anche durante la sua vita conventuale, si è messo in contatto con personalità scientifiche che si sono occupate di lui. Non so quanti abbiano realizzato che il loro interlocutore fosse proprio lo scomparso Ettore Majorana, ma così è stato».
    A dimostrazione di questa corrispondenza tenuta con il mondo accademico, c'è la copia di una lettera che Majorana avrebbe scritto al professore Erasmo Recami, ordinario di Fisica presso l'università di Bergamo e conosciuto per essere il maggior biografo di Majorana. La data della lettera è del 20 dicembre del 2000: «Egregio Professor Erasmo Recami (...) mi permetto di rivolgermi a lei come un collega, chiederle un parere ed eventualmente un aiuto, nel caso lei ritenga valido il consiglio che ho dato al mio collaboratore e che leggerà nello scritto a lui indirizzato. Conoscendo molto bene il mio allievo, sono sicuro che dei miei consigli inerenti all'abbandono del progetto, non si curerà; quindi la pregherei di provare a convincerlo, per il suo bene. Se proprio non sentisse ragioni e volesse continuare, veda se, una volta letti tutti i documenti inerenti ai rapporti tra me e lui fino ad ora, ritiene opportuno pubblicarli, per il bene futuro del nostro mondo. Quando parlo del futuro del nostro mondo, mi riferisco al surriscaldamento del pianeta, cosa che io avevo previsto già nel 1976, quando diedi a Rolando una relazione dettagliata sul tema, e le sue conseguenze: dai primi sintomi, all'inizio del 2000, all'incremento del problema a partire dal 2010, in seguito al quale è lecito aspettarsi delle vere e proprie catastrofi ambientali. Relazione che Rolando, a sua volta, consegnò al Dott. Mancini, il quale, in quel momento, era stato incaricato dal governo di occuparsi dello sviluppo della macchina.
    «La macchina in oggetto, oggi è in grado di rigenerare l'ozono distrutto, semplicemente tramutando l'anidride carbonica in ozono nella quantità mancante, e l'eccesso in qualsiasi altro elemento da noi voluto. Ma le sue possibilità sono infinite: ad esempio, essa è in grado di produrre calore illimitato senza distruggere la materia, quindi senza lasciare residui di nessun genere. Con la pubblicazione di questi studi, l'umanità verrà a conoscenza che, per la volontà di poche persone (comportamento che a tutt'oggi non riesco ancora a comprendere) sta perdendo l'opportunità di un futuro migliore.
    «Solo per il fatto di aver letto quanto da me scritto, le sono infinitamente grato. I miei più cordiali saluti, Suo Ettore Majorana».
    Inutile dire che il professor Recami restò molto impressionato da questa lettera, ma come ci ha poi dichiarato, non basta una lettera a dimostrare che sia stata scritta proprio da lui. Insomma, mancando una precisa evidenza scientifica, non riusciva ad accettare l'idea di essere in contatto con colui che per anni è stato l'oggetto dei suoi studi.
    Pelizza mostra un dossier di una dozzina di lettere inviate dal suo maestro tra il 1964 e il 2001, anno in cui smise di avere contatti. A quel tempo Majorana aveva 95 anni. Stanco e malato, si preparava a rendere la sua anima a Dio e non volle mai più ricevere il suo allievo in convento. Su sua precisa disposizione, le sue spoglie sarebbero state seppellite in terra consacrata, sotto una croce anonima, come si usa per i frati di clausura. Il Vaticano ha sempre mantenuto il segreto e non ha mai reso pubblico nulla sulla sua vita in convento. Pare invece che tutte le carte appartenenti a Majorana siano state spedite in Vaticano, dove ancora oggi sarebbero in corso di archiviazione.
    _________________________________________________

    Se le dichiarazioni del Pelizza fossero veritiere ci troveremmo di fronte ad un numero impressionante di similitudini tra la vicenda Marconi e il caso Majorana:
    1) In entrambi i casi scoprirono una potente fonte di energia di origine elettomagnetica, che come effetto collaterale rilasciava ozono.
    2) In entrambi i casi la suddetta energia poteva essere sfruttata a fini bellici concentrandola in un raggio capace di disintegrare uomini e cose oppure di bloccare onde radio, impianti elettrici e congegni meccanici.
    3) In entrambi i casi le potenze militari fecero pressioni per lo sfruttamento della scoperta come arma di distruzione di massa, ottenendo almeno dei test di prova.
    4) In entrambi i casi almeno due Pontefici (Pio XI° e Pio XII°) consigliarono, sostennero e trovarono rifugio agli inventori.
    5) In entrambi i casi carte e prototipi degli stessi sarebbero ancor oggi custoditi in territorio Vaticano.
    _________________________________________________
    Ma ammettendo che tutto questo sia vero, la domanda più importante è: come giunsero i due grandi scenziati a concepire qualcosa di così similmente innovativo e rivoluzionario lavorando separatamente, seppur negli stessi anni? La risposta non può essere che una, cioè che il “tecnico” Marconi e il “teorico” Majorana fossero giunti alla stessa soluzione partendo - ciascuno nel suo ambito di lavoro - da un identico punto di partenza. Ovvero dal sistema di propulsione del disco volante precipitato nel 1933. Come ampiamente comprovato, gli UFO compiono evoluzioni anche ad angolo retto, con manovre e velocità impossibili per qualsiasi velivolo terrestre e persino in apparente contrasto con le leggi fisiche conosciute (ad esempio sembrano sdoppiarsi, cambiare forma o materializzarsi e smaterializzarsi). Il cambiamento di struttura può essere in realtà facilmente spiegato con l’ emissione di un campo gravitazionale che distorce la luce e di conseguenza offre al nostro occhio una immagine falsata dell’ oggetto. Sappiamo ancora che i dischi sono circondati da un alone elettromagnetico protettivo che causa il black-out dei sistemi elettrici. Numerosi testimoni parlano di palazzi rimasti al buio al passaggio degli UFO, di macchine i cui motori e le radio si erano spenti, di macchine fotografiche che non funzionavano più. Lo stesso sistema di propulsione dei dischi volanti sembra però essere in grado di interagire con funzioni di autodifesa, in altre parole di funzionare come un’ arma contro esseri viventi e oggetti inanimati, riuscendo persino ad abbattere velivoli (come nel caso del P51 del capitano Mantell, tanto per fare un esempio). Inoltre nella maggior parte degli eventi ufologici si è riscontrata sui luoghi degli atterraggi una elevata ozonizzazione dell’ aria, come effetto collaterale di tali avvenimenti. L’ ipotesi non è affatto campata in aria, se pensiamo che Marconi presiedette sino alla morte il Gabinetto RS/33 e Majorana ne potè avere notizia per via indiretta, forse tramite Pessina e Fermi. Dunque il “raggio della morte” ricordato da Mussolini e la “macchina” della quale parla Pelizza potrebbero essere la stessa cosa e aver origine da un progetto di retroingegneria aliena portato avanti nel ventennio!
    ______
    Una tale ipotesipuò suonare ridicola alle orecchie degli scettici. E l’ idea che non uno, ma ben due “raggi della morte”stiano prendendo polvere in qualche oscura cripta della Città del Vaticano, ricorda troppo da vicino la scena finale di un film di Indiana Jones. Dove una potentissima arma biblica – l’ Arca dell’ Alleanza – finisce imballata in una cassa anonima nei sotterranei del Pentagono da ignari burocrati militari! Ma prima di buttare tutto in barzelletta, ricordiamo che esiste almeno un caso recente nel quale un Ente governativo italiano ha ufficialmente dichiarato l’ esistenza di un raggio elettromagnetico, assimilabile al “rdm” di Marconi ed alla “macchina” di Majorana. Si tratta dei noti casi di autocombustione avvenuti a Canneto di Caronia, anch’ essi connessi al fenomeno UFO.
    _________________________________
    Così Ade Capone nel libro “Misteri. Indagine sugli UFO”, uscito postumo nel gennaio del 2016, riassunse l’ inquietante vicenda.
    __________________


    (…)
    I misteriosi fuochi di Caronia hanno a che fare – il come esattamente non sappiamo – con gli UFO. Lo prova un elemento incontestabile: la foto di due Oggetti Volanti Non Identificati che inseguono un elicottero militare proprio nel cielo sopra Caronia, nel periodo in cui i fuochi scaturirono la prima volta. Quella foto è stata pubblicata da molti media, in particolare da Sette, il magazine settimanale del Corriere della Sera. Sulla sua autenticità non ci sono dubbi. I misteriosi fuochi di Caronia. Una vicenda iniziata una decina di anni fa, in cui per la prima volta al mondo un ente governativo ha ammesso la possibilità che gli alieni stiano testando le loro armi contro noi esseri umani. E a dimostrarlo sono i fatti accaduti. Canneto di Caronia è un piccolo centro abitato sulla costa nord-orientale della Sicilia, in provincia di Messina. Canneto è un pugno di case affacciate sul mare, strette una accanto all’ altra. Caronia, il paese di cui è frazione, domina il litorale dall’ alto di una collina rocciosa. Ed è proprio da Caronia che, in un giorno del dicembre 2003, scendono fino a Canneto i tecnici dell’ ENEL, chiamati da Nino Pezzino, uno stimato abitante del posto a cui è bruciata la centralina elettrica in casa. I tecnici danno la colpa a un cortocircuito, sostituiscono la va a centralina e tutto sembra finito lì. Non è così. Ben presto anche la nuova fuoco, e insieme a essa gli impianti elettrici di altre case del posto. Si pensa a un problema elettrico generale di tutta la frazioncina, sovraccarichi di energia dovuti forse alla linea ferroviaria alle spalle delle case. Ipotesi sbagliata: quando l’ ENEL toglie energia a tutto l’ abitato gli incendi non cessano e anzi si intensificano. E brucia un pò di tutto, non solo gli impianti elettrici! Nei primi mesi del 2004 qualunque cosa abbia una qualche parte di metallo prende fuoco, dai mobili alle sedie di legno. Nei materassi il fuoco scaturisce dalle molle all’ interno. I media iniziano a parlare del caso, mentre le forze dell’ ordine isolano Canneto e gli abitanti vengono mandati a dormire in albergo. C’ è chi parla di incendi dolosi ma anche questo viene ben presto escluso perché nelle case deserte, presidiate all’ esterno da carabinieri e Vigili del Fuoco i fuochi continuano a scaturire inspiegabili. E solo a Canneto. Nelle case a poca distanza dalla frazione non accade nulla. Padre Amorth, il famoso esorcista, parla addirittura di opera del demonio, ma non si tratta nemmeno di questo. La colpa è invece di non ben definiti fenomeni elettromagnetici. Ma quali? E dovuti a cosa? Fior di tecnici – geologi compresi – giunti da tutta Italia non ci capiscono nulla. Arrivano anche gli ufologi e gli esperti di misteri, neanche loro trovano una risposta. Arriva perfino il CICAP (il Comitato per il controllo del paranormale), e fa una ben magra figura parlando di incendi dolosi, causati da una fiamma ossidrica. Questo nonostante i tanti oggetti – in particolare proprio i materassi – che mostrano fiamme sacaturite dall’ interno (cosa confermata anche dai Carabinieri che li hanno presi in custodia). Passano i giorni, gli abitanti di Canneto conducono una vita sempre più disagiata in albergo, non sanno quando potranno tornare nelle loro case annerite dal fuoco e dal fumo. A preoccuparli però, è sopratutto la loro salute. Che effetto possono aver avuto i fenomeni elettromagnetici su di essa? Per quanto i medici dicano loro di star tranquilli, a nessuno è stato fatto un check up. E qualcuno ha vomitato sangue, qualcun altro non si regge in piedi. Ma la notizia non esce sui giornali, che non hanno pubblicato nemmeno la notizia di decine di conigli morti una notte nelle loro gabbie, sempre a Canneto. Come se qualcuno li avesse “fulminati” in un istante. Sì, c’ è molto di più a Caronia di quanto dicano i media. La conferma è l’ arrivo davanti alle coste di Canneto di navi militari, sia italiane che americane. Navi della NATO, insomma l’ organizzazione a protezione dell’ Occidente. Sembra davvero un film di fantascienza, ma non lo è. I militari fanno i loro rilevamenti, sia in mare che nelle case andate a fuoco e poi se ne vanno senza dir nulla ai frastornati abitanti della zona. Il Governo italiano intanto ha formato un gruppo incaricato di indagare sui fenomeni di Caronia. Il Gruppo Interistituzionale presieduto appunto dal dottor Francesco Venerando.
    (…)
    Del gruppo Interistituzionale fa parte anche la Protezione Civile, che a fine 2004 piazza antenne, telecamere e rivelatori elettromagnetici. A quel punto i misteriosi fenomeni si sono interrotti, come se coloro che ne sono all’ origine temessero di essere scoperti. Gli abitanti di Canneto possono tornare nelle loro case, restando ad aspettare rimborsi spese promessi dai politici ma mai arrivati, e pregando che gli incendi non inizino di nuovo. Questo, fortunatamente, non accade. Passano gli anni e dopo la beffa di una sentenza della Procura che parla di nuovo di incendi dolosi (appiccati da chi? Non si sa), la Protezione Civile sospende il monitoraggio per mancanza di fondi. Ma prima, emette un comunicato stampa che è una bomba assoluta. Un comunicato che – in pratica – smentisce la sentenza della Procura ed è stato pubblicato, tra l’ altro da importanti testate come Il Giornale e L’ Espresso:
    Tecnologie militari evolute anche di origine non terrestre potrebbero esporre in futuro intere popolazioni a conseguenze indesiderate. Gli incidenti di Canneto di Caronia potrebbero essere stati tentativi di ingaggio militare tra forze non convenzionali oppure un test non aggressivo mirato allo studio dei comportamenti e delle azioni in un determinato campione territoriale scarsamente antropizzato.
    Leggete bene l’ inizio delle parole: anche di origine non terrestre. Non era mai accaduto prima che un Ente Governativo ammettesse la minaccia di armi aliene e di un possibile test sulla popolazione civile (il senso del comunicato è questo). Inoltre, va sottolineato che nella zona di Caronia, da più di vent’ anni, ben prima dei fuochi, vi erano avvistamenti di luci misteriose in cielo e in mare, di globi risplendenti che emergevano dalle acque e sorvolavano le colline. Comunque, ci siano di mezzo i non terrestri oppure no, nella comunità scientifica inizia a circolare la verità su ciò che ha provocato i fuoche di Canneto di Caronia: una radiazione elettromagnetica, un raggio partito da un punto in mezzo al mare e puntato proprio contro Canneto di Caronia. Questa cosa è stata confermata in una intervista trasmessa nella seconda edizione di Misteri, rilasciata dal dottor Clarbruno Vidruccio, fisico di fama internazionale e ufficiale della Marina Militare italiana. Il dottor Vidruccio ha spiegato come le frequenze di questo raggio siano state calcolate ma non possano essere rese note. In altre parole si tratta di segreto militare, anche perché il raggio è del tipo di quelli a cui lavoravano gli americani nell’ ambito del programma guerre stellari voluto da Ronald Reagan. Ma chi o cosa ha fatto partire il raggio, se sono da escludere (Vidruccio ne è certo) gli eserciti occidentali? Quale altra potenza straniera poteva essere così folle da compiere una cosa del genere? L’ elemento non terrestre diventa dunque un’ ipotesi possibile.
    (…)
    ___________________


    Comunque la si pensi riguardo ai fatti di Caronia, non si può ignorare una singolare e ben documentata coincidenza storica, che ci riporta al punto iniziale di questa discussione, cioè a Guglielmo Marconi. Nel 1908 lo scenziato sperimentava la radio al largo delle coste settentrionali della Sicilia. Marconi riuscì a trasmettere i suoi segnali da una nave verso l’ interno dell’ isola, ma nella baia di Caronia riscontrò come una barriera elettromagnetica che bloccava le onde radio (l’ episodio è descritto nella relazione che il famoso scenziato presentò quando gli venne assegnato il Premio Nobel). Inevitabile la domanda: da quanto tempo il nord della Sicilia subisce l’ influenza di qualcosa di ignoto ed alieno? E l’ inizio dei fenomeni UFO sul territorio italiano andrebbe allora retrodatato dal 1933 al 1908? Dopo gli “X-Files fascisti” dovremmo ammettere l’ esistenza degli “X-Files sabaudi?” Forse…
    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login


    • Per poter visualizzare questa immagine devi essere registrato o fare il login



Tag per questa discussione

Permessi di scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
  • Il codice BB è Attivato
  • Le faccine sono Attivato
  • Il codice [IMG] è Attivato
  • Il codice [VIDEO] è Disattivato
  • Il codice HTML è Disattivato